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Cos’è la violenza secondo Isaac Asimov

Isaac Asimov è stato un grande scrittore, biochimico e divulgatore scientifico nato russo e naturalizzato statunitense. Vogliamo ricordarlo citando una sua frase che ben si applica alle tristi vicende con cui siamo costretti a convivere ogni giorno.

Nel giorno in cui ricorre l’anniversario di Isaac Asimov, scrittore, biochimico e divulgatore scientifico di enorme successo nato il 2 gennaio 1920 e scomparso il 6 aprile 1992, il nostro pensiero corre subito ad una sua citazione che potrebbe essere stata scritta e pensata per il periodo storico in cui stiamo vivendo.

“La violenza è l’ultimo rifugio degli incapaci”.

La violenza

La citazione di Isaac Asimov ha per protagonista la violenza. Prima di leggerla, scopriamo l’etimologia di un termine usato più che di frequente e con tante sfumature diverse a seconda dell’occasione d’uso.

Il sostantivo “violenza” deriva dall’aggettivo latino “violentus”, che significa “prepotente”, e a sua volta è un derivato del sostantivo “vis”, che indica “forza”, “vigore”, “possanza”, “prepotenza”. Nel termine latino “vis”, quindi, la forza è piuttosto neutra, e non rimanda necessariamente ad una forza negativa. Nel processo di aggettivazione, invece, “vis” perde i suoi connotati positivi, cosicché “violentus” significa usare la propria forza prevaricando qualcuno, essendo prepotenti. Da qui, si è arrivati al termine “violentia” che ha poi dato vita al nostro “violenza”, che ha anch’esso perso ogni connotato positivo.

Infatti, il vocabolario Treccani esplica la voce “violenza” usando le seguenti parole:

“1. Con riferimento a persona, la caratteristica, il fatto di essere violento, soprattutto come tendenza abituale a usare la forza fisica in modo brutale o irrazionale, facendo anche ricorso a mezzi di offesa, al fine di imporre la propria volontà e di costringere alla sottomissione, coartando la volontà altrui sia di azione sia di pensiero e di espressione, o anche soltanto come modo incontrollato di sfogare i proprî moti istintivi e passionali: un uomo rozzo e volgare, noto per la sua v., per la v. del suo carattere o temperamento; era incapace di dominare (o controllare, frenare) la v. della sua indole.

2. a. Ogni atto o comportamento che faccia uso della forza fisica (con o senza l’impiego di armi o di altri mezzi di offesa) per recare danno ad altri nella persona o nei suoi beni o diritti, quindi anche per imprese delittuose (uccisioni, ferimenti, sevizie, stupri, sequestri di persone, rapine): ottenere, carpire, costringere con la v.; ricorrere, o fare ricorso, alla v.; farsi consegnare il denaro con la v.; atto di violenza, come singola azione o comportamento (anche assol. violenza, che in questa accezione può avere il plur.: porre fine alle v. di un mafioso; essere sottoposto a continue v.); e come fatto e manifestazione collettiva, di gruppo: la v. della folla, delle masse; lo scatenarsi della v. popolare”.

Cos’è la violenza per Isaac Asimov

Ma veniamo adesso alla celebre frase di Isaac Asimov sulla violenza. Grazie ad essa, non solo riusciamo ad immaginarci quale sia l’opinione del grande intellettuale in merito a tutti gli atti che implicano la violenza e a tutti coloro che se ne macchiano, ma abbiamo l’occasione di riflettere su cosa stia accadendo in quest’epoca buia, dove tutto sembra sovrastato dalla forza bruta.

L’ultimo rifugio degli incapaci

Asimov scriveva che la violenza “è l’ultimo rifugio degli incapaci”. Cosa implica questa frase così breve eppure carica di idee importanti? Pensiamo agli ultimi accadimenti, vicini e meno vicini a noi.

È fresca di stampa la notizia che in Ucraina si sono perpetrate violenze di massa nei confronti dei civili, anche dei bambini. Come si possono giustificare atti simili? Dicendo che la guerra è necessaria ed è parte del processo dialettico che riguarda la storia? La città ucraina di Bucha è solo uno degli esempi lampanti di quanto sia cieca e barbara l’umanità.

Se non ci basta, spostiamoci in Siria, dove da anni si combatte una guerra che ha mietuto e continua a mietere innumerevoli vittime, fra cui tantissimi bambini innocenti. Gli ospedali bombardati, i civili mutilati, i 110 cadaveri di uomini e ragazzi ritrovati il 29 gennaio 2013 con le mani legate lungo il fiume Quwaik. La domanda è sempre la stessa. Possono i più potenti giustificare tante sofferenze in nome di una guerra?

E gli esempi potrebbero non finire qui. Potrebbero non terminare più, in verità, perché di guerre, ingiustizie e violenze, ce ne sono a bizzeffe in tutto il mondo. Ogni giorno muoiono moltissimi bambini in Afghanistan e in Yemen; in Africa i conflitti armati costringono intere famiglie a fuggire per evitare di morire a causa della povertà o della violenza dei guerriglieri.

E come possiamo sperare in un mondo migliore se non guardiamo neanche a chi è più vicino a noi, a tutti quei migranti che riescono a fuggire dai campi di detenzione libici e ripongono tutta la loro fiducia in una barchetta precaria che se non li farà arrivare in un posto ritenuto sicuro li farà annegare nelle profondità del mare?

La frase che Isaac Asimov ci ha lasciato rappresenta un tesoro prezioso da custodire nel cuore. Ecco cos’è la violenza: non è altro che la scorciatoia messa in atto da chi non è capace di risolvere i problemi. È il mezzo più subdolo e meno efficace di ottenere qualcosa. È il segno rivelatore che può farci comprendere l’indole della persona che la commette: non si tratta che di incapaci, uomini e donne che, ignorando le regole dello stare al mondo, fanno valere le proprie ragioni senza avere successo. Questo la dice lunga sul mondo in cui viviamo e sulle persone che siamo.

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