Una frase di Karen Blixen sul trasformare il male in bene

18 Aprile 2025

Leggiamo questa citazione di Karen Blixen in cui ci ricorda come la natura riesca a trasformare un intruso nocivo in una stupenda e argentea perla.

Una frase di Karen Blixen sul trasformare il male in bene

La citazione di Karen Blixen (17 aprile 1885 – 7 settembre 1962) tratta dal suo libro Capricci del destino è un piccolo esempio della capacità dell’autrice danese di unire riflessione filosofica, suggestione poetica e immaginario simbolico in una sola frase. Come accade in molte sue opere, anche qui Karen Blixen parte da un’immagine concreta, quella della perla, per costruire una metafora ampia e sfaccettata sulla natura umana, sulla creazione artistica e sul desiderio di bellezza e mistero che accompagna da sempre l’esistenza delle persone, e in particolare delle donne, così come lei le racconta nei suoi libri.

“Le perle sono come le favole dei poeti: un malanno trasformato in bellezza, e allo stesso tempo trasparente e opaco, segreti dal profondo portati alla luce per piacere alle giovani donne, che vi riconoscono i più profondi segreti racchiusi nel proprio cuore”

Karen Blixen e la capacità di rifiorire dalle esperienze negative

Per comprendere a fondo il senso di questa citazione, è utile partire dalla natura stessa della perla. A differenza di altre gemme preziose, la perla non nasce nella terra ma nel mare, all’interno di una conchiglia. Si forma come reazione a un corpo estraneo, a un elemento di disturbo — una particella di sabbia o un minuscolo parassita — che penetra nel mollusco. In risposta a questa intrusione, l’ostrica secerne strati di madreperla, rivestendo lentamente l’intruso e trasformando un potenziale malanno in una gemma di straordinaria lucentezza. È, in sostanza, la bellezza che nasce dal dolore, dalla ferita.

Karen Blixen coglie perfettamente questa dinamica quando scrive che “le perle sono come le favole dei poeti”. Anche le favole, come molte opere letterarie, spesso nascono da un malessere, da una perdita, da un’inquietudine. Il poeta — o lo scrittore in generale — prende questo elemento oscuro, lo lavora con le parole e lo trasforma in un racconto che affascina e consola, proprio come l’ostrica fa con il granello di sabbia. La bellezza artistica diventa quindi il risultato di una trasfigurazione del dolore, di un’operazione di riscatto e di redenzione simbolica.

Karen Blixen prosegue sottolineando che le perle, e dunque le favole dei poeti, sono “allo stesso tempo trasparenti e opache”. È una definizione raffinata e precisa. Le perle possiedono una lucentezza che sembra venire dall’interno, ma non sono mai del tutto limpide: sotto la superficie madreperlata resta sempre qualcosa di nascosto, di inafferrabile. Così accade anche per le opere letterarie più riuscite: mostrano molto, ma conservano sempre una zona d’ombra, un significato riposto, una parte che sfugge e che proprio per questo continua ad attrarre il lettore. La trasparenza e l’opacità coesistono, come nel cuore umano.

È particolarmente interessante che Karen Blixen leghi questo processo ai “segreti dal profondo portati alla luce”. La scrittura, soprattutto quella favolistica e poetica, ha da sempre la funzione di sondare l’inconscio, di dare forma e voce a ciò che nella vita quotidiana resta spesso inespresso. È un viaggio nelle zone oscure dell’animo, un atto di esplorazione e di svelamento. Ma, come le perle, anche i racconti poetici non mostrano tutto: lasciano intravedere, suggeriscono, proteggono il mistero dietro una superficie brillante.

La citazione si conclude con un accenno alla fascinazione esercitata dalle perle sulle “giovani donne, che vi riconoscono i più profondi segreti racchiusi nel proprio cuore”. Qui Karen Blixen tocca un aspetto più personale e universale allo stesso tempo. La donna — in molte culture e in molte letterature — è stata spesso considerata custode di segreti, depositaria di emozioni complesse e indicibili. Le perle diventano allora un simbolo di quella parte nascosta e preziosa dell’identità femminile, una rappresentazione visibile di ciò che si cela sotto la superficie del quotidiano. Guardando una perla, la giovane donna vi specchia la propria sensibilità, il proprio desiderio di essere compresa, amata, raccontata.

La natura sa come trasformare il male in bene

Il paragone tra le perle e le favole dei poeti è quindi, in ultima analisi, un inno al potere della trasformazione artistica e alla capacità umana di trovare bellezza anche nelle esperienze dolorose. È anche un riconoscimento del ruolo dell’immaginazione nel dare senso alle ferite, nel renderle narrabili e quindi condivisibili. In un mondo in cui il dolore tende a essere nascosto o banalizzato, Karen Blixen ci ricorda che proprio da lì può nascere qualcosa di straordinario, un oggetto o una storia capace di durare nel tempo, di attraversare i secoli come le antiche perle che ancora oggi adornano i ritratti delle dame del passato.

Capricci del destino, raccolta da cui è tratta questa riflessione, è un libro che custodisce racconti costruiti su coincidenze, fatalità e destini intrecciati, e questa citazione sembra condensare il senso più profondo dell’intera opera: la vita è fatta di eventi imprevedibili, talvolta dolorosi, ma da questi possono nascere storie, bellezze, gemme rare capaci di parlare ai cuori di chi le ascolta e di chi le legge.

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