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Gigi Paoli, “Leggere in classe Harry Potter porterebbe qualche ragazzo in più in libreria”

Torna in libreria il giornalista fiorentino Gigi Paoli con una storia ambientata ancora a Firenze e che ha protagonista il suo alter ego letterario Carlo Alberto Marchi

Torna in libreria Gigi Paoli con il suo ‘La fragilità degli angeli’, edito per Giunti. Il terzo romanzo del giornalista racconta una storia ambientata ancora a Firenze e ha per protagonista il suo alter ego letterario Carlo Alberto Marchi, anche lui cronista di ‘nera’ ed anche lui con una figlia adolescente a cui badare. Un viaggio in una storia di bambini rapiti ed uccisi, che fa tornare vivo l’incubo del Mostro in una città strana, Firenze, che entro poche centinaia di metri dai palazzoni residenziali diventa improvvisamente campagna. Una campagna che fa paura e non lascia dormire tranquilli. Abbiamo intervistato l’autore che ci racconta gli incubi di Firenze.

Ecco l’intervista a Gigi Paoli

Perché questa volta hai scelto una storia di minori? 

Perché in passato, quando mi occupavo di cronaca giudiziaria, ho avuto a che fare con storie che riguardavano minori e mi hanno sempre colpito molto, arrivando a scriverne anche con qualche difficoltà. Volevo, e spero di esserci riuscito, che il lettore capisse questa difficoltà che i giornalisti hanno talvolta di dover affrontare e spiegare con lucidità argomenti che magari li toccano nel profondo. Marchi ha una figlia e occuparsi di un bambino scomparso è per lui disturbante.

 

Rispetto ad altre storie la città di Firenze sembra meno protagonista. Condivide?

Vero. Penso che la forza di un romanzo giallo sia anche e soprattutto nell’essere spiazzante. Mai dare al lettore qualcosa che si aspetta, altrimenti si rischia di annoiarlo. Firenze è una cornice forte, c’è e ci sarà sempre. Ma in una storia come questa, anche la città è come sospesa, a osservare cosa sta succedendo con l’ansia di quel che può accadere.

 

Perché i riferimenti al Mostro e agli eventi di Genova?

Perché la credibilità e il realismo sono sempre state le pietre angolari su cui ho voluto costruire i miei libri. Troppo spesso ho letto dei gialli in cui accadevano cose impossibili, del tutto slegate dalla realtà. In una vicenda come la scomparsa di un bambino, tutti a Firenze tornerebbero a pensare ai tempi angoscianti del Mostro. E Genova, beh, un’intera generazione di poliziotti e carabinieri ha avuto a che fare con i “postumi” del G8 di Genova. La gestione dell’ordine pubblico in Italia ha un prima e dopo Genova. Non si può non parlarne in certi ambiti. Ripeto: credibilità e realismo.

 

Quanto c’è di Gigi Paoli nel protagonista?

Direi abbastanza. Marchi fa il mio lavoro, vive da solo con una figlia come me, ha una vita personale complicata e compressa fra mille cose da fare. Diciamo che siamo affini. Ma se fossi stato Margherita Hack avrei scritto probabilmente un libro con protagonista un’astrofisica. Se scrivi qualcosa che ben conosci e di cui padroneggi le dinamiche, sicuramente il lettore se ne accorge e apprezza. Perché non è fiction, è vita vera. E si sente. Almeno lo spero.

 

Come sceglie le sue storie?

In parte dalla mia esperienza professionale (“Il Rumore della Pioggia” è ispirato infatti a un delitto irrisolto avvenuto a Firenze negli anni ’90) e in parte dalla mia curiosità, che una volta può toccare le ricerche mediche applicate alle sostanze stupefacenti o al campo militare (come ne “Il Respiro delle Anime”) e un’altra volta le dinamiche di un certo mondo minorile (e non posso dire di più sennò rischio di spoilerare “La Fragilità degli Angeli”). Alla base di tutto, comunque, c’è una grande curiosità verso il mondo che ci circonda.

 

Si scrive sempre di più e si legge sempre di meno. Cosa si può fare? 

Educare i ragazzi, dar loro l’esempio. Difficile che i giovani leggano se hanno dei genitori che non lo fanno o che abitano in case senza libri. E la scuola, gli insegnanti, invoglino i ragazzi a leggere dando loro non i soliti barbosi classici (o almeno non solo quelli) ma romanzi più alla loro portata. Penso che far leggere in classe una Rowling col suo Harry Potter piuttosto che, ad esempio, i Malavoglia di Verga ci regalerebbe qualche ragazzo in più in libreria. Leggere è bello ma la scuola, ancorata a vecchi schemi, non riesce a farlo capire. Confido in una nuova generazione di insegnanti per cambiare questa visione.

 

Michele Morabito

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