MILANO – Elliott Erwitt è universalmente annoverato tra i grandi maestri della fotografia mondiale di tutti i tempi. Il suo stile inconfondibile, caratterizzato dal bianco e nero e dal carattere ironico, è sempre mosso da un unico grande dogma: l’osservazione come punto di partenza per la realizzazione di qualsiasi tipo di scatto.
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Elliott Erwitt, giramondo
Erwitt è nato nel 1928 in Francia da una famiglia di emigranti russi. Ha trascorso la sua infanzia in Italia, sino al ritorno in Francia e poi al definitivo trasferimento negli Stati Uniti ed in particolare a New York, città che qualche anno dopo ha designato come sua residenza, anche se la sua concezione di domicilio è sempre stata quella di “luogo dove ti trovi in un dato momento, dal momento che non stai andando in nessun altro luogo”. La sua passione per il viaggio, dettata anche dal suo mestiere, lo ha portato a girare il mondo. Durante il periodo di studi alla Hollywood High School, Erwitt ha lavorato presso un laboratorio di fotografia con la mansione di addetto alla camera oscura.
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La sua carriera di fotografo professionista è iniziata tuttavia nel 1949 quando, durante un viaggio tra l’Italia e la Francia, ha realizzato scatti degni di nota. Nel 1951 è stato chiamato dall’esercito americano. In questo periodo non ha comunque mai smesso di fotografare. La grande opportunità per la sua carriera di professionista è venuta dall’incontro con personalità di spicco del mondo della fotografia dell’epoca, tra cui Roy Stryker e Robert Capa. Fu proprio quest’ultimo ad offrigli l’opportunità di unirsi alla Magnum Photos in qualità di membro. Da allora Erwitt svolge grandi servizi per l’agenzia, occupandosi sia di attualità sia di campagne pubblicitarie per aziende famose, ma seguendo sempre un doppio percorso: durante i suoi spostamenti, accanto alle voluminose attrezzature professionali non dimentica mai di portare con sé una Leica M3, piccola e maneggevole, di cui fa un uso strettamente personale, registrando tutto ciò che lo colpisce in modo particolare. Molte delle immagini per cui è diventato famoso nel mondo sono state scattate proprio da quest’apparecchio.
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Nel 1968 è divenuto presidente della Magnum, carica che ha ricoperto per tre volte. Ancora oggi è membro attivo, e resta una delle sue figure leader. Accanto alla fotografia, negli anni Settanta Erwitt svolge anche un’intensa attività di documentarista e sceneggiatore di serie televisive. Tra i titoli più celebri, ricordiamo Beauty Knows No Pain e Red White and Blue Grass, premiato dall’American Film Institute. Anche i suoi libri, all’interno dei quali ha raccolto tutto il suo sapere in materia di fotografia, hanno fatto la storia di quest’arte.
Fotografia e ironia
Erwitt ha realizzato la totalità dei suoi scatti in bianco e nero, con i quali ci offre una visione del mondo molto personale, che ignora per lo più il paesaggio, per concentrarsi quasi esclusivamente su persone e animali, colti in atteggiamenti apparentemente insignificanti e a volte anche comici, ma sempre in grado di suscitare empatia nell’osservatore. Ciò che emerge da queste fotografie sono le emozioni proprie degli esseri umani, viste e rappresentate in modo semplice e sincero, e sempre caratterizzate da un tocco di umorismo.
“Uno dei risultati più importanti che puoi raggiungere, è far ridere la gente. Se poi riesci, come ha fatto Chaplin, ad alternare il riso con il pianto, hai ottenuto la conquista più importante in assoluto. Non miro necessariamente a tanto, ma riconosco che si tratta del traguardo supremo”, diceva Erwitt.
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La sua visione fotografica si è sviluppata e rafforzata durante il secondo dopoguerra, periodo che ha visto dominare in modo quasi incontrastato il genere del fotogiornalismo documentario. Questo gli ha permesso di crearsi il proprio stile.
L’eloquenza delle immagini di Erwitt
“Chiunque può diventare un fotografo con l’acquisto di una macchina fotografica, così come chiunque può diventare uno scrittore con l’acquisto di una penna, ma essere un buon fotografo richiede più che la semplice perizia tecnica. Basta poco per capire se qualcuno è dotato di senso di stile, senso della composizione e un grande istintività. Tuttavia, tutte le tecniche del mondo non possono compensare l’impossibilità di notare le cose”. Al centro della poetica dell’artista sta proprio l’anima della fotografia, ovvero l’osservazione, l’attenta analisi della realtà che lo circonda.
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Questo gli ha permesso di giocare con i difetti propri dell’essere umano, eliminando tutte le velleità aleatorie, per giungere alla vera sostanza. Il suo è un mondo gentile, forse un po’ troppo ottimistico e vagamente fuori dal tempo, nel quale non c’è mai spazio per violenza, guerre, crudeltà e dove non compaiono né quartieri degradati né dimore sontuose, ma dominano cani, bambini e famiglie numerose, mentre anche i personaggi famosi sono ritratti nella massima spontaneità Lo spirito che muove l’artista e che ci permette di comprendere la sua passione per la fotografia è come le immagini abbiano un’eloquenza senza pari, non eguagliabile a quella propria delle parole e dei discorsi.
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