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L’arte nel cinema, quando i quadri famosi diventano dei film

Shutter Island e Klimt, Arancia Meccanica e Van Gogh: ecco come grandi registi replicano i quadri più famosi per costruire i set dei loro film

MILANO – Il cinema da sempre si ispira al mondo dell’arte e registi di tutte le epoche e di tutte le età non fanno altro che citare all’interno dei loro film alcuni dei dipinti più celebri di sempre. Da Forrest Gump a Shutter Island, da Giuseppe Tornatore a Martin Scorsese, da Edward Hopper a René Magritte, ecco i film che nelle loro scene si ispirano all’arte dei grandi maestri.

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Il caso Thomas Crown, John McTiernan (1999)

Non sembra surreale che un il giovane e ricchissimo banchiere ingaggi degli uomini che insieme a lui commettano un colpo alla sua stessa banca? Lo so, le vostre sinapsi staranno andando in corto circuito pensando ad una cosa di questo tipo. Ma proprio la suerrealtà è protagonista di questo film che nell’iconografia che richiama Il figlio dell’uomo di René Magritte (1964), uno dei maestri per eccellenza del Surrealismo.

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Malèna, Giuseppe Tornatore (2000)

Bella, seducente, provocante, è la Georgette Magritte dipinta da René Magritte nel 1934. I suoi occhi penetranti, i capelli rosso fuoco, le labbra rosse e carnose, sono tutti tratti che corrispondo alla Malèna di Giuseppe Tornatore, che in questo film, che vede protagonista Monica Bellucci prima nella veste di moglie, poi di vedova e infine di prostituta.

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Forrest Gump, Robert Zemeckis (1994)

Mamma diceva sempre che dalle scarpe di una persona si capiscono tante cose, dove va, cosa fa, dove è stata“. Questa famosa frase di Forrest Gump, film vincitore di 5 premi Oscar e 3 Golden Globe con protagonista Tom Hanks, esprime esattamente la sintesi di tutto il film di Robert Zemeckis che racconta, tramite le orme delle scarpe del personaggio principiale, la vita, tra difficoltà e successi, del giovane Forrest, dagli ostacoli dell’infanzia fino alla guerra nel Vietnam. Un racconto drammatico a tratti allegro e al contempo straziante che riprende un’iconografia artistica fatta di colori cupi, di ambienti scarni, in grado di indagare in profondità l’animo dell’essere umano: è Il mondo di Cristina di Andrew Wyeth (1948).

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Shutter Island, Martin Scorsese (2010)

Un thriller appassionante con un Leonardo DiCaprio eccellente, che trasporta lo spettatore in un gioco continuo di colpi di scena. Ma proprio come vuole il genere thriller, in questo film diretto da Martin Scorsese, ci sono delle particolarità da cogliere. Una di queste è il richiamo a Il bacio di Gustav Klimt (1908) che Scorsese usa sorprendentemente nella scena in cui DiCaprio si avvinghia alla bella Michelle Williams.

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Trainspotting, Danny Boyle (1996)

La mezza Luna, il blu dell’ambiente circostante e la figura dello stesso uomo che in penombra si svela piano piano allo spettatore in diverse posizioni sono caratteristiche che rimandano a I misteri dell’orizzonte di René Magritte (1955), dipinto ripreso per una scena di Trainspotting, il film di Danny Boyle che vede protagonista e agli albori della sua carriera un giovane Ewan McGregor: qui l’attore lo si vede inquadrato frontalmente mentre fissa un libro difronte a sé; la telecamera e posizionata sul fondo di un tipico armadietto in metallo, la cui lucentezza è tale da riflettere l’immagine dell’attore sulle due pareti destra e sinistra svelando l’immagine di McGregor che proprio come nel dipinto di Magritte sembra rivelarne l’identità del soggetto che interpreta immerso nel blu di tanti altri armadietti che richiamo il colore del paesaggio nella tela.

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Arancia meccanica, Stanley Kubrick (1971)

Stanley Kubrick è uno dei registi che nella storia del cinema è meglio riuscito a sviluppare uno stile unico e personale, come nel film del 1971 Arancia Meccanica che ha catapultato Kubrick nell’albo dei registi più importanti e rivoluzionari di tutto il mondo cinematografico. E ovviamente in un film così importante non può mancare un’iconografia degna di tale onore: non a caso Kubrick (che nei suoi film è noto ricorrere all’arte come fonte di ispirazione per le scena dei set) in Arancia meccanica sceglie per la celebre scena dei prigionieri di rifarsi al quadro La ronda dei carcerati di Vincent Van Gogh (1890) conferendo alla scena un’atmosfera totalmente introspettiva.

