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Qual è il valore di un bacio per gli adolescenti oggi?

Come vivono l'amore gli adolescenti di oggi? Lo abbiamo chiesto a Simonetta Caminiti, giornalista freelance autrice del libro "Il bacio"

I giovani oggi si corteggiano poco nel mondo reale un po’ troppo sui social, i quali sono un’opportunità considerato il momento storico, ma non potranno mai sostituire la “meravigliosa complessità” del mondo là fuori, fatto di gesti unici come un bacio. Parola di Simonetta Caminiti, giornalista freelance e autrice del libro “Il bacio“. Un romanzo che chiude la trilogia iniziata con Gli arpeggi delle mammole e cresciuta con la graphic novel Diana, 1999. L’abbiamo intervistata per parlare del suo ultimo libro e in generale dell’amore adolescenziale oggi.

Su “Il bacio” e legati al tema amoroso sono stati pubblicati diversi libri. In che modo si differenzia il tuo?

Il mio libro parla di amori controversi e di svariate relazioni; anzitutto, dell’amore tra due sorelle, una delle quali adottiva, afroamericana e, paradossalmente, meglio integrata nella Roma degli anni ’90 rispetto alla protagonista.

C’è poi un primo amore inteso nel senso romantico, ma anche qui c’è stato un lavoro sulla struttura dialogica e spiazzante di questa passione che esplode, disarm, e, non senza urti dolorosi, mette la giovane protagonista faccia a faccia con le sue paure per la prima volta. Ancor di più, è una storia che parla di amore materno e filiale a più livelli.

Cosa ti ha ispirato per il personaggio di Diana? Ci sono elementi biografici?

Attraversare il Lungotevere per raggiungere la mia migliore amica nel suo quartiere da Testaccio (ho vissuto per dodici anni nel viale in cui abitò Elsa Morante, peraltro) ha creato in me la fascinazione per quel tratto di strada sul fiume che attraversa la Capitale. E Lilia, la suora laica che incarna la “Eleanor Rigby” dei Beatles, vive in una casa che a Trastevere osservavo spesso, domandandomi da chi fosse abitata: un luogo fuori dal tempo. Romantico, ma blindato.

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All’età di Diana ero una persona schiva, orgogliosa e con le mie brave scorie di vulnerabilità; avevo una sorella maggiore e una cugina meravigliosa con cui condividevo tutto. Ho avuto un primo amore sincero e crudele come Filippo; inoltre, la mia nonna materna, che nel romanzo è due volte vedova (prima di un ministro della Repubblica italiana, poi di un misterioso aristocratico) ha vissuto in contesti che, in qualche modo, richiamano l’immaginaria “Montedibbacco”: il set estivo del mio romanzo in cui tutte le vite cambiano…

Il libro, ambientato nel 1999, affronta tematiche decisamente attuali come le difficoltà dell’amore adolescenziale e l’integrazione culturale. Perché questa scelta?

Khady è senegalese a metà; il suo grande amore è un giovane e bellissimo trascina-popolo con un occhio di vetro a causa di un brutto accidente; Angelo, il fratello di Filippo, è gay ma ha una personalità più solida di chi gli è accanto. Lo osserva anche Diana: là dove il contesto vorrebbe tuonare contro di te, se sei malioso e forte, se sei amabile o hai carismi e talenti, puoi fare del tuo punto di partenza un invincibile punto di forza.

Questa condizione quasi “futurista” dell’integrazione etnica ma non solo, muove da tante persone che ho conosciuto nella vita, e dalla speranza che il contesto in cui viviamo (meglio osservato nel tempo con la mia lente di giornalista) non faccia di questa visione nulla di surreale e utopico. E consenta ad altre storie di essere raccontate con la stessa franchezza, senza fare sconti alle fragilità di nessuno.

Il bacio è la storia di un amore adolescenziale. Come pensi che vivano l’amore gli adolescenti di oggi, in un periodo fatto di restrizioni e distanziamento sociale?

Io temo che i giovani (già prima del distanziamento sociale) si osservino e si corteggino un po’ troppo sui social e poco nel mondo reale, dove i cinque sensi che Madre Natura ci ha dato sono fondamentali per la sperimentazione dell’emozione. Delle prime vere applicazioni alla Vita.

Può essere magico (specialmente in un momento storico che ci costringe al distanziamento) comunicare con app e social media. Può creare nelle relazioni modalità creative e addirittura più antiche di quelle che vivevamo negli anni ’90. Sarebbe un peccato, però, se “viziasse” i ragazzi a pensare che tutto ciò che si vive sul monitor e sul display corrisponde alla meravigliosa complessità del mondo là fuori.

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