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Alfieri Lorenzon di AIE, ”Contro la pirateria digitale bisogna educare a una cultura della legalità”

Per salvaguardare chi vive professionalmente di produzione culturale, e dunque la produzione culturale stessa, dal rischio della pirateria digitale, bisogna combattere quella tendenza all'illegalità giustificata dall'idea semplicistica che ''la cultura è di tutti''. Lo afferma Alfieri Lorenzon, direttore di AIE, che discute dei cambiamenti del mercato editoriale legati alla digitalizzazione...

Il Direttore di AIE analizza il mercato italiano del digitale e i problemi legati alla digitalizzazione dell’editoria

 

MILANO – Per salvaguardare chi vive professionalmente di produzione culturale, e dunque la produzione culturale stessa, dal rischio della pirateria digitale, bisogna combattere quella tendenza all’illegalità giustificata dall’idea semplicistica che “la cultura è di tutti”. Lo afferma Alfieri Lorenzon, direttore di AIE, che discute dei cambiamenti del mercato editoriale legati alla digitalizzazione, delle prospettive di crescita e delle problematicità connesse al cambiamento.

Come vede, da qui a 5 anni, il mercato dell’editoria italiana con lo sviluppo della digitalizzazione?
Noi siamo in ritardo rispetto al mondo anglosassone. L’ebook è un fenomeno irreversibile che andrà ad allargare il mercato della produzione culturale ed editoriale. Non condivido però la visione da fine del mondo riguardo al libro cartaceo: credo che continuerà, e sarà anche ampia, una produzione di libri in formato tradizionale, e che sempre più, con l’avanzare della generazione digitale, ci saranno forme di consumo culturale su altri supporti. Adesso è il tablet, domani sarà qualcos’altro: è impossibile prevedere gli sviluppi futuri dell’evoluzione tecnologica. Sicuramente l’editoria di libri continuerà a esistere, sicuramente ci sarà una trasformazione dei consumi e una diversificazione della produzione anche grazie alle innovazioni tecnologiche e al digitale.

Attualmente come sono in Italia i dati di vendita degli ebook?
L’anno scorso noi avevamo già 40 mila titoli – quindi tutti i più importanti best seller – già digitalizzati, ma la quota di mercato degli ebook si è attestata all’1%. Chiaramente il settore sta crescendo velocemente, con un raddoppio o anche un incremento del 200 o 300%, ma si tratta di quote talmente piccole che è molto facile avere questo ritmo di crescita. Noi siamo circa cinque anni indietro rispetto al mondo anglosassone, dove la quota di mercato degli ebook va dal il 10% della Gran Bretagna al 15-20% degli USA. La lingua inglese però ha una diffusione mondiale: il mercato è più ampio rispetto a quello italiano. E comunque il 15-20% non è la totalità del mercato. È chiaro che ci sono settori in cui la possibilità di avere libri digitalizzati rappresenterebbe una vera e propria rivoluzione – basti pensare al mondo universitario, o a certi settori professionali: per gli avvocati o gli ingegneri, che hanno bisogno di testi costantemente aggiornati, gli ebook rappresenterebbero una grande comodità. Prendiamo d’altro lato la narrativa: le “Cinquanta sfumature” sono state prime in classifica sia in formato ebook sia informato cartaceo. In questo caso la diffusione attraverso l’uno e l’altro canale si equivalgono. I fenomeni si parametrano: bisogna monitorare questo processo e cercare di trarne tutti i vantaggi.

 