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Shirley: visioni della realtà, Gustav Deutsch (2013)

Atmosfere silenziose, figure perse nei loro pensieri, colori brillanti ma emozioni tristi, immagini costruite con un occhio fotografico in grado di indagare la realtà di un luogo, di uno stato d’animo, della coscienza di una società intera: questo è Edward Hopper, uno dei pittori americano più celebri dello scorso secolo. Nessuno come lui è stato ripreso tante volte nei film di celebri registi: da Alfred Hitchcock per Psyco, a Dario Argento per Profondo Rosso, a Gustav Deutsch che in Shirley: visioni della realtà costruisce tutto il set del film sulla base dei dipinti del maestro americano. Celebre è il fotogramma della maschera in un vecchio cinema che richiama il dipinto Film di New York di Hopper (1939).

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Sexy Beast, Jonathan Glazer (2001)

L’amore è nell’aria, ma sta volta letteralmente. Jonathan Glazer in Sexy Beas regala agli spettatori una scena veramente unica che, all’occhio più attento, rimanda subito al celebre dipinto Sulla città di Marc Chagall (1918). I due protagonisti del film si librano nell’aria proprio come Marc e la sua amata moglie Bella.

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È nata una stella, George Cukor (1955)

Pittore e senza volerlo anche fotografo e regista, Edgar Degas anticipa di molto i tempi. I suoi dipinti sono caratterizzati da uno straordinario taglio fotografico che permette all’artista di modellare e riprodurre spazi e inquadrare anguste in modo tale che sembrino ampi e ariosi ambienti. Questa propensione dell’artista francese si nota in particolar modo nella nota serie delle ballerine: in particolar modo Ballerine che si allacciano le scarpe del 1883 è stato fonte d’ispirazione per George Cukor che nel 1955 ha realizzato È nata una stella, il secondo dei 4 film con l’omonimo nome (l’ultimo dei quali A Star Is Born con Bradley Cooper e Lady Gaga).

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Brama di vivere, Vincente Minnelli (1956)

Vincitore di un Premio Oscar e di un Golden Golden Globe nel 1957, Brama di vivere di Vincente Minnelli mette in scene le opere di Vincent van Gogh, come si evince dal fotogramma dove viene ripreso il quadro del 1888 Il caffè di notte, trasportando lo spettatore nella vorticosa e tormentata anima del maestro olandese.

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Spiccioli dal cielo, Herbert Ross (1981)

Ancora una volta ritroviamo Edward Hopper in un film quale Spiccioli dal cielo di Herbert Ross che cita esplicitamente I nottambuli del 1942 del maestro americano, forse il suo dipinto dipinto più famoso.

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Il quinto elemento, Luc Besson (1997)

Besson, in questo suo celebre film del ’97, un kolossal da 90 milioni di dollari con protagonisti Milla Jovovich, Bruce Willis e Gary Oldman, richiama visivamente all’occhio un figura nota al mondo dell’arte, e non solo: sto parlando del dipinto La colonna rotta (1944) dell’artista messicana Frida Kahlo. In questo film la sopravvivenza umana e la lotta costante tra bene e male sono al centro della trama e Besson sceglie bene di iriprende l’iconografia di una delle donne che nella sua esistenza ha sofferto di più, combattendo tra la salute e la malattia, tra la vita e la morte.

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Moonlight, Barry Jenkins (2016)

Anche Magritte se la gioca bene in fatto di citazioni all’interno di film. Un’esempio eloquente è Evening Dress, un dipinto del 1954 che presenta una donna voltata di spalle, con i capelli che fluentemente le scendono lungo la schiena, sovrastata da una mezza Luna (segno ricorrente nei dipinti del maestro belga) sospesa tra il blu del cielo e del mare; uno scenario reale che il pittore fa sembrare un luogo fantastico e immaginario. Allo stesso modo Barry Jenkins per Moonlight, vincitore di 3 Premi Oscar e 1 Golden Globe nel 2017, usa questa iconografia cambiando però il soggetto che diventa diametralmente opposto a quello del pittore.

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