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Riavvicinarsi alla natura e alla socialità con la mostra ”Grow it yourself”

L’arte si fa portatrice di valori ecologici e sociali nella mostra “Grow it yourself”, allestita fino al 18 ottobre a Torino. Dalle pratiche collettive del farming, alle organizzazioni comunitarie, dal sistema delle fattorie, al crescente movimento degli orti urbani e al più...

E’ possibile un uso non capitalistico delle risorse naturali? La mostra “Grow it yourself” si propone di rispondere in concreto a questa domanda e lo fa mettendo l’arte al servizio della natura. Artisti internazionali tracciano la strada per rilanciare l’agricoltura e propongono modelli alternativi a quelli monopolistici della grande produzione.

 

MILANO – L’arte si fa portatrice di valori ecologici e sociali nella mostra “Grow it yourself”, allestita fino al 18 ottobre a Torino. Dalle pratiche collettive del farming, alle organizzazioni comunitarie, dal sistema delle fattorie, al crescente movimento degli orti urbani e al più generale rapporto tra produzione estetica e agroeconomia, ci si immerge in un mondo lontano dalle tendenze dominanti, dall’ economia di mercato e dalla capitalizzazione. Artisti, ricercatori e architetti si rendono intermediari di valori etici e sostenibili in questa mostra che protegge la terra e la natura.

 
ARTE NATURALE E SOCIALE – Torna anche quest’anno “Grow it yourself”, seconda mostra collettiva a cura di Marco Scotini, nell’ambito del programma artistico 2015 del PAV di Torino. Dopo il successo di Vegetation as a political agent, che intendeva restituire una storia politica al mondo vegetale, Grow it yourself si concentra su alcune recenti esperienze internazionali di forme cooperative di riproduzione sociale e del comune: dalle pratiche collettive del farming, alle organizzazioni comunitarie, dal sistema delle fattorie, al crescente movimento degli orti urbani, l’esposizione raccoglie una serie di esperimenti in cui la produzione agricola, nell’autogestione delle risorse naturali e le sue conseguenze sulle politiche alimentari, traccia un rapporto costitutivo tra pratiche artistiche e abilità sociali.

 

IL TESTO DI MARCO SCOTINI – Il critico d’arte e curatore della mostra, Marco Scotini, in un suo articolo scrive ‘Sembra strano, ma il giardinaggio emergerà tra le importanti forze economiche della resistenza al capitale. Le politiche del cibo si ripropongono come fuoco culturale e  simbolico al centro delle odierne disparità economiche, senza dubbio accelerate dalla crisi presente. Le implicazioni politiche  che convergono verso questo fulcro sono molte, se non altro, come afferma Silvia Federici, quelle che connettono direttamente la distruzione del potere economico e sociale delle donne nella transizione al capitalismo con il governo alimentare nel capitalismo stesso.’

 

IL RILANCIO DELL’AGRICOLTURA MEDIANTE ESPERIMENTI SOCIALI – In un momento di crisi dei sistemi di vita come quello attuale è possibile resistere alla subordinazione ai rapporti neoliberisti di produzione e sottrarsi al controllo dell’economia monetaria e di mercato? In altri termini: è possibile un uso non capitalistico delle risorse naturali, un’opposizione al modello di sviluppo espropriativo ed estrattivo che viene imposto in ogni latitudine del globo? Come reagire, per esempio, di fronte alla recente approvazione del Transatlantic Trade and Investment Partnership, TTIP, tra gli Stati Uniti e l’Unione Europea? Può l’esperienza dei Commons essere pensata quale fondamenta di un nuovo modo di produzione? Gli esperimenti sociali raccolti nella mostra Grow It Yourself affermano, nelle loro articolazioni e nella messa in campo di micropolitiche al confine tra pratiche artistiche e arti rurali, come oggi l’agricoltura possa divenire terreno di resistenza a partire dal quale tessere soggettività collettive.

 

MODELLI ALTERNATIVI DI RIAVVICINAMENTO ALLA TERRA – L’esposizione si sviluppa attraverso la ricerca dei collettivi Futurefarmers, Myvillages, Inland-Campo Adentro (ideato da Fernando Garcia-Dory con differenti artisti partecipanti) ed, infine, tramite un inedito contributo di Piero Gilardi. Esperienze, situate tra pratiche artistiche e agricole che, volontariamente, si propongono come alternative ai modelli dominanti del capitale e alla logica consumistica del mercato neoliberale, dei grandi apparati della distribuzione e i loro effetti sulla società contemporanea e sull’ambiente, sia fisico che sociale, fino all’affermazione della “sovranità alimentare”, in un processo di riavvicinamento alla terra e di “urbanizzazione rurale”.

