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L’opera d’arte creata da un algoritmo venduta per 432 mila dollari

Battuto per 432mila dollari all’asta da Christie’s a New York il primo quadro creato da un algoritmo, 43 volte la stima di partenza

 

MILANO – 432 mila dollari, 43 volte la stima di partenza. Questo il valore attribuito durante l’asta da Christie’s al ritratto di «Edmond de Belamy de la Famille de Belamy» creato dall’algoritmo elaborato dal collettivo francese Obvious sulla base di 15.000 opere dipinte tra il XIV e XX secolo. Una cifra da capogiro, se si considera che nella stessa serata una stampa di Andy Warhol e un bronzo di Roy Lichtenstein sono stati acquistati per meno della metà della cifra.

Immagine via Corriere.it
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L’opera

Un compratore anonimo si è aggiudicato il quadro via telefono, contendendoselo con un altro collezionista francese e con uno newyorchese. Da lontano, la tela, nella sua cornice dorata, assomiglia a molti ritratti del XVIII e XIX secolo, con un uomo rappresentato di tre quarti in giacca nera e colletto bianco. Da vicino è molto intrigante: faccia offuscata, non finita, con una firma, in basso a destra, che è una formula matematica. Fautrel Pierre, uno dei tre componenti di Obvious, ha spiegato che il ritratto è stato progettato con l’obiettivo di democratizzare la creazione tramite l’intelligenza artificiale: per raggiungere l’obiettivo il software è stato alimentato con 15.000 ritratti classici, XIV al XX secolo; e così il software ha imparato a «capire le regole del ritratto». Grazie a un nuovo tipo di algoritmo sviluppato da un ricercatore di Google, Ian Goodfellow, lui stesso ha generato una serie di nuove immagini. L’equipe di Obvious – tre giovani laureati under 30, tra cui un ingegnere, un imprenditore e un aspirante artista- ne ha allora scelti undici, i componenti della «famiglia Belamy» (Belamy è una traduzione di Goodfellow, in omaggio al ricercatore), quelli che ai loro occhi sembravano i migliori.

L’algoritmo

L’algoritmo è basato su un «Generatore» che crea la nuova immagine e un «Discriminatore» che fa da antagonista tentando di discriminare quale immagine è opera di un essere umano e quale dell’algoritmo. «L’obiettivo è di far pensare al `Discriminatore´ che le nuove immagini sono veri ritratti. Allora abbiamo il risultato», ha spiegato Caselles-Dupre, altro membro del collettivo. Non è la prima volta che il mondo della tecnologia sperimenta con l’arte. Quest’anno la app Arts and Culture di Google è diventata popolare dopo un aggiornamento che consente di fare un selfie e generare l’abbinamento con un’opera d’arte famosa.

Via Corriere

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