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Le biblioteche e i luoghi del sapere nella storia raccontati da una mostra al Colosseo

Apre al Colosseo la mostra che ha l'obiettivo di evocare gli spazi e i modi della trasmissione della conoscenza nell'antichità. Nasce dai risultati di due importanti scavi archeologici...

Fino al 5 ottobre 2014 è allestita presso il Colosseo l’esposizione ”La biblioteca infinita. I luoghi del sapere nel mondo antico” con inediti reperti archeologici

MILANO – Apre al Colosseo la mostra che ha l’obiettivo di evocare gli spazi e i modi della trasmissione della conoscenza nell’antichità. Nasce dai risultati di due importanti scavi archeologici: la scoperta a Roma degli auditoria di Adriano a piazza Madonna di Loreto, e dalle indagini archeologiche finora eseguite, e tuttora in corso, nel templum Pacis, lungo via dei Fori Imperiali e che hanno restituito inediti reperti, presentati adesso per la prima volta. Questi due edifici sono emblematici spazi pubblici. Gli auditoria erano composti da un insieme di sale destinate all’ascolto di pubbliche letture, e il ritrovamento a Roma è tanto più importate perché ad oggi è l’unico esempio di questa tipologia nella capitale dell’impero e, in generale, nei territori conquistati dai Romani. La rassegna è promossa dalla Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Roma e dalla Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, in collaborazione con Electa.

LA MOSTRA – Divisa in 7 sezioni, l’esposizione curata da Rossella Rea e Roberto Meneghini, con 120 tra statue, affreschi, rilievi, strumenti e supporti di scrittura documenta l’evoluzione del libro e della lettura nel mondo greco-romano dall’età ellenistica al tardo antico, così come i luoghi pubblici e privati dove si scambiava e si custodiva il sapere. In questa occasione i monumentali ambulacri dell’anfiteatro Flavio si rivestono di armaria, le antiche scaffalature, e di immagini degli spazi dedicati alla cultura in un inedito allestimento scenografico. Gli auditoria erano composti da un insieme di sale destinate all’ascolto di pubbliche letture, e il ritrovamento a Roma è tanto più importate perché ad oggi è l’unico esempio di questa tipologia nella capitale dell’impero e, in generale, nei territori conquistati dai Romani. Il templum Pacis, voluto da Vespasiano per sancire il ritorno alla pace dopo lunghi anni di lotte, era invece uno spazio policulturale costituito da un giardino porticato in cui erano esposte, come in un museo, le più belle opere d’arte provenienti dalla Grecia e dall’Asia minore, sculture e pitture, in parte già esposte da Nerone nella Domus aurea; il templum ospitava una famosa biblioteca – divisa nelle consuete due sezioni greca e latina – e auditori per conferenze, pubbliche letture e insegnamento: forse proprio qui insegnò Quintiliano. Straordinario complesso che nel IV sec. d.C. era ancora considerato una delle meraviglie di Roma. La storia di questi due edifici conclude il percorso antico della mostra, che mette in luce le differenze tra le biblioteche ellenistiche e quelle romane. Le prime erano luoghi chiusi, riservati al lavoro di pochi eruditi, e quelle romane veri e propri centri culturali in cui, al contrario di oggi, non regnava il silenzio: si frequentavano le biblioteche alla ricerca di testi rari, antiche opere, per confrontarsi con ricercatori e studiosi di varie discipline, per leggere ad alta voce e dibattere, per ascoltare e apprendere. La biblioteca era un luogo deputato al confronto culturale.

I LUOGHI DELLA CULTURA – Nelle sezioni iniziali della mostra si presenta una utile mappatura delle biblioteche e dei luoghi destinati alla diffusione della cultura nel mondo greco-romano, anche grazie all’ausilio di plastici che riproducono in scala le principali biblioteche dell’impero. Si passano in rassegna i casi delle biblioteche private – come la villa dei Papiri a Ercolano da cui proviene l’insieme di sette busti in bronzo rappresentanti intellettuali del tempo, da Saffo ad Eraclito e Democrito – e di quelle pubbliche a Roma: l’atrium Libertatis; la biblioteca ad Apollinis; la porticus Octaviae; la biblioteca Ulpia. Viene illustrata la produzione del libro e di tutti gli strumenti che consentivano la scrittura, come raffigurano tre affreschi inediti, appena restaurati, provenienti dal teatro di Nemi e conservati presso il Museo Nazionale Romano alle Terme di Diocleziano, mentre il rilievo proveniente dai Musées Royaux d’Art et d’Histoire di Bruxelles mostra gli arredi di una biblioteca. Dal Museo Archeologico di Atene, il rilievo con la rappresentazione di un amanuense.

L’EVOLUZIONE DELLE BIBLIOTECHE E DEL LIBRO – Un contributo particolare riguarda, nella settima sezione, le biblioteche di Roma antica nell’immaginario della Roma dei pontefici. In una efficace iniziale carrellata di immagini scorrono gli scenari delle biblioteche perdute, la fortuna che l’iconografia del libro e del lettore ha riscosso nella pittura rivolta all’antico. Tragiche istantanee del moderno bibliocausto e degli episodi esemplari della distruzione della memoria concludono la mostra. Nel percorso espositivo si scopre l’evoluzione che il libro ha subìto nel tempo, anche nelle sue caratteristiche, strettamente legate allo sviluppo della lettura: agli inizi le recitazioni a voce alta erano prevalenti. Per secoli, infatti, la prassi corrente e consolidata della lettura, da qualunque supporto scrittorio, è stata quella a voce alta, raramente sussurrata o silenziosa praticata l’una da lettori poco esperti, l’altra nell’intimità riservata a un documento privato.

24 aprile 2014

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