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Carmelo Bene, l’attore “non-nato”

Proprio oggi nasceva l'attore, drammaturgo, regista, scrittore e poeta leccese tra i più incisivi del panorama post-bellico italiano

MILANO – Oggi nasceva, o meglio non nasceva, quel genio eccessivo di Carmelo Bene. Un attore, drammaturgo, regista, scrittore e poeta, tra i più incisivi del panorama post-bellico italiano. Ricordato non solo per la sua straordinaria arte recitativa ma anche per le profonde riflessioni sul senso della vita/esistenza: “Non esisto dunque sono” o “Non si nasce per lavorare, spiegarsi, pensare: non si nasce nemmeno a de-pensare perché anche questo è occuparsi del pensiero. Non si nasce a gestire, all’agire-patire: ci è tutto inflitto dalle circostanze”.

LA VITA –  Chi è Carmelo Bene? Un artista a tutto tondo che nasce nel 1937 a Campi Salentina, nel Leccese. Dopo gli studi classici – e una breve esperienza all’Accademia di Arte Drammatica (la abbandona ritenendo i corsi “inutili”) – si gode la Roma, ubriacandosi frequentemente e fumando molto, qualche volta viene pure arrestato. Nel solo anno 1958 il giovanissimo Bene trascorre “trecentoventicinque notti nei vari commissariati di zona”. Nel 1959, appena ventiduenne,  debutta però come protagonista del Caligola di Camus. Nonostante l’avversione della famiglia – il padre arriva a farlo internare in manicomio per alcune settimane – sposa Giuliana Rossi, un’attrice fiorentina più grande di lui di sei anni. Dalla loro unione nasce un figlio, cresciuti prevalentemente dai nonni materni e morto a cinque anni a causa di un tumore.

 

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LA SVOLTA – La svolta arriva durante gli anni fiorentini con la lettura di Joyce – in particolar modo l’Ulisse –  che lo apre all’esistenzialismo. Nell’arco di poche stagioni diventa regista di se stesso in spettacoli teatrali come Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde, Salomè, Amleto e in film come Nostra Signora dei Turchi (che vince il Premio speciale della giuria a Venezia nel 1968).  Fonda una compagnia, poi dal 1961 fino al 1963 costituisce il cosiddetto “Teatro Laboratorio” , realizzato in un locale di Trastevere, chiuso poi dopo diverse accuse come “piscio sulla platea”. Continuano comunque gli happening e le performance sempre al limite. Un’importante svolta arriva anche con l’arrivo dell’attrice Lydia Mancinelli la quale per la prima volta recita in La storia di Sawney Bean (su testo di Roberto Lerici) del 1964. Con lei stringe un sodalizio artistico e sentimentale. Negli anni Sessanta-Settanta la Mancinelli e Alfiero Vincenti sono per Bene due figure fondamentali e insostituibili. Dopo il sequestro e la chiusura definitiva del Teatro Laboratorio trascorrono sei mesi con l’allestimento del Teatro Carmelo Bene al Divino Amore (1967), esperienza breve come l’altra precedente del Beat ’72, la cui apertura avviene nel 1966. In questo stesso periodo, inoltre, Bene scrive i romanzi Nostra Signora dei Turchi e Credito italiano, portati poi a teatro. Con Pasolini si avvicina al cinema, con Dalì all’arte e il 1974 è l’anno della sua prima apparizione in televisione con “Quattro modi di morire in versi: Majakowski, Blok, Esenin, Pasternak”. Straordinaria la recita anche di poemi, come quelli di Majakovskij che riusciva ad animare con la sua voce roboante. Il 1979 segna l’inizio del suo periodo cosiddetto concertistico e della macchina attoriale, arrivando ad esibirsi alla Scala di Milano con un memorabile Manfred in forma di concerto accompagnato dalle musiche di Robert Schumann. Sempre a Milano fa scalpore al teatro Manzoni per i nudi femminili su palco.

LA MORTE – Nel 1981 legge Dante mentre sette anni dopo viene nominato, senza non poche lamentale,  direttore artistico della sezione teatro della Biennale di Venezia. Dopo pochi mesi di matrimonio con Raffaella Baracchi, i quotidiani riportano la notizia delle percosse inflitte da Bene alla moglie incinta di sei mesi, per fortuna senza gravi conseguenze né per la moglie né per il feto. L’ultima compagna fu invece Luisa Viglietti, la costumista che ha vissuto accanto a lui fino al momento della sua scomparsa. Il 6 ottobre del 2000 l’attore affida, tramite pubblico testamento, i diritti delle sue opere alla fondazione l’Immemoriale di Carmelo Bene. Il 16 marzo del 2002 Carmelo Bene muore a Roma. Per la sorella il grande attore sarebbe morto per mano altrui.
“Il mio epitaffio potrebbe essere quel passaggio di Sade: mi ostino a vivere perché «Anche da morto io continui a essere la causa di un disordine qualsiasi»”. 

 

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