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A Milano la mostra che racconta il rapporto tra Picasso e l’antichità

Dal 18 ottobre a Milano la mostra "Picasso e il mito" dedicata al rapporto tra il celebre artista e il mondo del mito e dell'antichità

MILANO – Arriva a Milano la mostra che mette in luce il complesso rapporto tra Picasso e l’antichità.  La mostra, intitolata “Picasso e il mito” è in programma dal dal 18 ottobre a Palazzo Reale e segna la stagione autunnale milanese.

 

Il progetto

Il progetto si innesta in un percorso di approfondimento sul grande artista intrapreso da Palazzo Reale nei decenni, un vero e proprio ciclo di mostre su Picasso che ha reso speciale il rapporto tra il maestro spagnolo e Milano. Prima fra tutte l’esposizione di Guernica nella Sala delle Cariatidi nel 1953, un avvenimento eccezionale e un autentico regalo che Picasso fece alla città; seguì, a distanza di quasi mezzo secolo, una grande antologica nel settembre 2001, quattro giorni dopo gli attentati alle Twin Towers, organizzata con la collaborazione degli eredi dell’artista; infine la rassegna monografica del 2012, che documentò in un grande excursus cronologico la varietà di tecniche e mezzi espressivi che caratterizzarono la produzione dell’artista spagnolo.  Con Picasso Metamorfosi sarà l’antichità nelle sue diverse forme a declinarsi nelle mitologie reinventate da Picasso e presentate nelle sei sezioni della mostra con le opere del grande artista accostate a quelle di arte antica – ceramiche, vasi, statue, placche votive, rilievi, idoli, stele – che lo hanno ispirato e profondamente influenzato.

 

Mitologia del Bacio, Ingres, Rodin, Picasso

Con l’invenzione delle Demoiselles d’Avignon (1907), riconosciuta come il manifesto di una nuova estetica, Picasso scardina i codici della pratica artistica accademica. Ma lo fa poggiando sulla propria formazione classica, nutrendosi degli archetipi della storia dell’arte, dove scopre forme adatte alla metamorfosi dei codici artistici vigenti. Prima di lui, erano stati Ingres e Rodin ad aprire la strada. L’introduzione della mostra riunisce i tre artisti attorno al tema del bacio con alcuni dipinti di Picasso cui fanno da contrappunto due opere emblematiche: Il bacio di Rodin e Paolo e Francesca di Ingres. Il confronto rivela come l’approccio di Picasso conduca ad un’interpretazione libera e profondamente innovativa dell’antichità. Ne sono testimoni le varie versioni de Il bacio presenti in mostra, diverse una dall’altra e connotate da una evidente tensione erotica che Picasso declinerà per tutta la sua carriera, dal 1899 sino al 1970. Questa pulsione evidenzia da subito come uno dei centri della sua opera sia il suo rapporto con l’universo femminile, così come molto trattato risulta anche il tema dell’artista e dei suo modelli in studio.

 

Arianna tra Minotauro e Fauno

La ricerca estetica di Picasso sin dall’inizio si rifà alle tante raffigurazioni di esseri fantastici presenti nel repertorio mitologico. Tra i suoi punti di riferimento ricorrenti vi sono figure ibride lacerati tra umano e animale, bene e male, vita e morte. Le sue opere sono popolate da Fauni maschi e femmine – rappresentati nei disegni a penna e inchiostro Fauno, cavallo e uccello (1936) e Fauno (1937) e nel celebre olio Testa di Fauno (1938) –  ma anche da minotauri e centauri. La figura di Arianna, emblema della bellezza che incarna il rinnovamento tra tradimento e idillio amoroso, suggerisce l’idea di una rinascita perpetua e ciclica. Nell’opera di Picasso, numerose sono le odalische sprofondate nel sonno che rimandano alla celebre Arianna addormentata del Vaticano. L’artista sviluppa attorno alla sua figura temi che gli sono particolarmente cari: il Minotauro, l’arena, la guerra, la passione amorosa e la perpetua ebbrezza della vita incarnata dal corteo bacchico. La affascinante bellezza di Arianna offerta alla contemplazione è presente in una serie di raffigurazioni con tutte le espressioni dell’emozione amorosa: dall’erotismo sereno alle fantasie sul rapimento e lo stupro cui rimandano gli esseri ibridi che la affiancano. Esempi di questa trasposizione sono l’acquaforte Ragazzo pensieroso che veglia su una donna dormiente al lume di candela (1934); i disegni a matita Due figure (1933); Donna con le braccia incrociate al di sopra della testa (1939) e Studi di nudo stanti con le braccia al di sopra della testa (1946); e i vari nudi femminili: gli olii Nudo sdraiato (1932) e Nudo in un giardino (1934); i disegni a penna e inchiostro Lo scultore e la sua modella (1931), Nudo che si pettina (1954), Baccanale (1955).

