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René Magritte, il genio surrealista che dipingeva i sogni

Oggi il mondo dell'arte ricorda la scomparsa di René Magritte, tra gli artisti più celebri del Surrealismo, alla pari di Salvador Dalí e di Delvaux. D'origine belga ha portato una ventata di leggerezza...

René Magritte, il celebre pittore surrealista belga, scomparve il 15 agosto 1967. Artista del trompe l’oeil, è conosciuto dal grande pubblico per opere emblematiche in cui contrappone elementi onirici a elementi reali, creando immagini del tutto assurde. Forse la sua opera più celebre è ”Ceci ce n’est pas une pipe”

MILANO – Oggi il mondo dell’arte ricorda la scomparsa di René Magritte, tra gli artisti più celebri del Surrealismo, alla pari di Salvador Dalí e di Delvaux. D’origine belga, Magritte ha portato una ventata di leggerezza nell’Arte del Novecento, con i suoi dipinti ricchi di visioni oniriche e surreali.

GLI ESORDI – Magritte nasce il 28 novembre 1898 a Lessines (Belgio), trasferendosi però più volte in altre città con l’intera famiglia. Nel 1910, all’età di 12 anni, si trasferisce a Châtelet, dove due anni dopo sua madre Adeline, si suicida gettandosi nel fiume Sambre. La donna venne ritrovata annegata, con la testa avvolta dalla camicia da notte; questo fatto rimase particolarmente impresso nel giovane pittore, tanto da ispirargli alcuni anni dopo dipinti come “L’histoire centrale” o “Les amants”. Dopo aver frequentato l’Accademia di belle arti di Bruxelles, René inizia a interessarsi alle ricerche futuriste, lavorando nel frattempo come grafico, principalmente nel design di carta da parati. I suoi inizi di pittore si muovono nell’ambito delle avanguardie del Novecento, assimilando influenze dal cubismo e dal futurismo. Ma la svolta surrealista avviene con la scoperta dell’opera di Giorgio de Chirico, in particolare della visione del quadro “Canto d’amore”, da cui rimane profondamente colpito, descrivendolo come un’opera “che rappresentava un taglio netto con le abitudini mentali di artisti prigionieri del talento, dei virtuosi e di tutti i piccoli estetismi consolidati: un nuovo modo di vedere.’

IL PERIODO SURREALISTA – Nel 1925 Magritte entra nel suo periodo surrealista con l’adesione al gruppo di Bruxelles, composto da Camille Goemans, Marcel Lecomte e Paul Nougé, e dipinge il suo primo quadro surrealista, “Le Jockey perdu (Il fantino perduto)”, accorgendosi presto che quello che dipinge non è la realtà bensì la creazione di una nuova realtà come avviene nei sogni. Nel 1926 prende contatto con André Breton e l’anno successivo si tiene la sua prima mostra personale, presso la galleria Le Centaure di Bruxelles, nella quale espone ben 60 opere. Intanto si trasferisce a Parigi con la moglie, che aveva sposato nel 1922.

GLI ANNI DEL SUCCESSO – Nel 1930, dopo l’esperienza parigina, Magritte decide di tornare a Bruxelles insieme alla moglie. I due si trasferiscono nella zona nord di Bruxelles, in cui Magritte ha vissuto il suo periodo più prospero per 24 anni e dove ha creato circa la metà di tutte le sue opere (800 in totale tra tele e disegni). Inoltre è qui che si sviluppano i più importanti momenti del surrealismo belga, poiché l’appartamento di Magritte fungeva da punto d’incontro del gruppo bruxellese e fu anche il teatro di numerose feste in maschera. Dal 1999 questo appartamento è stato trasformato nella casa museo dedicata al celebre artista. Nel 1940, per timore dell’occupazione tedesca, si trasferisce con la moglie nel sud della Francia. Dopo un ultimo lungo viaggio fra Cannes, Montecatini e Milano, avvenuto nel 1966, muore nel suo letto il 15 agosto dell’anno successivo a Bruxelles.

LO STILE – Magritte dipinge con una tecnica che potremmo definire ‘illusionismo onirico’, volta a creare nell’osservatore un ‘cortocircuito’ visivo. Le sue opere infatti contengono una forte componente legata ai sogni, così come la contrapposizione di elementi reali che però, affiancati, creano immagini totalmente assurde (come ad esempio un paesaggio simultaneamente notturno nella parte inferiore e diurno in quella superiore). Magritte è l’artista surrealista che, più di ogni altro, gioca con spostamenti del senso utilizzando sia accostamenti inconsueti che deformazioni irreali. Con la scoperta delle opere di Giorgio de Chirico e della pittura Metafisica, Magritte sente il bisogno di creare universi fantastici e misteriosi, immagini naturalistiche basate su elementi apparentemente indecifrabili ed enigmatici, come ne “La Trahison des images (Ceci n’est pas une pipe)” del 1928.
Un altro dei suoi quadri icona è il grande occhio spalancato nel cielo, o al contrario il cielo che si specchia nell’occhio, intitolato “Faux miroir”, piaciuto talmente tanto a Luis Buñuel da riprenderlo come scena madre nel suo film “Un chien andalou”.

15 agosto 2014

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