Quale contributo può dare il digitale per la lettura? Può favorire un aumento delle vendite e portare ad un maggior numero di lettori, o al contrario può portare ad un abbassamento delle vendite? Sono più i vantaggi o gli svantaggi?
Se noi riuscissimo a fare una politica di incremento della lettura, qualunque strumento potrebbe essere vantaggioso per la diffusione del libro. Il problema però non è il mezzo che si utilizza, ma appunto le politiche che si mettono in atto: se si investisse in progetti per diffondere l’abitudine alla lettura come è stato fatto in Gran Bretagna, Francia e Spagna, dove sono stati impiegati a tal fine decine di milioni di euro, non avremmo quello stacco di 15-20 punti sulla percentuale di lettori che invece soffriamo. Investire in questi progetti è importante non per far comprare alla gente più libri, ma perché chi legge di più è più preparato ad adattarsi ai cambiamenti e a rispondere alle esigenze del mondo che ci circonda, e questo è proprio un momento in cui bisogna saper progettare in prima persona il proprio futuro. Al di là di questo, io credo che gli ebook, costando un po’ meno, potranno contenere la perdita dei lettori forti, che rappresentano solo l’11% degli italiani ma fanno circa la metà del mercato. Io credo che una parte di questo pubblico si riverserà nell’editoria digitale, anche perché si tratta della parte della popolazione più curiosa e attenta alle novità: uno studio ha dimostrato che i fruitori di tecnologia consapevoli sono lettori forti.

Come stanno reagendo le case editrici all’introduzione sempre più frequente dei supporti ebook?
Gli editori sono pronti, basta guardare la produzione per rendersene conto. Prendiamo il settore scolastico: le case editrici hanno già digitalizzato il 30% dei testi per mettersi al passo con le normative, mentre il mondo delle scuole ancora non è stato preparato a recepire l’innovazione. In questo caso la produzione è più avanti della legislazione che la regola. Per quanto riguarda i libri trade, tre mesi fa c’erano 42 mila titoli disponibili nelle librerie digitali: per avere un’idea delle proporzioni, si consideri che una libreria media può andare dai 70 agli 80 mila titoli. E considerando che quei 42 mila libri sono quelli più venduti direi che c’è una buona offerta. Io credo che nell’arco di due anni riusciremo a trovare digitalizzata anche la famosa coda lunga, quei libri che vendono poche copie e generano il fenomeno delle rese: gli editori potranno tornare a puntare su questi titoli. Avremo così a disposizione delle ottime biblioteche digitali dove potremo reperire libri che altrimenti non si trovano più, quelli che le librerie tradizionali, anche per ragioni di spazio, non possono tenere.

Come cambia la filiera della distribuzione con l’avvento della digitalizzazione? Le librerie tradizionali indipendenti scompariranno?
No, ma dovranno ripensarsi. Le librerie indipendenti, come sottolineato anche dal Presidente dell’ALI, Alberto Galla, dovranno sforzarsi di proporre un’offerta di prodotti culturali complementari al libro, trasformandosi in multistore della cultura. Il vantaggio della libreria tradizionale rispetto alle librerie digitali – canale attraverso cui si acquistano prodotti che si sa già di voler comprare – è l’importanza della proposta. Certo, se poi i librai tengono solo quei titoli che vanno di più in quel determinato momento, allora questa funzione di indirizzamento e guida alla scelta vien meno, ma questo vale per qualunque merce. 

Come successo per la musica e per il cinema, teme che l’introduzione del digitale possa compromettere la proprietà intellettuale?
Il digitale ha incrementato la pirateria, ma è bene ricordare che piratare è rubare. Va bene discutere come cambi il senso della proprietà intellettuale quando si passa al digitale, ma il concetto di proprietà intellettuale in sé deve restare valido e va salvaguardato: non bisogna lasciar campo libero a comportamenti illegali giustificati dall’idea semplicistica che “la cultura è di tutti”. Non può essere così per nessuna professione al mondo, e non può essere così nemmeno per la produzione culturale. Ci sono persone che vivono professionalmente sulla produzione di contenuti. Se non ci fosse chi propone libri, dischi, film, questi beni semplicemente non esisterebbero. In particolare, nel caso dell’editore, la sua funzione è una funzione complessa di analisi e proposta, e serve a mettere un argine alla marea montante delle pubblicazioni, che rischia di diventare un tutt’uno indistinto e senza qualità. Il digitale è democrazia di mercato: chi vuole acquistare un ebook può farlo a prezzi accessibili, se poi lo si vuole rubare, si agisce ai danni di chi trae da questa produzione la sua fonte di sostentamento, quindi si agisce ai danni della produzione culturale stessa. Chi scarica illegalmente materiale caricato in rete illegalmente commette reato. È necessario che ci sia un’educazione alla legalità: le regole ci devono essere e devono essere valide per tutti.

 

17 ottobre 2012

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