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“Transiti”, il sociodramma che introduce a una sana collettività

“Transiti: fra nomadismo e stanzialità" è un’iniziativa che mette in relazione un metodo terapeutico che s’apre alla teatralizzazione con pièce recitative

L’inquilino nigeriano prepara l’egusi, lo stufato di carne con peperoncino e, magari, lo fa andare sul fuoco al mattino presto mentre il vicino, italianissimo, assapora il caffè. Ne nascono discussioni. Se ciascuno offrisse all’altro il prodotto della propria cucina probabilmente le dispute s’appianerebbero. Ma non accade. E anche da questioni banali possono rinfocolarsi quelle chiusure che caratterizzano sempre più la quotidianità del nostro mondo. Valeria Bianchi Mian è una psicoterapeuta milanese trapiantata a Torino, è insegnante e autrice di testi di psicologia e di narrativa (“Non è colpa mia” Edizioni Golem, il suo ultimo lavoro). Con Leonardo Seidita, Vanda Druetta, Girolamo Lo Verso, quest’ultimo studioso di psiche mafiosa, dà vita a “Io e l’altro”, rassegna di psicodrammi e sociodrammi presente dal 6 al 12 maggio al Salone off piemontese, in rapporto alla Fiera del libro di Torino.

Il titolo è: “Transiti : fra nomadismo e stanzialità”. Ne parla lei stessa “Avevamo esordito lo scorso anno con un argomento caldo: “Fondamentalismi”. Proseguiamo con quest’altro tema di assoluta attualità e coinvolgimento sociale legato alle migrazioni e alle modificazioni dei tessuti demografici della società. Lo facciamo in contemporanea in diverse località italiane, passando dalla teoria dei nostri studi alla pratica del lavoro d’insieme in cui crediamo profondamente”. Cinquanta conduttori guideranno gruppi di psicodramma che coinvolgono dai dieci ai venti partecipanti, a seguire ci saranno recitazioni con attori e teatranti. “L’intenzione è mettere in relazione un metodo che è terapeutico ma s’apre alla teatralizzazione con pièce recitative propriamente dette, creando un rapporto culturale che predispone a una crescita di ciascun soggetto attraverso la riflessione collettiva.

Nel quotidiano – prosegue l’ideatrice della rassegna – resto colpita dalla tendenza sempre più marcata al finto dialogo. Ci si parla addosso, neppure s’ascolta l’altrui argomentare, tantomeno se ne comprendono le ragioni. Quando in questa società frazionata, dove ciascuno vive accanto a chi gli somiglia ideologicamente, c’è l’incontro con realtà differenti come sono quelle etniche, le contraddizioni esplodono. Il sociodramma, e più in generale lo psicodramma, intervengono su queste tendenze e lo fanno con un’interazione collettiva”. Diversi psicologi impegnati nell’iniziativa si occupano di espatriati, sono sensibili e informati su questi problemi. Patrocinate dall’Ordine nazionale degli psicologi, le associazioni che progettano e organizzano terapie e la loro divulgazione con percorsi di riflessione, confronto e crescita comportamentale, nonché culturale, sono snobbati da amministratori e politici. Eppure trattano temi d’interesse generale: le migrazioni e le conseguenti paure, e in altri casi l’odio che suscitano fra gli stanziali. Ma i politici fanno gli struzzi, sembrano non voler vedere, né capire e risolvere certe questioni, offrendo come uniche soluzioni due radicalizzazioni: chiusura totalizzante o apertura deregolarizzata. Per accondiscendere ai propri schieramenti ed elettorati. Gli psicologi, le persone coinvolte nei gruppi che sono cittadini come altri, non vogliono certo sostituirsi ai politici, indicano un percorso da cui si possono trarre suggerimenti. Sottolinea Bianchi Mian “Assieme all’agire collettivo, che rappresenta il fulcro di psico e sociodramma, proponiamo un fattore importantissimo: il cambio di ruolo. Immedesimarsi nell’altrui punto di vista, rispecchiandosi nel sentimento dell’altro, è il primo passo per combattere il problema della rigidità psico-sociologica. Bisogna attivare l’emozione che viene sacrificata alla ragione. Quasi sempre la propria”. Vivere le emozioni e creare coscienza, dunque, per la salvezza dell’individuo e di una sana collettività.

Enrico Campofreda

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