Il 22 agosto 1908 nasceva a Chanteloup (Francia), a 30 chilometri ad est di Parigi, Henri Cartier Bresson, uno dei grandi maestri della fotografia di tutti i tempi.
La realtà diventa arte con Henri Cartier Bresson
La realtà diventa arte nelle sue foto e oggi celebriamo l’anniversario della nascita di Henri Cartier Bresson del pioniere del foto-giornalismo, detto “occhio del secolo”.
Come sosteneva lo stesso artista “Uno ha un talento o non ce l’ha. Se hai un talento, ne sei responsabile. Ci puoi lavorare sopra“.
Oggi si può seguire la sua opera grazie Henri Cartier Bresson Foundation, attiva nel far vivere al Mondo l’opera del grande maestro della fotografia.
Per versatilità e discrezione Henri Cartier Bresson preferiva utilizzare le macchine Leica, che gli consentivano di scattare come amava: velocemente e senza dare nell’occhio, cogliendo il soggetto in tutta la sua naturale mobilità.
Le frasi più belle di Henri Cartier Bresson
Con queste frasi Henri Cartier Bresson testimonia la sua passione e la sua genialità per il mestiere che ha portato avanti per una vita: la fotografia.
Le fotografie possono raggiungere l’eternità attraverso il momento.
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Fotografare è mettere sulla stessa linea di mira la testa, l’occhio e il cuore.
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A volte c’è un’unica immagine la cui struttura compositiva ha un tale vigore e una tale ricchezza e il cui contenuto irradia a tal punto al di fuori di essa che questa singola immagine è in sé un’intera narrazione.
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Per me fotografare è un grido, una liberazione.
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La curiosità è essenziale alla fotografia, ma la sua spaventosa controparte è l’indiscrezione, che è una mancanza di pudore.
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Fotografare è riconoscere nello stesso istante e in una frazione di secondo un evento e il rigoroso assetto delle forme percepite con lo sguardo che esprimono e significano tale evento. È porre sulla stessa linea di mira la mente, gli occhi e il cuore. È un modo di vivere.
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Si muore tutte le sere, si rinasce tutte le mattine: è così. E tra le due cose c’è il mondo dei sogni.
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A volte mi chiedono: ‘Qual è la foto che preferisci tra quelle che hai realizzato?’. Non saprei, non mi interessa. Mi interessa di più la mia prossima fotografia, o il prossimo luogo che visiterò.
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Uno scrittore ha il tempo di riflettere prima che la parola si formi, prima di stenderla sul foglio. Per noi invece ciò che scompare, scompare per sempre e questa è insieme la nostra angoscia e l’originalità essenziale del nostro mestiere.
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Non è la mera fotografia che mi interessa. Quel che voglio è catturare quel minuto, parte della realtà.
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La fotografia è una mannaia che coglie nell’eternità l’istante che l’ha abbagliata.
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La fotografia è il riconoscimento simultaneo, in una frazione di secondo, del significato di un evento.
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Fotografare è trattenere il respiro quando le nostre facoltà convergono per captare la realtà fugace; a questo punto l’immagine catturata diviene una grande gioia fisica e intellettuale.
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La “tecnica” è importante solo se riesci a controllarla al fine di comunicare quello che vedi. La tua personale “tecnica” devi creartela e adattarla all’unico fine di rendere la tua visione evidente sulla pellicola.
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Cosa c’è di più fugace della espressione di un viso?
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Solo il risultato conta, e la prova conclusiva è data dalla stampa fotografica.
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Per me fotografare è un modo di capire che non differisce dalle altre forme di espressione visuale. È un grido, una liberazione. Non si tratta di affermare la propria originalità; è un modo di vivere.
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Credo che il contenuto non possa essere separato dalla forma. E per forma intendo l’interazione tra le superfici, le linee e i valori. Solo in questo modo, le nostre idee e le emozioni diventano concrete e possono essere comunicate. In fotografia, l’organizzazione visiva può provenire solo da un istinto molto sviluppato.
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Ogni volta che premo il pulsante dello scatto, è come se conservassi ciò che sta per sparire.
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