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Inclusione scolastica, cosa non funziona in Italia

Ce lo spiegano Flavio Fogarolo e Giancarlo Onger, esperti di didattica inclusiva ed ideatori del gruppo facebook "Normativa inclusione", nel loro libro

MILANO – Agli insegnanti capaci di vedere il futuro, ai genitori che non si arrendono mai. E’ dedicato a loro “Inclusione Scolastica: domande e risposte”, il libro realizzato da Flavio Fogarolo e Giancarlo Onger, esperti di didattica inclusiva ed ideatori del gruppo facebook “Normativa inclusione“, creato per cercare di rispondere alle esigenze di chiarezza di genitori e insegnanti rispondendo direttamente a specifici quesiti e aiutando a cercare le norme che servono davvero. Il volume è una raccolta di oltre 200 domande, con relative risposte, postate sulla bacheca social. Abbiamo intervistato uno degli autori, Flavio Fogarolo, per capire a che punto siamo in Italia in merito all’inclusione scolastica.

 

Perché nasce il gruppo Facebook “Normativa inclusione”?

La normativa che regola l’inclusione scolastica degli alunni con disabilità, disturbi di apprendimento o altro, si è molto trasformata negli ultimi anni ma il sistema tradizionale di ricerca e consultazione delle leggi, basato sui manuali a stampa, non è stato sostituito da nulla di veramente efficace: non esistono siti completi e organizzati, e sui social circolano molte informazioni contraddittorie. Il gruppo “Normativa inclusione” cerca di rispondere alle esigenze di chiarezza di genitori e insegnanti rispondendo direttamente a specifici quesiti e aiutando a cercare le norme che servono davvero.

 

Quali sono le domande più frequenti che vi sono state poste?

Dipende molto dai periodi dell’anno: in questi mesi prevale di gran lunga la discussione sul PEI e il PDP, i piani educativi/didattici con i quali le scuole esplicitano gli interventi individualizzati che attiveranno per tutto l’anno scolastico. Fino a poche settimane fa l’argomento prevalente erano gli insegnanti di sostegno che mancavano; adesso il problema si sta finalmente risolvendo, anche non ovunque. In altri mesi dell’anno si tende a parlare maggiormente di valutazione, di viaggi di istruzione, di procedure per l’iscrizione, di prove INVALSI, di esami…

 

In Italia esiste una normativa che permette una soddisfacente inclusione scolastica?

Sulla carta sì, ma i problemi non mancano, purtroppo. E sono spesso i genitori che segnalano tante situazioni in cui l’inclusione non funziona proprio.

 

Cosa dovrebbero ancora fare scuola ed istituzioni per favorire l’inclusione scolastica?

Le criticità maggiori riguardano la formazione degli insegnanti (tutti, non solo quelli di sostegno) che troppo spesso si trovano a interagire con alunni che presentano disturbi o patologie di cui sanno troppo poco. Non si chiedono competenze da medici, ma se si vuole insegnare qualcosa a Nicola si deve per forza sapere come funziona.
Altra palla al piede del nostro sistema di inclusione scolastica è l’abitudine, ancora molto diffusa, a delegare il problema ai pochi addetti ai lavori mentre gli altri insegnanti si considerano autorizzati a lavorare solo su una ipotetica “normalità”.
Manca infine una reale responsabilità sul raggiungimento dei risultati: questi ragazzi hanno veramente imparato in base alle loro potenzialità? Sembra che nessuno possa mai dirlo con certezza.

 

A chi si rivolge principalmente il vostro libro?

A insegnanti e genitori. Anzi, la nostra dedica iniziale dice così: “Agli insegnanti capaci di vedere il futuro, ai genitori che non si arrendono mai.”
Vedere il futuro significa saper lavorare per la vita, non per la scuola: non è facile, ma non ci sono alternative.
Che i genitori di questi alunni non si arrendano mai è un dato di fatto. A volte a scuola passano per rompiscatole, impiccioni e mai contenti: è il loro modo di difendere i propri figli più fragili, e a loro va tutta la nostra stima e solidarietà.

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