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Liu Boli, l’artista “camaleonte” che si mimetizza nelle sue foto

Fino al primo luglio a Roma una mostra su Liu Boli, un artista che fin dagli esordi ha lanciato forti messaggi sociali mimetizzandosi nei propri scatti

MILANO – Liu Boli è denominato “The invisible man” per la sua bravura a mimetizzarsi completamente nelle sue foto. Grazie alla tecnica del bodypainting, l’artista si trasforma come in un camaleonte, confondendosi con il paesaggio. Considerato uno dei più grandi artisti contemporanei, le sueperformance vogliono essere un messaggio forte e chiaro di ciò che accade nel presente, tra il peso della storia e le conseguenze del progresso. È il 2005: l’amministrazione di Pechino ordina di abbattere il quartiere Suojia Village, dove risiedono molti artisti critici con il governo. Liu Bolin, classe 1973 e ai suoi esordi come artista, si mimetizza con le macerie del suo studio, si fa fotografare e divulga la foto dando il via a una protesta silenziosa e “trasparente”, riscuotendo allo stesso tempo un inaspettato successo. Inizia così la straordinaria carriera di uno degli artisti contemporanei più talentuosi e interessanti, capace di nascondere forti messaggi sociali attraverso immagini apparentemente semplici, in una sintesi di molteplici linguaggi quali la pittura, l’installazione e la fotografia.

 

La mostra

La mostra “Liu Bolin. The invisible man” al Vittoriano racconta la storia di dell’artista cinese, dalla prima perfomance a Pechino fino agli scatti più recenti del 2017 alla Reggia di Caserta e al Colosseo, appositamente realizzati per la mostra romana e qui esposti in anteprima mondiale. Con il patrocinio della Regione Lazio e Roma Capitale – Assessorato alla Crescita culturale e quello della Fondazione Italia Cina, la mostra è prodotta e organizzata dal Gruppo Arthemisia in collaborazione con la Galleria Boxart, ed è curata da Raffaele Gavarro.Sette cicli tematici ripercorrono la poetica dell’artista: dalle prime opere della serie Hiding in the City del 2005 fino ai giorni nostri, in un viaggio ideale tra la Cina – con i suoi celebri edifici, i suoi miti, le problematiche sociali – e l’Italia.

 

La prima sezione (Hiding in the City)

Nel 2005  l’amministrazione di Pechino decide di abbattere il Suojia Village, un quartiere situato a nord est della città dove hanno trovato sede molti artisti con i loro studi. Tra questi c’è anche quello di Liu Bolin. L’accadimento lo colpisce a tal punto da indurlo a trovare una modalità artistica ed espressiva che riesca a restituire i suoi sentimenti. Si fa dunque dipingere come se facesse parte di quelle rovine, facendosi ritrarre immobile tra esse.

Liu Bolin

La seconda sezione (Hiding in Italy)

Il Grand Tour in Italia è la prima prova di Liu Bolin fuori dal suo paese, e assume lo stesso valore che questo viaggio ha avuto per gli artisti europei del passato. Liu Bolin incontra luoghi, architetture e opere di una cultura profondamente diversa dalla sua, trovando così ulteriore senso a quel processo di conoscenza che è determinato dalla sua immersione e scomparsa in esse.

Roma

La terza sezione (Hiding in the rest of the world)

Appare così naturale che il viaggio iniziato in Italia prenda le vie del mondo. Liu Bolin parte dall’identità rappresentata dalle bandiere nazionali della Cina, degli Stati Uniti d’America e di quella transnazionale dell’Europa, le tre principali realtà politiche ed economiche del mondo, per poi sovrapporsi a quella della sommatoria colorata di tutte quelle dei vari paesi del mondo con l’opera significativamente intitolata The Future. Arriva a Londra e Parigi passando per Arles. Approda a New York e arriva a Nuova Delhi passando per Bangalore.

Londra

La quarta sezione (Fade in Italy)

“Svanire” in Italia, divenendone parte: tra cibo, vino, cultura, design, e il mito della Ferrari. Liu Bolin gioca con l’ovvio, con i luoghi comuni, ma anche con l’essenza di un luogo e di un popolo, facendosi parte di esso. In questo modo l’artista vuole dimostrare quanto il processo della globalizzazione sia patrimonio consolidato del nostro tempo.

Ferrari

La quinta sezione (Cooperations)

Come molti dei più importanti artisti contemporanei, anche Liu Bolin decide e accetta di farsi parte di un ambito della creatività tanto popolare quanto sofisticata com’è quello della moda. Presta il suo linguaggio e la sua modalità rappresentativa ad alcuni dei più importanti brand mondiali. Da Valentino a Lanvin, da Jean Paul Gaultier ad Angela Missoni, fino a diventare protagonista di una delle campagne di comunicazione più note nel mondo per Moncler.

cooperations

La sesta sezione (Shelves)

La serie degli Scaffali, sin da Supermarket n°1 del 2009, dimostra l’interesse di Liu Bolin a non tralasciare nello sviluppo della propria conoscenza del mondo quel fenomeno del consumismo che caratterizza cultura e società della nostra epoca. Il suo identificarsi con i prodotti disposti in bell’ordine sugli scaffali dei negozi e dei supermercati, è quello che capita a tutti, tutti i giorni.

shelves

 

La settima sezione (Migrants)

Migrants rappresenta l’altra faccia della medaglia e del mondo, quella dove gli scaffali pieni, le macchine potenti, gli abiti e i tessuti più pregiati, non sono nemmeno un desiderio possibile, ma piuttosto il dato di fatto di una distanza incolmabile, di una frattura profondissima che attraversa il nostro tempo e che le immagini riescono a malapena a raccontare.

migranti

 

 

 

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