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Perché si dice “tagliare la testa al toro”

Oggi è Giovedì grasso: cosa lega tale giornata al celebre modo di dire "tagliare la testa al toro"? Scopriamolo in questo articolo.

Il perché si dice di oggi “tagliare la testa al toro” è relativo ad una vicenda medievale legata al Giovedì grasso e alla Serenissima.

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Il significato

Tutti sappiamo che tagliare la testa al toro significa risolvere definitivamente una questione che si protrae da tempo anche a scapito o a danno dì qualcosa o di qualcuno. Ma forse, non tutti sanno da dove derivi questo detto, tutto veneziano.

"Perché diciamo così", il libro sul significato e origine dei modi di dire

“Perché diciamo così”, il libro sull’origine e sul significato dei modi di dire

Scopri perché utilizzi le frasi fatte, grazie al libro di Saro Trovato, fondatore di Libreriamo, in cui 300 modi di dire non avranno segreti

L’origine

Ma come nasce l’espressione “tagliare la testa al toro”? Tutto iniziò nel 1162, quando il patriarca di Aquileia, Ulrico di Treven mosse alla conquista di Grado, allora sotto l’egida di Venezia. Il Doge di Venezia reagì duramente sbaragliando l’esercito di Aquileia e facendo vari prigionieri tra i quali 12 prelati, 12 alleati e lo stesso Ulrico.

Venezia accettò, poi, di liberare Ulrico solo dopo il pagamento di un ingente riscatto: 12 pani per i prelati, 12 maiali per gli alleati e un toro per il Patriarca.

I pani vennero distribuiti alla popolazione, la carne dei maiali venne distribuita tra i Senatori e il toro, che simboleggiava il Patriarca, fu ucciso nella pubblica Piazza, tagliandogli la testa. Così, la decapitazione del toro pose fine alla diatriba tra i contendenti e assunse il significato odierno di risolvere definitivamente una controversia che si protrae da tempo.

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Per ridicolizzare gli aquilani, si stabilì inoltre che ogni anno un toro, 12 maiali e 12 pani dovessero essere mandati a Palazzo Ducale dove si celebrava una festa in cui gli animali, simbolo dei vinti, venivano giustiziati.

Il popolo in massa seguiva con applausi e grida di eccitazione il macabro rituale.

La tradizione perdurò per secoli fino a quando nel 1523 il doge Andrea Gritti abolì l’uccisione dei maiali, mantenendo solo la tradizione del “Taglio della testa del toro” e portando a tre il numero dei tori da sacrificare.

La tradizione oggi

Oggi il giorno del Giovedì grasso si perpetui il rituale sacrificale con la decapitazione di un toro di cartapesta e stoffa a ricordo della storica vicenda medievale.

Perché Venezia è chiamata Serenissima

Un tempo Venezia era una delle quattro Repubbliche marinare: le istituzioni del suo governo erano suddivise su più livelli, il più alto rappresentato dal Doge. Egli era il massimo ordinamento politico e incarnava la gloria e l’autorevolezza della Repubblica. I suoi poteri erano però limitati al guidare in guerra l’esercito e la flotta; la piena sovranità infatti risiedeva nel Maggior Consiglio, organo fondamentale dello stato.

Anche se il Doge giocava un ruolo minore rispetto alle altre organizzazioni della Repubblica, gli era stato attribuito l’appellativo di “serenissimo”. Pare che dal titolo dato al doge prendesse poi spunto quello della città stessa.

Perché diciamo così

Questa e altre espressioni idiomatiche sono protagoniste all’interno del libro “Perché diciamo così” (Newton Compton), opera scritta dal fondatore di Libreriamo Saro Trovato contenente ben 300 modi di dire catalogati per argomento, origine, storia, tema con un indice alfabetico per aiutare il lettore nella variegata e numerosa spiegazione delle frasi fatte. Un lavoro di ricerca per offrire al lettore un “dizionario” per un uso più consapevole e corretto del linguaggio. Un “libro di società” perché permette di essere condiviso e di “giocare” da soli o in compagnia alla scoperta dell’origine e dell’uso corretto dei modi di dire che tutti i giorni utilizziamo. Un volume leggero che vuole sottolineare l’importanza delle espressioni idiomatiche. Molte di esse sono cadute nel dimenticatoio a causa del sempre più frequente utilizzo di espressioni straniere e anglicismi. 

 

 

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