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”Come si sconfigge la mafia”, l’omaggio a Giovanni Falcone di Antonio Calabrò

Nel giorno dell'anniversario della strage di Capaci, il pensiero del vicepresidente di Assolombarda Antonio Calabrò rivolto a Giovanni Falcone ed a tutte le vittime di mafia

“Io credo che occorra rendersi conto che questa non è una lotta personale tra noi e la mafia. Se si capisse che questo deve essere un impegno – straordinario nell’ordinarietà – di tutti nei confronti di un fenomeno che è indegno di un paese civile, certamente le cose andrebbero molto meglio”. Sono le parole di Giovanni Falcone, dette nel 1991 durante un’intervista a Corrado Augias per la trasmissione Rai “Telefono azzurro”. E vale la pena riprenderle, nell’anniversario della strage, per ribadire alcune considerazioni molto semplici, essenziali ma spesso trascurate.

Contro la mafia serve un forte e duraturo impegno dello Stato, attraverso le sue strutture investigative e giudiziarie, sul piano della prevenzione e della repressione delle attività criminali. Impegno di lungo periodo, costante, evidente, efficace. Un esempio? Proprio il maxi-processo di Palermo, istruito da Giovanni Falcone, Paolo Borsellino e dagli altri magistrati del pool anti-mafia, cominciato nel febbraio 1986 e concluso, con condanne esemplari, con la sentenza definitiva di Cassazione, all’inizio del 1992. Un processo, nei tre gradi di giudizio, ben istruito e condotto. Con un esito che ancora oggi fa da luminosa indicazione giudiziaria. La sintesi: lo Stato ha vinto, la mafia ha perso.

Ma indagini e processi non bastano, come sapevano bene magistrati come Falcone e Borsellino, ma anche come Gaetano Costa e Rocco Chinnici e investigatori di straordinaria qualità, da Carlo Alberto dalla Chiesa a Ninni Cassarà.

La mafia si batte se le istituzioni – il governo, le amministrazioni regionali e locali – e la società civile, comprese la cultura e la scuola, si muovono per bloccare tutti i canali attraverso cui gli interessi criminali si espandono. C’è una “zona grigia” di complici, che sostiene i boss e ne consente potere, ricchezza, influenza politica ed economica. E quella zona va illuminata e prosciugata. In Sicilia e nelle altre aree di Calabria e Campania in cui Cosa Nostra, la ‘ndrangheta e la camorra continuano ad avere presenze e peso. Ma anche nelle regioni del Nord, a cominciare dalla Lombardia, il cui le cosche mafiose si sono pericolosamente radicate e in cui inquinano e devastano, come un grave tumore, il tessuto economico e politico locale.

Da anni, consapevole di questo rischio, l’Assolombarda, l’associazione delle imprese di Milano, manifesta un impegno crescente, proprio sul fronte dell’antimafia. Non a parole, ma con iniziative confrete, di sensibilizzazione delle seimila imprese iscritte (“la criminalità organizzata è nemica delle imprese, della cultura di mercato, dello sviluppo equilibvrato”) e di collaborazione con Palazzo di Giustizia e le istituzioni dello Stato, della Regione e del Comune.

Le parole di Falcone, sulla responsabilità collettiva e civile, ricordate adesso, sono ancora una volta una conferma e uno stimolo ad andare avanti.

 

Antonio Calabrò

 

 

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