 

IL RITORNO AI RITMI DELLA NATURA – Infatti in Grow It Yourself vengono indagate le politiche agro-alimentari e le dinamiche della produzione, i rapporti di potere che regolano i modi e le forme attuali in cui un prodotto della terra possa diventare cibo. L’educazione alimentare e la salute individuale e collettiva non sfuggono certo alla prospettiva conflittuale sui beni comuni. Tale è lo spazio in cui si colloca Grow It Yourself, che, a partire dall’etica e dalle pratiche Do it yourself mette in discussione le dinamiche monopolistiche della grande distribuzione agricola a favore dell’autoproduzione, quale pratica indispensabile se vogliamo recuperare il controllo sulla produzione alimentare, rigenerare l’ambiente e provvedere alla sussistenza.

 

MYVILLAGES – E’ un’iniziativa artistica di carattere internazionale fondata da Kathrin Böhm (Ger/UK), Wapke Feenstra (NL) e Antje Schiffers (D) nel 2003. L’interesse primario del gruppo è l’ambiente rurale in quanto spazio di produzione culturale, nel quale instaurare una relazione con pratiche più tipicamente urbane, diverse geografie e realtà. Le finalità collettive di Myvillages scaturiscono dalla natura contestuale delle specifiche pratiche individuali di ciascun membro e dal comune retroscena biografico: tutti, infatti, provengono da piccoli villaggi. Le attività di Myvillages spaziano da presentazioni informali su piccola scala a progetti di ricerca collaborativa a lungo termine, dal lavoro in spazi privati a conferenze aperte, dalle mostre alle pubblicazioni, dalle questioni personali, al dibattito pubblico. I lavori del gruppo sono stati esposti in svariate istituzioni europee ed internazionali, tra le quali citiamo il Kunstmuseum Thurgau, di Warth (Svizzera), Frieze Art Fair e la Tate Britain a Londra (UK), l’Eastside Projects di Birmingham (UK), la Künstlerhaus Bethanien e l’Haus der Kulturen der Welt a Berlino (Germania), il Bildmuseet di Ulmea (Svezia), e l’Ars Electronica Festival a Linz (Austria).

Myvillages è inoltre registrato come Fondazione (Stichting) Internazionale nei Paesi Bassi e al momento i membri del comitato sono Claudia Büttner (curatore, Monaco), Nathalie Houtermans (curatore, Rotterdam) e Gavin Wade (artista-curatore, Birmingham).Il collettivo Myvillages (fondato da Kathrin Böhm, Wapke Feenstra ed Antje Schiffers nel 2003) interviene in mostra con il risultato di veri e propri sforzi collettivi, con i lavori Made in Zvizzchi, Company. Movements, Deals and Drinks, I like being a farmer and I would like to stay one. Sarà inoltre presente un’esposizione dei prodotti acquistabili nei “punti vendita” della serie The International Village Shop, progetto in cui la creazione artistica interviene direttamente tra le maglie dei rapporti di produzione e di commercio.

  

FUTUREFARMERS – E’ un gruppo formato da artisti, ricercatori, designers, architetti, scienziati e agricoltori, uniti dall’intenzione di portare avanti un lavoro capace di incidere su ciò che ci circonda. Fondato nel 1995 a San Francisco, lo studio di design funziona da piattaforma per il supporto di progetti artistici, programmi di residenze e di ricerca. Attraverso pratiche partecipative, i Futurefarmers creano spazi ed esperienze capaci di ampliare le prospettive, anzichè restringerle, come invece avviene tramite un approccio scientifico più ortodosso. Questo lavoro che destabilizza ciò che è certo e comprovato, decostruisce i sistemi esistenti: così le politiche relative al cibo, al trasporto pubblico e alle aree rurali vengono analizzati e comprese nelle loro logiche intrinseche. A partire da questo processo di ‘smantellamento’, emergono nuove narrative che riconfigurano i principi che convenzionalmente dominano questi sistemi. Il lavoro dei Futurefarmers spesso fornisce strumenti giocosi, per permettere a chiunque di partecipare attivamente e inaugurare un cambiamento agendo sugli spazi delle nostre vite. Collettivamente, il gruppo insegna al California College of the Arts di San Francisco, il Mills College di Oakland e nei master congiunti di arte ed ingegneria della Standford University.
I Futurefarmers (Amy Franceschini, Anya Kamenskaya, Stijn Schiffeleers, Michael Swaine e Lode Vranken) presentano la documentazione video di alcuni lavori realizzati in situ nel corso degli anni. La mostra ospiterà Erratum: Brief Interruptions in the Waste Stream, Soil Kitchen, Annual Harverst e This is Not a Trojan Horse, esposto sia in forma video, sia in forma scultorea, realizzata grazie alla collaborazione con l’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino.

