Sei qui: Home » Libri » I cocktail preferiti di 5 grandi scrittori

I cocktail preferiti di 5 grandi scrittori

Si avvicina il weekend e anche la voglia di fare festa. Ecco i cocktail preferiti di 5 grandi scrittori della letteratura

MILANO – Diffuso è il cliché dell’autore ubriaco e, in effetti, non pochi sono gli scrittori noti per il vizio del bere. Nella storia l’ispirazione letteraria è spesso connessa all’assunzione di sostanze che stimolino la creatività e l’ispirazione: dai fumi allucinogeni all’oppio, dai vini agli stupefacenti. Spesso, però, l’alcol è divenuto un tratto distintivo per alcuni intellettuali, un vero e proprio stile di vita. Scopriamo le abitudini alcoliche di cinque celebri scrittori.

Ernest Hemingway – Mojito e Daiquiri

Hemingway è forse il re degli scrittori bevitori. Craig Boreth ha raccontato nel suo libro A tavola con Hemingway la biografia gastronomica dell’autore di Addio alle armi, soffermandosi sui suoi due drink prediletti: il Mojito, cocktail di origine cubana a base di menta, e il Daiquiri, una miscela di rum, limone, zucchero, ghiaccio tritato e maraschino. Se c’è un bar sinonimo di entrambi, questo è El Floridita, nel centro storico de L’Avana; Hemingway scoprì questo bar negli anni Trenta e iniziò a frequentarlo  regolarmente, sedendo sempre all’angolo sul lato sinistro del bancone.

Oscar Wilde – Assenzio

Wilde era un bevitore molto classico: amava, infatti, lo champagne rigorosamente ghiacciato. Dopo il processo per sodomia nel 1895, si trasferì a Parigi dove si dedicò all’assenzio: “Un bicchiere d’assenzio, non c’è niente di più poetico al mondo”. Dall’inizio del XX secolo il suo abuso e l’assuefazione che l’assenzio provocava cominciarono a far sospettare che fosse una sorta di droga allucinogena.

Charles Bukowski – Boilermaker

Bukowski adorava bere e trascorreva gran parte della sua giornata attaccato alla bottiglia. Il suo cocktail preferito era il Boilermaker, ovvero whisky mescolato a birra. All’inizio, il Boilermaker era semplicemente uno shot di whisky bevuto dopo una pinta di birra; in seguito, per aggiungere un tocco di teatralità al drink, si pensò di immergere il bicchierino di whisky direttamente all’interno del boccale di birra, per ammirare la reazione spumeggiante nel momento in cui i due liquidi venivano in contatto.

Francis Scott Fitzgerald – Gin Rickey

L’arrivo di Scott Fitzgerald e della moglie Zelda ai party della Lost Generation americana degli anni Venti non passava mai inosservato: reggendo poco l’alcol, i coniugi erano sbronzi dopo poco e davano grande spettacolo. L’autore de Il grande Gatsby  amava il Gin Rickey, a base di ghiaccio, gin e succo di limone, e in generale tutti i cocktail a base di gin, convinto che fosse l’unico alcolico di cui non restasse traccia nell’alito.

Edgar Allan Poe – Brandy

L’autore dei racconti del mistero e del macabro era un bevitore, soprattutto di brandy. Già dai tempi dell’università, proprio a causa dell’eccessivo consumo di alcol, fu allontanato dalle aule della Virginia University. L’alcol entra spesso nelle sue opere, come Il gatto nero, la cui voce narrante è un bevitore accanito.

© Riproduzione Riservata