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Marco Missiroli ci racconta il suo esame di maturità

"Per me è stata la prima prova di maturità, nel vero senso della parola". Marco Missiroli ci racconta la sua esperienza dell'esame di maturità

MILANO – L’esame di maturità, nel bene o nel male, ti resta nel cuore per sempre. È l’atto conclusivo di cinque anni bellissimi e allo stesso tempo tremendamente difficili, nei quali si inizia a fare i conti con la scoperta di sé, ci si inizia a formare una visione del mondo che differisce da quella dei nostri genitori, si inizia a intessere relazioni meno superficiali. E la maturità pone il sigillo su tutto questo, consegnandoci, ormai maturi, all’età adulta. Abbiamo chiesto a Marco Missiroli, riminese classe 1981, già vincitore del Premio Strega Giovani e finalista al Premio Strega 2019 con il suo nuovo romanzo Fedeltà, di raccontarci com’è stata la sua esperienza dell’esame di maturità.

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Missiroli, la maturità è un’occasione per crescere

«È incredibile come nel tempo non mi sia rimasto impresso come un incubo ma come un’esperienza, un’avventura grazie alla quale sono riuscito a crescere, a cambiare come essere umano. Ci sono arrivato con un forte senso di terrore e paura esistenziale: ero in un momento difficile a livello personale, perché stavo crescendo, perché non avevo fatto i passi come gli altri, perché Rimini era un bacino che non lascia pietà per quanto riguarda le persone, ero un po’ indietro emotivamente a livello di relazioni. Per cui sono arrivato alla maturità fragile.

Sono riuscito, però, a imbroccare gli scritti. Perché nel tema di italiano, una materia in cui io non spaccavo moltissimo (sì, diciamo che andavo bene, ma non così bene come volevo), è capitata una traccia meravigliosa: il male di vivere, con “L’urlo” di Evard Munch come stimolo artistico. E io cavalcai quello che stavo vivendo in quel momento lì: avevo il mal di vivere adolescenziale, ma riuscii a razionalizzarlo, incanalarlo e metterlo nero su bianco. E feci un bellissimo tema, mi ricordo che la commissione mi fece molti complimenti. Credo sia stata proprio quella la prima volta in cui ho cominciato a unire e a narrare la vita personale, unendola alla questione della scrittura, al tentativo di metterlo giù bene.

Il successo mi diede coraggio e azzeccai la prova di matematica. È stato un compito molto difficile, che io e la mia classe siamo riusciti a superare indenni, fortunatamente, e lo stesso è avvenuto per la terza prova. Mi presentai all’orale con la possibilità incredibile di prendere il massimo dei voti, tra le somme dei crediti e i voti degli scritti. Poi sono caduto sull’orale, per colpa di una domanda di fisica – materia che odiavo – che andò male. Presi quindi un voto alto ma non il massimo, che comunque non meritavo, quindi sono stato molto soddisfatto. Per me è stata la prima vera prova di maturità, nel vero senso della parola».

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