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L’importanza di allontanarsi dalle cose negative secondo Natalia Ginzburg

Per ricordare la scrittrice italiana Natalia Ginzburg, iniziamo oggi con una sua frase, tratta da "Caro Michele"
Convinta antifascista e madrina della casa editrice Einaudi, Natalia Ginzburg è stata una delle scrittrici più influenti del Novecento. Nata il 14 luglio 1916 a Palermo e scomparsa il 7 ottobre 1991, per ricordarla in occasione del suo anniversario iniziamo oggi con una sua frase, tratta dal romanzo “Caro Michele“. 

L’importante è camminare e allontanarsi dalle cose che fanno piangere.

Natalia Ginzburg

Natalia Ginzburg nasce a Palermo il 14 luglio 1916. Il padre è il celebre scienziato ebreo Giuseppe Levi e la madre è la milanese Lidia Tanzi. Il padre, oltre a essere un grande scienziato, è anche un professore universitario che condivide gli ideali antifascisti. Per la loro opposizione al regime fascista, Giuseppe Levi e i suoi tre figli maschi, vengono arrestati e processati. 

L’infanzia 

Natalia quindi trascorre la sua infanzia in un’epoca difficile, caratterizzata dall’affermazione del regime fascista al potere. La giovane cresce in un ambiente culturale e intellettuale antifascista e si abitua presto ai continui controlli della polizia fascista. Viene istruita a casa, ricevendo un’educazione elementare attraverso lezioni private. In età adolescenziale Natalia frequenta il liceo classico e, dopo aver finito gli studi, segue dei corsi di letteratura universitaria, che presto però abbandona. All’età di diciotto anni,  inizia a dedicarsi alla sua attività letteraria. Nel 1933 scrive il racconto “I bambini”, che viene pubblicato nella rivista Solaria. Quattro anni dopo traduce anche l’opera francese di Marcel Proust, “Alla ricerca del tempo perduto”. 

Il matrimonio con Leone Ginzburg

Nel 1938 si unisce in matrimonio con l’intellettuale Leone Ginzburg. Dal loro matrimonio nascono tre figli: Andrea, Alessandra e Carlo. In questi anni stringe buoni rapporti d’amicizia con molti esponenti dell’antifascismo torinese e ha forti legami con la casa editrice piemontese Einaudi. Due anni dopo, il marito viene condannato all’esilio per motivi politici e razziali. Natalia Ginzburg e i figli lo seguono a Pizzoli, in Abruzzo. Il loro trasferimento forzato finisce nel 1943. L’anno dopo Leone Ginzburg viene nuovamente arrestato per editoria clandestina e imprigionato nel carcere romano di Regina Coeli. Dopo aver subito continue e atroci torture, Leone muore nello stesso anno. Questo evento drammatico è molto doloroso.

Il ritorno a Einaudi

Dopo aver lasciato Roma Natalia Ginzburg torna in Piemonte, dove inizia a lavorare per Einaudi. Nello stesso anno la casa editrice piemontese pubblica anche il suo romanzo. In Piemonte la raggiungono anche i suoi genitori e i suoi figli che, nel periodo dell’occupazione nazista hanno trovato riparo in Toscana. Nel 1947 scrive un nuovo romanzo, “E’ stato così”, in cui racconta i momenti difficili che ha dovuto affrontare sotto il regime di Mussolini. 

Il secondo matrimonio

Tre anni dopo sposa Gabriele Baldini, docente universitario di letteratura inglese e direttore dell’Istituto Italiano di Cultura avente sede a Londra. Dalla loro unione nascono due bambini, Susanna e Antonio, che purtroppo ben presto presentano problemi di salute. Con il marito e i figli si trasferisce a Roma dove continua a dedicarsi all’attività letteraria, approfondendo in modo particolare il tema della memoria, legata alla sua terribile esperienza sotto il regime fascista, e quello della famiglia.

Le opere

Tra il 1952 e il 1957 la produzione letteraria di Natalia Ginzburg è intensa. Tra i suoi testi si ricordano: “Tutti i nostri ieri”, “Valentino”, con cui vince anche l’importante premio Viareggio, e “Sagittario”. Negli anni Sessanta pubblica anche altri romanzi come “Le voci della sera”, “Cinque romanzi brevi”, “Le piccole virtù” e il celebre “Lessico famigliare”. Tra gli anni Settanta e gli anni Ottanta traduce un’altra opera di Marcel Proust, “La strada di Swann”. Scrive inoltre numerosi romanzi, tra cui si ricordano: “Mai devi domandarmi”, “Vita immaginaria”, “Caro Michele”, “Famiglia”, “La città e la casa” e “La famiglia Manzoni”.

Caro Michele

All’inizio degli anni Settanta, in un clima di spaesamento generale, una madre ancora giovane scrive al figlio, sbandato e distante, scappato all’estero per motivi politici. Romanzo epistolare da cui emerge un interno famigliare lacerato e sordo, un intreccio di vite solitarie, come scrive Cesare Garboli, “fatte di passi sbagliati”, di gelose intimità e di corrosive lontananze.

 

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