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Alberto Galla, ”Le politiche a favore della lettura possono far ripartire le piccole librerie e l’intero Paese”

''Un paese che legge è un paese che progredisce'', questo il messaggio lanciato dal presidente dell’ALI che sottolinea il valore fondamentale della cultura e della lettura per la ripresa del nostro Paese, in un momento di forte crisi per il settore delle librerie indipendenti...
Il presidente dell’ALI dà voce alle difficoltà che affliggono le piccole librerie indipendenti italiane e lancia un appello

MILANO – “Un paese che legge è un paese che progredisce”, questo il messaggio lanciato dal presidente dell’ALI che sottolinea il valore fondamentale della cultura e della lettura per la ripresa del nostro Paese, in un momento di forte crisi per il settore delle librerie indipendenti.

Può spiegarci in che modo si è giunti a questa situazione?
Premetto che da anni, almeno tre, le librerie indipendenti denunciano ingenti difficoltà a sopravvivere, nonostante molti pensassero che la legge Levi potesse mettere il mercato in una posizione più virtuosa. È chiaro però che casi clamorosi come quelli che si stanno verificando portino in evidenza il problema: una libreria storica come Hoepli, ad esempio, o anche le librerie Coop,  che pure non sono libreria indipendente, hanno dovuto ricorrere alla cassa integrazione. Che una libreria influente come Utopia, che per anni ha offerto un grande servizio alla città, si sposti dal centro di Milano alla periferia è grave. Di sicuro comunque è una libreria troppo importante per chiudere definitivamente,  in un’altra location avrà certamente nuova vita.

Può tracciare un quadro che, a livello generale, individui le responsabilità di tale crisi?

Le librerie soffrono per vari motivi, in primis l’incidenza delle spese rispetto ai ricavi e ai margini. C’è un grave problema di natura finanziaria: i fatturati, troppo bassi, non garantiscono risorse sufficienti per far quadrare i conti. Vi sono svariate responsabilità: al primo posto, molti librai indipendenti, preciso che non è il caso di Utopia, sono arrivati troppo tardi su una riflessione seria nell’innovazione della proposta. Ma la responsabilità è ampiamente diffusa in tutto il sistema. Molti editori ora si stanno muovendo per venirci incontro, la Mondadori, ad esempio, ha una sua proposta in questo senso e altri si stanno attivando per far pagare solo i libri che effettivamente si vendono. In passato tuttavia sono stati troppo sordi alle nostre esigenze.
Vedo però librerie molto coraggiose, anche se piccole, che sopravvivono enfatizzando i propri punti di forza: amore per i libri, legame con la clientela, lavoro con il territorio circostante, la ricerca di cose nuove per attrarre clienti e promuovere la lettura. Questo è per me un grande messaggio di speranza e cauto ottimismo: la situazione non è rosea, l’anno che inizia non si preannuncia migliore dello scorso – anche solo perché è anno di elezioni, e tradizionalmente in periodo di elezioni le librerie si bloccano –, ma mi rivolgo ai colleghi invitandoli a stare uniti e serrare le fila. E in qualità di presidente dell’ALI credo che l’associazione possa farsi megafono dei problemi e aiutare a cercare vie d’uscita.

Quali sono invece secondo lei le responsabilità delle istituzioni pubbliche?
Da sempre le istituzioni sono refrattarie ai temi della lettura, le politiche in Italia sono praticamente inesistenti. L’Associazione Forum del Libro proporrà appunto un’agenda per la cultura da sottoporre ai candidati delle elezioni e inoltre vi sono associazioni culturali che operano nella cultura in senso lato, come il Fai, che stanno muovendosi in questo senso, lanciando campagne come “Ripartire dalla cultura”. Il tema, piuttosto inascoltato, ma per me fondamentale, è che un Paese come il nostro ha bisogno della cultura, e della lettura, che ne è parte essenziale, per ripartire e progredire.
Purtroppo la politica si è concentrata su altre emergenze pressanti, come quella economica, o la questione lavorativa, ma anche questa della lettura è vera emergenza. Tanti operatori anche privati possono dare il loro contributo attivo: non abbiamo bisogno di soldi, ma di essere messi in condizioni che agevolino le proposte e le iniziative culturali promosse dalle libreria sul territorio. Sarebbe utile se per esempio si creassero le condizioni per un rapporto più virtuoso tra librerie e biblioteche. Ci sono Paesi dove l’attenzione alla lettura è molto più forte che in Italia. Sono convinto che se riuscissimo a innalzare anche di poco il livello della lettura, il Paese potrebbe progredire a livello culturale ma anche economico.

Ai suoi interlocutori editori invece cosa proporrebbe?
Una maggiore attenzione al catalogo e una maggiore apertura mentale che li porti a capire che svendere i libri, lanciare continue campagne e trovare tutti i modi possibili per aggirare la legge Levi non è assolutamente la risposta giusta. Li esorto invece a fare bei libri, veri prodotti di qualità, e a collaborare attivamente con le librerie per la loro promozione.

11 gennaio 2013

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