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Perché Charles Dickens è il vero inventore del Natale

Non tutti sanno che molte delle tradizioni natalizie che tutt'oggi pratichiamo hanno un'origine ben precisa: Charles Dickens

Il Natale è arrivato, portando con sé una lunga serie di tradizioni: le luminarie, la ricerca dei regali, l’albero, i preparativi per il cenone.

Non tutti sanno che tutte quelle che per noi sono tradizioni ormai assodate, sono in realtà piuttosto giovani nel tempo, e hanno un’origine ben precisa: Charles Dickens.

Charles Dickens introduce il Natale laico

Sicuramente non si può dire che Dickens abbia inventato i canti natalizi o gli alberi di Natale, ma è grazie a lui e ad alcune sue opere che e festeggiamo le vacanze natalizie in questo modo.

Al tempo di Charles Dickens, nell’Inghilterra vittoriana, il Natale non era festeggiato se non come festa sacra, perché i religiosi puritani disapprovavano le festività eccessive e le influenze pagane nelle celebrazioni.

Inoltre, la maggior parte delle attività industriali e commerciali non permetteva vacanze durante il periodo natalizio, e una grossa fetta della popolazione viveva in condizioni talmente povere che non c’erano sufficienti soldi da spendere in festeggiamenti e regali.

Il lavoro minorile era molto frequente, gli operai vivevano in caseggiati industriali senza alcun servizio, lo sfruttamento lavorativo era altissimo.

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Charles Dickens a sostegno dei più poveri

E qui entra in gioco Charles Dickens, già scrittore affermato nel 1843 ed estremamente contrario alle condizioni di vita in cui versavano la maggior parte degli operai e le loro famiglie, anche per esperienza personale.

Lui stesso, infatti, crebbe lavorando in una fabbrica. Per sollevare l’opinione pubblica sul tema scrisse un saggio politico intitolato “Un appello al popolo inglese, per conto dei bambini poveri”.

Tuttavia, temendo che il saggio non avrebbe ottenuto l’effetto desiderato, decise di veicolare le stesse idee tramite un racconto, e in particolare attraverso una storia di fantasmi: il libro uscì il 19 dicembre 1843, e si intitolava Canto di Natale.

Fu un successo stepitoso: nel giro di pochi giorni, tutta la prima ristampa era esaurita. Il libro generò subito una passione collettiva per il Natale, così tanto che la popolazione iniziò a far rivivere alcune tradizioni cadute in disuso.

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I canti di Natale di Charles Dickens

I canti di Natale esistevano già al tempo di Dickens, ma erano percepiti come vecchi e fuori moda. Era decisamente inconsueto che per le strade ci fossero i cori, nessuno li cantava più.

Dickens, incurante, rappresentò i coristi nel suo Canto di Natale, come se fossero una parte intrinseca delle festività natalizie.

Una delle scene iniziali del libro è proprio Scrooge che inveisce contro il gruppo di cantori, e da quel momento la musica natalizia cominciò a diventare un sinonimo dell’allegria, del calore tipico del natale, e cominciarono a ritornare di moda.

Alberi di Natale

Dickens divide il merito di aver riportato in auge l’albero di Natale con il Principe Alberto, marito della regina Vittoria. Il principe consorte portò il primo albero di Natale in Inghilterra nel 1840, come una tradizione tipica del suo paese di origine, la Germania.

Il popolo inglese fu piuttosto tiepido a riguardo, ritenendola un’abitudine forestiera e anche un po’ pagana. Nel 1850, dopo l’acclamato successo de “Il canto di Natale”, Dickens scrisse un altro racconto breve, intitolato “L’albero di Natale”, in cui descriveva l’atmosfera intima e familiare che si crea nel decorare l’albero di Natale, e – ancora una volta – fu un successo di popolo.

La decorazione dell’albero divenne una tradizione amatissima e tutt’oggi in voga.

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Lo scambio dei regali

Scambiarsi i regali era già una tradizione praticata, ma non a Natale bensì a Capodanno. Da quando Dickens scrisse Canto di Natale,nel quale dipingeva lo scambiarsi regali – e soprattutto il donare giocattoli ai bambini – come una parte integrante del Natale, la tradizione iniziò a spostarsi dal 1 gennaio al 25 dicembre.

Il cenone

Nell’Inghilterra vittoriana fare una grande festa con tanto di cena abbondante non era visto di buon occhio, perché dava l’impressione di voler ostentare ricchezza e opulenza.

Nel suo racconto Dickens rovescia questa mentalità: festeggiare il Natale con abbondanza di cibo non è ostentazione ma amore per la propria famiglia e desiderio di ringraziare e celebrare, e soprattutto di donare a chi ha di meno.

Scrooge alla fine del racconto, quando ormai è stato visitato dagli Spiriti del Natale, decide di convertirsi allo spirito natalizio, e compra un enorme tacchino da donare alla famiglia Cratchit.

Babbo Natale

Santa Claus, San Nicolò, Babbo Natale: ci sono svariate tradizioni religiose e folkloristiche alla base di quello che è il nostro attuale Babbo Natale.

Lo Spirito del Natale di Dickens è una di queste: un allegro vecchio dalla lunga barba bianca, che danza e si rallegra nel celebrare le feste e biasima il capitalismo per non essere attento al benessere dei bambini.

Come è noto, il nostro Babbo Natale grassottello e vestito di rosso è diverso dallo Spirito dickensiano, e la sua origine è strettamente legata agli spot Coca Cola di metà Novecento.

A Dickens però dobbiamo l’invenzione di una figura che in qualche modo rappresenti e incarni il Natale, una figura non sacra che racchiuda tutti gli ideali di bontà e generosità che caratterizzano il Natale.

La festa della generosità

È a Dickens che dobbiamo la celebrazione del Natale come festa della generosità, dell’amore reciproco e dell’altruismo.

Certamente erano tradizioni già presenti nella genesi della festività del Natale, ovvero la celebrazione cristiana della Natività, ma è grazie a Canto di Natale che la festività è stata effettivamente consacrata come la festa dell’amore per il prossimo, della generosità reciproca, dello scambio di doni e auguri.

A Dickens dobbiamo, insomma, l’invenzione dello spirito natalizio.

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