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Edoardo Albinati, “Leggo per vincere la noia”

Ecco l'intervista a Edoardo Albinati, testimonial di #ioleggoperché e vincitore del Premio Strega 2016 con il romanzo "La scuola cattolica".

MILANO – #Ioleggoperché si avvicina. Leggere è bello e sarebbe un peccato non fare niente perché le persone che non leggano non tentino, almeno, di provare questa gioia che tanti di noi conoscono.  Da sabato 22 a domenica 30 ottobre nelle librerie aderenti sarà possibile comprare i libri da donare alle scuole primarie e secondarie di primo e secondo grado. In più, gli editori raddoppieranno i libri acquistati dagli italiani, mettendo a disposizione degli istituti un numero pari di volumi. L’obiettivo è di popolare di migliaia di testi le biblioteche degli istituti scolastici che avranno aderito al progetto e ne avranno fatto richiesta. Ecco l’intervista a Edoardo Albinati, testimonial di #ioleggoperché e vincitore del Premio Strega 2016 con il romanzo “La scuola cattolica” (Rizzoli).

Cosa significa per te essere un “testimonial” di #Ioleggoperché?

Vivo questo ruolo, più che come scrittore, come lettore, perché poi è vero che una persona scrive ma la partenza di tutti coloro che amano i libri è leggere. Essendo stato io un lettore molto forte, soprattutto da ragazzo, è un’immagine che mi piace quella del ragazzo o della ragazza con un libro in mano nella sua camera.

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Chi le ha dato i primi libri che ha letto?

I primi libri me li hanno dati i miei genitori. Vedendomi appassionato, tutti i libri per ragazzi che si leggevano allora me li hanno comprati loro, anche se ho finito per leggere anche i loro libri. Mi ricordo, per esempio, di aver letto in quegli anni “Le città invisibili” di Calvino, dopo aver letto da ragazzino “Il barone rampante”. Poi a scuola ho avuto un bravo professore di italiano: si chiamava Walter Mauro e mi ha aperto la strada a tutte le altre letture.

Ci sono dei libri che, una volta che le sono capitati tra le mani, ha pensato che avrebbe voluto leggerli prima?

Non esistono questi libri, perché si fa sempre in tempo a leggere. Pur essendo io un insegnante di italiano, confesso senza pudore di aver letto per la prima volta “La coscienza di Zeno” un paio di anni fa. L’ho letto davvero, dall’inizio alla fine, andando finalmente oltre quei brani scolastici che insegnavo senza aver letto il libro intero. Sono arrivato alla conclusione che quello di Svevo sia davvero uno dei più bei romanzi non solo italiani ma europei del secolo scorso e l’ho due anni fa, da adulto. Ricordo di una signora vecchia, che ha letto per la prima volta a ottant’anni il “Candide” di Voltaire. Non è mai troppo tardi, insomma. Anzi, può succede talvolta di leggere un libro troppo presto e non capirlo. A me è successo con “Anna Karenina” di Tolstoj: l’ho letto la prima volta a vent’anni e non credo di averlo veramente capito, ricordo che non capivo di cosa parlasse. Sì, l’adulterio, il matrimonio, ma erano temi troppo lontani dal ragazzo che ero a vent’anni. Poi quando l’ho riletto a trenta, ho capito tutto, o meglio, è arrivato il momento giusto perché ci incontrassimo. Quindi, può succedere di leggere troppo presto ma non di leggere un libro troppo tardi.

Qual è l’età giusta per leggere “La scuola cattolica”?

Io penso che si debba essere maggiorenni. Per quanto riguarda i minorenni, sinceramente non me ne voglio prendere la responsabilità, però a 18 anni e un giorno si è pronti.

Com’è possibile trasmettere a un ragazzo il fatto che leggere è un piacere e una scoperta, e non un’imposizione?

I ragazzi non possono essere invogliati alla lettura obbligandoli a immaginare chissà quale beneficio, chissà quale utilità, per cui leggere libri serve, leggere libri è utile, leggere libri è una specie di dovere. Dovremmo provare invece a fargli vedere la possibilità – perché i libri sono una possibilità, e non un obbligo – che quello che leggono possa piacergli, che la lettura possa essere anche un piacere. Poi, dopo, non è che piacerà a tutti leggere, questo è impossibile. Non piace neanche a tutti il calcio o il balletto, ma ci saranno alcuni che si appassioneranno. Lo scopo della lettura deve essere il piacere, deve ritenersi un bel modo per passare il tempo, allo stesso modo con cui si pratica uno sport o si va al cinema o si fa una passeggiata. Quando la lettura sarà definitivamente equiparata a questo, anche dagli insegnanti, avremo fatto bene. Anche perché, francamente, non credo che la letteratura abbia un’utilità immediata. Però può darsi che, leggendo uno, due o tre libri, un ragazzo si appassioni e scopra che è un buon modo per passare il tempo.

Parliamo del libro con cui hai vinto lo Strega. Christian Raimo su Internazionale ha definito “La Scuola Cattolica”, il suo ultimo romanzo, un “trattato sull’educazione del maschio in Italia”. Cosa abbiamo sbagliato finora e cosa possiamo fare di diverso?

Quello che si è sbagliato è aver dato un modello di mascolinità e di virilità che è irraggiungibile, cioè quello della forza, del controllo, del dominio, un profilo maschile insomma che nessuno è in grado di soddisfare e rispetto al quale tutti i ragazzi sempre si sono sentiti frustrati. Quando cesserà questa frustrazione e i maschi potranno essere deboli e imperfetti come ogni altro essere umano allora penso che la strada sarà più facile da percorrere, sia per i maschi che per le femmine. Bisogna accettare l’imperfezione, accettare l’incertezza, e non viverla né come colpa, né come cosa che va eliminata o surrogata con l’aggressività e la violenza, con le pose e il bullismo.

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