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Renzi incontra i nuovi 20 direttori dei musei

Il primo incontro tra il premier e i nuovi 20 candidati che dovranno occuparsi delle sorti dell’arte italiana è avvenuto il 15 settembre. È stata una riunione corale con la stampa in cui sono stati affrontati diversi temi come la necessità di un cambiamento nel mondo dell’arte e l’importanza di intendere la cultura come una sfida.

MILANO – Quasi un’intera giornata dedicata al mondo dell’arte e ai cambiamenti che stanno interessando le sue istituzioni. Dopo il polverone nato quest’estate intorno alla nomina dei direttori dei maggiori musei italiani, si torna a parlare del loro lavoro, questa volta guardando concretamente ad un futuro molto prossimo. Il Presidente del Consiglio Matteo Renzi e il Ministro Dario Franceschini hanno infatti incontrato a i 20 nuovi direttori dei musei italiani. Il premier ha voluto immediatamente sottolineare che la scelta di cambiare pelle ai musei è un po’ anche sua, condivisa dal governo, che vuole “affermare un modello di museo più vicino a quello anglosassone”, perché il mondo è cambiato e sono cambiate le esigenze del pubblico, dice, “i musei dell’800 e del primo ‘900 si rivolgevano ad élite selezionate di persone”, un pubblico super colto che non aveva bisogno di intermediari.

UN MUSEO DA VIVERE – Oggi ci deve essere un cambio di rotta perché, come dichiara Renzi, “il museo è esperienza, l’opera d’arte deve darti qualcosa, il museo deve essere più efficiente, più capace di innovazione, i 20 nuovi direttori hanno la grande responsabilità di portare i musei nella storia inquietante e insieme affascinante del futuro”.

NECESSITA’ DI CAMBIAMENTI – Prima di lui Franceschini aveva difeso la sua riforma. “Ci stiamo adeguando con ritardo alle linee guida indicate dalla associazione internazionale dei musei, ma lo stiamo facendo con una marcia in più che ci fa superare molti altri. E’ la prima volta che un Paese fa una selezione pubblica internazionale per trovare i direttori dei suoi musei”, aveva sottolineato il ministro. E le nomine “sono l’ultimo passo di un percorso di cambiamento e innovazione profonda cominciato da tempo. Un passo del cambiamento del Paese – faceva notare ricordando le polemiche di ferragosto – ora lavoreremo come una squadra, autonomia dei musei non significa rinunciare a lavorare come sistema”.

E I FONDI? – Nessuna anticipazione si è avuta sui fondi che arriveranno quest’anno dalla legge di stabilità. E quanto al cronico problema di personale del ministero, dove l’età media dei circa 18 mila dipendenti sfiora i 58 anni, “il blocco del turn over si può anche mettere in discussione, ma per farlo bisogna avere un quadro d’insieme che ci daranno i tecnici”.

UN DIALOGO CONCRETO – La lunga riunione di oggi, dice Anna Coliva, direttrice (unica confermata) della Galleria Borghese di Roma è stata “molto interessante e positiva, “per la prima volta tra queste pareti ho sentito echeggiare domande concrete”, confida, “cose che non avevamo mai avuto il coraggio di dire. E il ministro era sulla nostra lunghezza d’onda, capiva al volo”.

ANTICIPAZIONI DI PIANI D’AZIONE – Qualcuno, come Zuchtriegel di Paestum o Sylvain Bellenger del Museo di Capodimonte, anticipa le sue priorità, che partono tutte dal rendere i loro musei, più conosciuti e facilmente raggiungibili, come sottolinea anche Marco Pierini della Galleria Nazionale dell’Umbria (“che ha tanti capolavori ma nemmeno un sito web”). Per i risultati, però, “ci vorrà tempo”, avverte Eike Schmidt, anticipando l’intenzione di accorciare le code e introdurre nuove tecnologie agli Uffizi. Qualcuno di loro prenderà servizio il primo ottobre, altri a dicembre. Per tutti ci sarà da mettere in moto la macchina e creare una squadra. La prima cosa, sottolinea James Bradburne (Brera), “è ascoltare”.

18 settembre 2015

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