Inaugura oggi allo Spazio Aperto San Fedele di Milano la mostra fotografica di Pietro del Re “APPUNTI FOTOGRAFICI. L’etica dell’inviato”
MILANO – Inaugura oggi alle 18 allo Spazio Aperto San Fedele di Milano la mostra fotografica di Pietro Del Re “APPUNTI FOTOGRAFICI. L’etica dell’inviato”, a cura di Denis Curti e Andrea Dall’Asta SJ, aperta fino al 1 marzo 2014. Poco prima, alle ore 17, all’Auditorium San Fedele si terrà l’incontro e dibattito con Denis Curti, Giuseppe Di Piazza, Maria Teresa Meli, Guido Rampoldi, Michele Smargiassi e Pietro Del Re sul tema della mostra.
L’UMANITA’ NELLA PROFESSIONE – È facile fare l’inviato. Basta andare, vedere e raccontare. Poi, però, quando si tratta di scrivere, o meglio, trascrivere ciò che si è visto e vissuto, è necessario adoperare il filtro della propria umanità. Come sostenevano Albert Londres e Ryszard Kapuściński, ma anche Egisto Corradi, Tiziano Terzani e Sandro Viola, bastano queste poche parole per riassumere l’essenza del mestiere.
RACCONTARE STORIE – L’etica dell’inviato, come esprime la sua stessa etimologia, consiste nel partire, armati di penna e taccuino, possibilmente con un bagaglio di buone letture alle spalle, per avvicinarsi il più possibile all’evento, alla catastrofe o alla guerra che va narrata. Rappresentare un’attualità spesso remota e cruenta, cercando di capirla per meglio spiegarla agli altri, proprio come farebbe uno storico del presente, è la sola ambizione di questa nobile forma del giornalismo.
SIMBOLOGIA DELLE IMMAGINI – Pietro Del Re, inviato per gli Esteri del quotidiano La Repubblica, parte anche lui con penna e taccuino verso i conflitti e i cataclismi che insanguinano il pianeta. Da qualche anno, Del Re porta con sé anche una macchina fotografica: per esplorare le nuove opportunità che offrono oggi le diverse piattaforme multimediali; ma anche per affinare lo sguardo del cronista, fissando con l’immagine delle realtà che diventano appunti fotografici. Ma è restrittivo attribuire agli scatti di Del Re solo uno scopo così funzionale e utilitaristico. Infatti, se la fotografia può fornire alla sua scrittura una più ricca tavolozza di umori e colori, il suo occhio giornalistico l’aiuta a capire e carpire un’immagine definendone i contorni simbolici.
UN IMMAGINE VALE PIU’ DI MILLE PAROLE – Non è quindi una coincidenza se le sue foto più ermetiche sono anche le più eloquenti. E se questi appunti fotografici hanno anch’essi, quanto le sue corrispondenze scritte, la forza di raccontare, testimoniare o denunciare, come lo sguardo vuoto e colpevolizzante di una bimba-prostituta in un bordello cambogiano, o come la scarpa insanguinata in un villaggio siriano appena bombardato dai caccia del regime di Damasco.
8 febbraio 2014
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