 

Alla Fonte dell’Antico, Il Louvre

Il virtuosismo di Picasso si sviluppa sin dalla sua adolescenza a contatto con una pratica accademica di cui padroneggia perfettamente la tecnica e il repertorio, avendo assimilato le forme della scultura greca. Questo approccio si sviluppa ulteriormente in occasione del suo viaggio in Italia, a Roma e Napoli, nel 1917 e al suo incontro con Olga Khokhlova. L’ispirazione classica mitiga in questi anni l’intensa esperienza cubista. La fonte (1921), si ispira a una personificazione del fiume Nilo conservata al Campidoglio a Roma ma anche  a un dipinto di Ingres, e sfocerà – sempre nel 1921 –  nei dipinti delle Tre Donne alla fonte, il cui soggetto è ispirato da una pittura di un vaso greco conservato al Louvre. Picasso visita spesso questo museo e si ispira alle figure dei bassorilievi greci per il suo dipinto Donna seduta (1920), come per il tardivo Nudo seduto in poltrona (1963), il suo bronzo Uomo stante (1942), la sua statua L’uomo col Montone (1943), reinterpretato in una chiave originale e distante dalla ieraticità delle statue ellenistiche.

 

 Le “Demoiselles” del Dyplon: tra greci, etruschi e iberici

Picasso visita regolarmente il Louvre dal 1901 e proseguirà le sue visite anche dopo la seconda guerra mondiale. Tra il 1901 e il 1912, dalle testimonianze della sua prima compagna Fernande Olivier e del pittore-scrittore Ardengo Soffici, vi tornerà numerose volte, scoprendo i periodi arcaici e la pittura dei vasi greci d’epoca geometrica, la cui estrema stilizzazione attira la sua attenzione. I motivi a contorno delle figure che osserva hanno un ruolo fondamentale nel processo di elaborazione delle Demoiselles d’Avignon come dimostrano i vari studi di nudi a matita esposti in questa sezione, ma anche gli olii Nudo seduto (1906-1907), Piccolo nudo seduto (1907), le sculture in legno Tre nudi (1907), che evolvono poi nelle sculture filiformi in legno Donna seduta, Donna stante (1930) che annunciano i lavori di Giacometti, ma si ispirano ai bronzi dell’arte etrusca. L’arte greca cicladica pervade inoltre il magnifico dipinto Nudo seduto su fondo verde (1946) o ancora la serie in bronzo I Bagnanti (1956). Picasso si è infine ispirato alla sua collezione di oltre novanta pezzi di ex voto iberici in bronzo, di cui vari esempi sono esposti per la prima volta in questa mostra.

 

L’antichità delle metamorfosi

La spettacolare scultura La donna in giardino (1932) in ferro saldato utilizzato come materiale di riciclo e volutamente dipinta di bianco come un marmo apre questa sezione per introdurre le Metamorfosi di Ovidio, di cui Picasso illustra nel 1931 una celebre edizione pubblicata da Albert Skira e di cui Skira, in occasione della mostra, riediterà la copia anastatica. L’importanza della pratica dell’acquaforte nell’opera di Picasso applicata all’edizione a stampa permette qui di approdare al libro d’artista. La scarsa tiratura dell’opera e il modo in cui Picasso incide la lastra di rame con un semplice tratto crea un effetto concorrente al disegno. L’effetto grafico rinvia ugualmente ai decori antichi dei vasi dipinti. Le scene immaginate da Picasso accompagnano il testo e sottolineano l’importanza della fonte letteraria nell’interpretazione che ne propone l’artista. Le Metamorfosi di Ovidio riappaiono in qualche soggetto nella celebre suite Vollard (1933-1935), di cui saranno presenti alcuni fogli, che presenta l’artista nel ruolo dello scultore al lavoro con la modella evocando il mito di Pigmalione, senza dubbio tra i soggetti preferiti di Picasso. Questa fascinazione per l’appropriazione della femminilità può condurre a scene erotiche o di stupro ricordando così scene antiche tra fauni e baccanti.

 

Antropologia dell’antico

La ceramica è la protagonista di questa sesta e ultima sezione. Picasso la scopre nel dopoguerra, aprendo un nuovo capitolo delle sue declinazioni dall’antico e, sperimentando il potenziale artistico della terracotta dipinta, fa evolvere l’oggetto dalla sua funzione d’uso allo status di opera d’arte. Come nell’antichità, il ceramista e il pittore coabitano nello studio e creano insieme. Così la ceramista Suzanne Ramier incita Picasso alla ricerca di nuovi profili di vasi e stimola la consultazione dei repertori archeologici. Questa immersione nell’universo ancestrale degli studi di ceramisti evoca in Picasso il ricordo di Pompei e rivela il suo gusto per tutte le forme d’espressione decorative o artistiche provenienti dall’ambiente romano. Picasso utilizza vari materiali riciclati di studio, frammenti di contenitori culinari e di piastrelle per arrivare a esiti straordinari come nelle terrecotte: Vaso, donna con la mantella (1949),  Frammento di pignatta decorato con un viso (1950), Suonatore di flauto doppio seduto (1958); o nelle bellissime ceramiche Vaso tripode con viso di donna (1950), Portafiori a forma di uccello (1950-1951), Brocca con toro (1957

 

 

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