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Perché gli stereotipi da un lato facilitano la vita, dall’altro limitano la creatività

Ad affrontare tale tema Irene Biemmi, ricercatrice pedagogica autrice del libro "Sono una selvaggia". La protagonista è Anna, una bambina che ha la libertà di sperimentare ciò che le piace

MILANO –  Gli stereotipi esistono perché facilitano la vita alle persone, ma al tempo stesso creano delle gabbie, dei recinti di comportamento che condizionano l’espressione del bambino fin dalla tenera età. E’ questo il parere di Irene Biemmi, ricercatrice pedagogica e formatrice ed esperta di pedagogia di genere e delle pari opportunità, autrice del libro per bambini “Sono una selvaggia“, che vede protagonista Anna, una bambina come tante, che semplicemente ha la libertà di muoversi e di sperimentare ciò che le piace. Il libro affronta il tema degli stereotipi di genere, pregiudizi inclusi, frutto di categorizzazioni sociali che suddividono. Di seguito l’intervista all’autrice.

 

Come nasce “Sono una selvaggia”?

Nasce in maniera veloce e spontanea, con l‘obiettivo di mettere in scena una giornata qualunque di una bambina che non vuole essere eccezionale, fuori dagli schemi: Anna è una bambina come tante, che semplicemente ha la libertà di muoversi e di sperimentare ciò che le piace. Non vuole però essere una caricatura di Pippi Calzelunghe: Anna nasce dall’osservazione delle mie bimbe e delle figlie delle mie amiche, simili a lei. I bambini che leggono questo libro lo trovano veritiero, si identificano in lei. L’unica cosa di cui si meravigliano è il fatto che Anna vada a scuola da sola o giochi con le amiche senza i genitori. Questa libertà li sorprende.

 

Il vostro è un libro per ragazzi ma che tratta temi e lancia messaggi principalmente agli adulti. Come è avvenuta la scelta del linguaggio e della forma di questo libro?

Il libro ha un doppio target: ha un linguaggio rapido e fresco, con illustrazioni ambientate all’aperto grazie al lavoro dell’illustratrice Ilaria Urbinati, accompagnato da un opuscolo per i genitori, con un linguaggio diverso che tende a spiegare ciò che rimane implicito nel testo, che sottolinea i limiti che gli adulti tendono a dare ai bambini, in modo da rimetterli in discussione.

 

Perché la società di oggi prosegue nello stereotipare attività e caratteristiche all’interno del mondo maschile e del mondo femminile, come se i due generi viaggiassero su binari separati?

Come spiegano bene gli psicologi, gli stereotipi esistono perché facilitano la vita alle persone. Essi ci dicono semplicisticamente come è fatto il mondo e le persone che ci vivono. Tra gli stereotipi più diffusi quelli legati al genere, con comportamenti giusti da fare in quanto maschi o femmine. Il problema è essi che creano delle gabbie, dei recinti di comportamento che condizionano, a mio parere, più la formazione dell’identità maschile.

 

In che modo è possibile concedere libertà espressiva ai più piccoli, in modo da non limitarne lo sviluppo del talento, ma allo stesso educarli e insegnare loro ciò che è bene e ciò che è male?

Gli adulti, genitori e maestri devono trasmettere dei principi ai più piccoli per orientarsi nel mondo, ciò che è  giusto e sbagliato. La strategia migliore, secondo me, per lasciare libertà di espressione e di crescita ai più piccoli consiste nel far capir bene loro che non esistono confini “rosa” o “azzurri”, ma esistono cose che si possono fare e no. E’ importante mettersi in ascolto dei più piccoli, per capire cosa vogliono essere e cosa vogliono fare, i loro bisogni ed i loro talenti, soprattutto in momenti informali, come la lettura di un libro.

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