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‘La casa dei cento Natali’ di Maria Fida Moro e la fiducia nel potere delle parole e delle azioni

'Leggere è comunicare'. Mi pare fosse questo il titolo del libro di lettura che ogni giorno occupava uno spazio nella mia cartella, ai tempi della scuola elementare...

Mi pare fosse questo il titolo del libro di lettura che ogni giorno occupava uno spazio nella mia cartella, ai tempi della scuola elementare.

Ad essere onesta, mi sorgono molti dubbi sull’esistenza di un testo scolastico così denominato, eppure, nella mia mente, i caratteri si compongono, su una copertina color pastello, diversa per ogni anno, fino a formare tale frase, che è una verità assoluta, degna di restare nella mia memoria a dispetto della realtà degli eventi.

Nel tomo, sottile e ricco di immagini, venivano riportati stralci tratti da libri celebri, che imparai ad amare a piccole dosi, come cucchiai di un dolce proibito, prima di possederli interi, come torte intonse, da gustare fino all’ultima briciola.

La Casa dei cento natali di Maria Fida Moro

Uno dei libri spesso citati era La casa dei cento Natali”, scritto da Maria Fida Moro. All’epoca il terrorismo per me era solo una parola e dello statista ucciso conservavo una sola immagine, quella reiterata negli anni sugli schermi, ogni maggio, per ricordare a chi c’era, per insegnare a chi non c’era ancora. Quella in cui si distingue una sagoma umana piegata nel bagagliaio di una Renault 4, con le membra abbandonate e contorte in una posa innaturale, come quelle di un fantoccio sottratto all’abbraccio di una bimba.

Nel testo di scuola elementare non si accennava agli avvenimenti politici drammatici che sconvolsero la vita della figlia di Aldo Moro e che sono il cardine del libro, il quale, infatti, esordisce proprio con la narrazione del funerale dell’amatissimo Papà, svoltosi sotto un cielo gravido di lacrime.

Eppure, nel leggere gli episodi che costellavano l’infanzia della “Principessa Pippi”, nell’immergermi in seno all’atmosfera dei suoi cento Natali, dolci e bellissimi, trascorsi nel tepore di una famiglia unita e numerosa, nella quale ogni anno si scattava una foto ad un presepio vivente casalingo, per farne dono ad amici e familiari, io avvertivo l’incombere di una tragedia.

Cento Natali. Non centouno. Non centodue.

Qualcuno ha posto fine al conto, strappando il calendario dell’avvento fatto di pannolenci rosso e ponendo, al suo posto, il bianco freddo del marmo.

Tuttavia, allo strazio non segue insana disperazione, ma la fiducia nel potere delle parole e delle azioni, che superano i limiti del tempo umano, per squarciare l’oscurità della violenza come una stella cometa, foriera di speranza, che indica la strada da intraprendere.

Chi ha morto il nonno?’ chiedeva Luca. 

‘Degli uomini cattivi’ rispondeva Agnese. 

‘Con cosa?’ domandava Luca. 

‘Con una pistola’ diceva Agnese. 

‘Perché?’ chiedeva ancora Luca. 

‘Non lo sappiamo, quando lo sapremo te lo diremo’ concludeva invariabilmente la zia preferita”

Emma Fenu

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