In un mondo lacerato, in un mondo che si ostina a fare la guerra, in un mondo in crisi economica e sociale, in un mondo che sempre più spesso fa paura e toglie aria ai nostri sogni, abbiamo bisogno di tornare a immaginare un mondo diverso, un diverso modo di vivere e di rapportarci gli uni con gli altri. A ricordarci quanto sia fondamentale tornare a immaginare e ad essere consapevoli che l’attuale stato delle cose non sia l’unico possibile ci pensa John Lennon, che quando ha inciso “Imagine” non ha inciso una canzone, ma quella che forse è la più nota poesia al mondo.
Un mondo senza divisioni
“Immagina non ci sia il Paradiso, prova, è facile – canta l’autore – Nessun inferno sotto i piedi, sopra di noi solo il cielo“. Immagina che non ci siano divisioni, ci dice Lennon, con una semplicità che mette i brividi. Immagina che non ci siano più divisioni tra inferno e paradiso, tra ricchi e poveri, tra una religione e l’altra. Immagina, ci dice, un mondo unito, “Immagina non ci siano paesi, non è difficile. Niente per cui uccidere e morire e nessuna religione“. Immaginiamo tutto questo e ci renderemo conto che sono le divisioni a portare la guerra, l’odio e la violenza. Un messaggio importante, quello del cantante britannico. Chissà cosa direbbe della Brexit.
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Un inno alla condivisione
“Immagina un mondo senza possessi, mi chiedo se ci riesci, senza necessità di avidità o fame – canta Lennon – La fratellanza tra gli uomini, immagina tutta le gente condividere il mondo intero“. Quello che ci spinge a immaginare è un mondo possibile, in cui le persone non si calpestano i piedi ma si aiutano a vicenda, un mondo in cui ciò che importa è la condivisione, un mondo che pensa più a costruire ponti che a edificare mura. Il fatto è che, come dice a un certo punto, siamo in tanti a pensarla in questa maniera ma spesso temiamo di essere soli. “Puoi dire che sono un sognatore ma non sono il solo“. Lo è chiunque condivida questi pensieri di pace e amore.
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Mah! Diciamo che attualmente è il manifesto della globalizzazione.
Si vuol vendere un incubo come il vero paradiso, e altro non è che il solito schifoso inferno senza speranza. Fa comodo a chi ha già tutto e non vuole rischiare.
Qualcun altro, più o meno in quegli stessi tempi, cantò Contessa, dove invece del nirvana si prende sopra di se il doloroso compito di cambiarlo il mondo e non di goderselo come viene, proprio perché non a tutti viene. Ma si dice: beh, così si fa l’elogio della guerra, e viene il terrorismo, e allora è meglio rinunciare a qualsiasi aspirazione ideale per avere il sommo bene che è la pace.
E allora sia, teniamoci pure questa pace senza ideali, ma che si tratti di un bell’esito, e addirittura auspicabile mi pare veramente una conclusione miserabile.
Una canzone da fricchettone, come si sarebbe detto allora.