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Luigi Pirandello, le opere teatrali più famose

Luigi Pirandello è considerato forse il più importante autore teatrale del Novecento italiano. Oggi si ricorda la sua nascita, avvenuta il 28 giugno 1867 ad Agrigento

MILANO – Luigi Pirandello è considerato forse il più importante autore teatrale del Novecento italiano. Oggi si ricorda la sua nascita, avvenuta il 28 giugno 1867 ad Agrigento. Rivoluzionario, introspettivo, esistenzialista ha saputo scandagliare in un modo tutto suo l’animo umano. Sensibile e curioso, osservatore e scrittore prolifico, ci ha regalato opere dal valore inestimabile. Vediamo le quattro opere teatrali più famose dell’artista siciliano.

Sei personaggi in cerca d’autore

Questa è certamente l’opera più famosa di Pirandello. È considerata la prima opera della trilogia del teatro nel teatro, insieme a Questa sera si recita a soggetto e Ciascuno a suo modo. La storia è incentrata su alcuni attori che stanno preparando uno spettacolo teatrale. Alla base del processo portato avanti dai personaggi la scomposizione dello spazio teatrale, le difficoltà nel comunicare, la solitudine conseguente… Una frase chiarisce l’intento dell’autore: “Abbiamo tutti dentro un mondo di cose: ciascuno un suo mondo di cose! E come possiamo intenderci, signore, se nelle parole ch’io dico metto il senso e il valore delle cose come sono dentro di me; mentre chi le ascolta, inevitabilmente le assume col senso e col valore che hanno per sé, del mondo com’egli l’ha dentro? Crediamo di intenderci; non ci intendiamo mai!”.

Così è (se vi pare)

Capolavoro assoluto, è tratta dalla novella La signora Frola e il signor Ponza, suo genero. L’opera è incentrata sull’inconoscibilità del reale, di cui ognuno può dare una propria interpretazione che può non coincidere con quella degli altri. Si genera così un relativismo delle forme, delle convenzioni e dell’esteriorità, un’impossibilità a conoscere la verità assoluta che è ben rappresentata dal personaggio Laudisi. Un estratto ne chiarisce la natura: “Vi vedo così affannati a cercar di sapere chi sono gli altri e le cose come sono, quasi che gli altri e le cose per se stessi fossero così o così…ma secondo lei allora non si potrà mai sapere la verità?  Se non dobbiamo più credere neppure a ciò che si vede e si tocca! Ma sì, ci creda, signora! Perciò le dico: rispetti ciò che vedono e toccano gli altri, anche se sia il contrario di ciò che vede e tocca lei” Esiste una verità assoluta? Si può avere una visione certa di ciò che ci circonda?”.

Enrico IV 

Considerato il capolavoro teatrale di Pirandello è uno studio sul significato della pazzia. Un tema caro all’autore e che si ripresenta in vari tipi di opere. Al centro del dibattito teatrale il rapporto, complesso e alla fine inestricabile, tra personaggio e uomo, finzione e verità. La pièce racconta le vicende di un nobile del primo ‘900 che prende parte ad una cavalcata in costume. Il protagonista impersona Enrico IV, e una volta disarcionato dal rivale in amore Belcredi, crede davvero di essere il personaggio storico impersonato. Il personaggio di cui Pirandello non ci rivela il vero nome, e non a caso, è vittima non solo della follia, inizialmente vera ma poi simulata, ma dell’impossibilità di adeguarsi a una realtà che oramai non gli si confà più: “Preferii restare pazzo e vivere con la più lucida coscienza la mia pazzia […] questo che è per me la caricatura, evidente e volontaria, di quest’altra mascherata, continua, d’ogni minuto, di cui siamo i pagliacci involontarii quando senza saperlo ci mascheriamo di ciò che ci par d’essere […] Sono guarito, signori: perché so perfettamente di fare il pazzo, qua; e lo faccio, quieto! – Il guajo è per voi che la vivete agitatamente, senza saperla e senza vederla la vostra pazzia. […] La mia vita è questa! Non è la vostra! – La vostra, in cui siete invecchiati, io non l’ho vissuta!”.

L’uomo dal fiore in bocca

L’uomo dal fiore in bocca è una delle opere pirandelliane più inscenate ancora oggi. Un atto unico esempio del dramma borghese che esalta l’incomunicabilità e la relatività del vissuto. Il plot rivela le vicende di un uomo che sa di dover morire e per questo medita sull’esistenza. La poesia di Pirandello emerge già da come presenta l’uomo malato, il suo fiore in bocca è un tumore incurabile. Celebre è il monologo finale: “Se la morte, signor mio, fosse come uno di quegli insetti strani, schifosi, che qualcuno inopinatamente ci scopre addosso… Lei passa per via; un altro passante, all’improvviso, lo ferma e, cauto, con due dita protese le dice: “Scusi, permette? Lei, egregio signore, ci ha la morte addosso”. E con quelle due dita protese, la piglia e butta via… Sarebbe magnifica! Ma la morte non è come uno di questi insetti schifosi”.

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