 

FERNANDO GARCIA-DORY – Fernando Garcia-Dory presenta il lavoro condotto in Spagna nell’ambito del progetto Inland – Campo Adentro, nato dall’esigenza di stimolare nel contesto metropolitano un dibattito in merito alle tematiche e le urgenze dell’ambiente rurale. L’esplorazione del territorio spagnolo diventa lo stimolo per ripensare nuove strategie per vivere la campagna e la città, abbattendo la visione dicotomica tra caratterizza il rapporto tra esse. La pratica artistica, in questo senso, vuole porsi come chiave per la transizione della società verso un futuro più sostenibile. Fernando Garcia-Dory ha elaborato una panoramica di questo articolato progetto appositamente per Grow it yourself, in cui saranno presenti i lavori di Mario Garcia Torres, Susana Velasco e del duo Espada y Monleon.

 

PIERO GILARDI – Infine Piero Gilardi propone Ecoagorà, installazione che consiste in un piccolo anfiteatro ottagonale di legno, luogo di discussione e confronto, che ospita, oltre alle persone, oggetti simbolici della riconversione ecologica (attrezzi per l’agricoltura biologica, alimenti e manufatti creativi) e che ha come sfondo immagini emblematiche del disastro ecologico. Ecoagorà non si limita al mero piano della rappresentazione, ma sarà fattualmente teatro degli incontri e dei dibattiti che la struttura vuole evocare. Nel corso della stagione estiva, infatti, il PAV ospiterà intellettuali, artisti e figure provenienti dal mondo rurale (tra cui Christian Marazzi, Silvia Federici, ecc), in un susseguirsi di momenti di riflessione stimolati dalle tematiche affrontate dalle opere in mostra. Artista e teorico, Piero Gilardi nel 1969 collabora alla realizzazione delle prime rassegne internazionali Op Losse Schroeven: Situaties en cryptostructuren presso lo Stedelijk Museum di Amsterdam, e When Attitudes Become Form, a cura di Harald Szeeman presso la Kunsthalle di Berna. Sempre nel 1969 comincia una lunga esperienza transculturale diretta all’analisi teorica e alla pratica della congiunzione Arte-Vita. Come militante politico e animatore della cultura giovanile conduce svariate esperienze di creatività collettiva nelle periferie urbane: Nicaragua, Riserve Indiane negli USA e Africa. A partire dagli anni Sessanta, attraverso i Tappeti natura, sua cifra stilistica, l’artista propone una personale rielaborazione del concetto di natura che si confronta con la storia, il presente in divenire, lo spazio e il tempo in progress della vita. A partire dal 1985 Gilardi esplora le nuove tecnologie e, insieme a Claude Faure e Piotr Kowalski, costituisce l’associazione internazionale Ars Technica. In qualità di responsabile della sezione italiana, egli promuove a Torino le mostre internazionali del gruppo Arslab. Nel 2000 è ideatore e fondatore del PAV – Centro sperimentale per l’arte contemporanea di Torino nel quale si fondono le sue esperienze relative al mutamento della natura e dell’arte in senso relazionale. Tra le personali più recenti si segnala Piero Gilardi. Effetti collaborativi 1963 – 1985, Castello di Rivoli – Museo d’Arte Contemporanea, Torino; Van Abbemuseum, Eindhoven; Nottingham Contemporary, Nottingham, 2012-2013.

 
INLAND- CAMPO ADENTRO – E’ un progetto che intende esaminare il ruolo dei territori, delle dinamiche geopolitiche, della cultura e dell’identità nella relazione tra le aree urbane e rurali nella Spagna contemporanea. L’obiettivo è quello di lanciare una strategia culturale a supporto della vita rurale coprendo un periodo di tre anni (2010-2013), elaborando specificamente un programma di conferenze internazionali, produzione artistica tramite un programma di residenze, una mostra ed una pubblicazione. Il progetto offre ad artisti, agricoltori, intellettuali, esperti di sviluppo rurale, responsabili di politiche del territorio, curatori e critici d’arte, una piattaforma aperta per presentare le loro ricerche e le loro pratiche. I contenuti vengono sostanzialmente raccolti e sperimentati qui, prima di essere indirizzati al resto della società.

 

INLAND- CAMPO ADENTRO –  E’ stato ideato e realizzato a partire dal 2010 dall’artista Fernando Garcia-Dory (1978). Il lavoro di Garcia-Dory si focalizza specificamente sulla relazione che oggi intercorre tra natura e cultura ed il modo in cui tale relazione si manifesta in molteplici contesti, attraversando le dinamiche della crisi (globale), la pulsione all’utopia ed un potenziale cambiamento sul piano sociale. Fernando Garcia-Dory ha studiato Belle Arti e Sociologia rurale a Madrid ed Amsterdam: al momento è impegnato nella preparazione di un PhD in Agroecologia. Alla sua seconda esperienza con il PAV di Torino, dopo la mostra Vegetation as a political agent, il lavoro di Fernando Garcia-Dory è stato esposto in istituzioni internazionali come l’ACC di Weimar (Germania), il Domain de Chamarande di Essonne (Francia), lo IASPIS e il Tensta Museum di Stoccolma (Svezia), la Biennale di Atene (Grecia), Frieze Art Fair di Londra (UK) e dOCUMENTA 13 di Kassel (Germania).

17 luglio 2015

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