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L’arte oggettuale in mostra a Forte dei Marmi con ‘Percezioni visive’

Rifiuto delle forme classiche e bisogno di una nuova forma espressiva sono state le caratteristiche che hanno portato numerosi pittori e scultori del Novecento al allontanarsi dalla concezione piรน diffusa di arte.

Andare contro corrente, trasformare il concetto di arte, dar vita a tele enigmatiche. L’arte nei quadri-oggetto di Fontana, Bonalumi, Castellani e Scheggi in mostra dal 13 giugno al 15 settembre. A completare la rassegna, le opere di un artista contemporaneo, degno seguace di questi grandi nomi, Giuseppe Amadio.

MILANO – Rifiuto delle forme classiche e bisogno di una nuova forma espressiva sono state le caratteristiche che hanno portato numerosi pittori e scultori del Novecento al allontanarsi dalla concezione più diffusa di arte. A Forte dei Marmi arriva una rassegna che presenta 36 opere dei maggiori artisti che hanno rivoluzionato l’arte del Novecento. Dal 13 giugno al 15 settembre 2015, la Galleria Spirale Milano apre una sede temporanea sul litorale lucchese e ospita la mostra “Percezioni visive” raccontando i percorsi di quella corrente definita da Gillo Dorfles “arte oggettuale”. I capolavori di Agostino Bonalumi, Enrico Castellani, Lucio Fontana, Paolo Scheggi. A completare la mostra una ricca selezione di opere di Giuseppe Amadio.

 

ESTREME INNOVAZIONI D’ARTE – Caratteristica comune agli artisti oggettuali è la creazione di elementi tridimensionali, dei veri e propri quadri-oggetto, senza alcun riferimento figurativo, nei quali la tela, spesso monocroma, viene movimentata da strutture sottostanti, siano esse sagome di legno e metalli o chiodi, per conferirle un significato scultoreo. In queste opere, che richiamano Marcel Duchamp nelle sue sperimentazioni dadaiste, ma anche Man Ray e la Pop Art, la tela, il telaio e le intromissioni formano un elemento unico inscindibile nelle sue parti, pena la perdita della sua stessa essenza.

 

LA SPERIMENTAZIONE CONTINUA, GIUSEPPE AMADIO – Dal canto suo, Giuseppe Amadio, fa propria la lezione di questi artisti, giungendo a nuovi esiti espressivi, seppur in coerenza con quei dettami. Come scrive Vittorio Sgarbi nella monografia su Giuseppe Amadio, dal titolo ‘estro…ri…flessioni’: “anche nelle estroflessioni di Amadio, ogni oggetto è una storia diversa, un’avventura della forma che si giustifica per proprio conto, frutto di un’idea primaria, certo, ma anche di una messa in pratica che diventa basilare nell’elaborazione del fatto artistico e si rifiuta di essere un semplice pretesto del dettato iniziale, un modo come un altro per affermare la bontà del suo credo, riproponendo, semmai, i diritti di una precisa capacità configurativa, perfino artigianale, volta a escogitare, plasmando nella dimensione mediana e sfuggente, ancora in attesa di definizione, del “poco più che piatto”, o “poco meno del tutto tondo”, se si preferisce, quella che in passato era riconosciuta al bassorilievo, ovvero alla scultura che più di ogni altra, esprimendo la sua massima disponibilità a illustrare il tema nobile per eccellenza, l’historia, ambiva alla sovrapposizione con la pittura”.

 
AGOSTINO BONALUMI – Pittore italiano considerato una delle figure di maggior rilievo dell’arte astratta del ‘900. Riconoscendo la fine della spinta propulsiva dell’arte informale, collaborò alla rivista Azimuth che dava voce alla necessità di un superamento della situazione artistica contemporanea. L’opera di Agostino Bonalumi, pur nella costante fedeltà al mezzo artistico inizialmente scelto, è considerata da molti critici estremamente fantasiosa e sempre nuova nella creazione di giochi di luci ed ombre nuovi ed originali. Particolare attenzione va segnalata sul lavoro degli anni settanta-ottanta, con ombre prospettiche contrarie alle direzioni delle normali sorgenti di luce, creando appunto un effetto disorientante, questo approccio è da spiegarsi come elemento di rottura agli standard pittorici tradizionali, di fatto se nel corso della storia dell’arte l’uomo ha sempre studiato la prospettiva per creare un effetto pittorico realistico, Bonalumi la ribalta, o la distorce creando un suo personale ‘punto di vista’ in linea con il movimento primiano di cui faceva parte.

 

ENRICO CASTELLANI – Pittore italiano, considerato una delle figure di maggior rilievo dell’arte europea della seconda metà del Novecento. Dopo prime esperienze di carattere informale, ispirate all’action painting americana e soprattutto da Mark Tobey, riconoscendo questo tipo di arte come maturo per un superamento, elabora con la collaborazione alla rivista Azimuth da lui fondata insieme a Manzoni, un nuovo inizio, che propone l’azzeramento totale dell’esperienza artistica precedente, basato su un nuovo patto con il progresso sociale. Tale azzeramento viene realizzato da Manzoni, Castellani e Bonalumi con l’utilizzo di tele monocrome (spesso totalmente bianche) estroflesse con varie tecniche in modo da creare effetti di luci ed ombre cangianti con l’inclinazione della sorgente luminosa. Si trattò di un’esperienza del tutto originale e considerata di fondamentale importanza nella storia dell’arte astratta del novecento, non solo per quanto riguarda la scena italiana, ma soprattutto di quella internazionale, la cui eco influenzò ed ispirò Donald Judd che in un articolo del 1966 definì Castellani padre del minimalismo. Le opere di Castellani, nel mercato dell’arte, sono fra le più ricercate e costose fra quelle del novecento italiano, con quotazioni che hanno ampiamente superato il milione di dollari e sono regolarmente scambiate nelle aste più prestigiose quali le famose ‘Italian Sales’ di Londra. Già quando realizza la sua prima superficie a rilievo dà vita ad una poetica che sarà la sua cifra stilistica costante e rigorosa e definisce ciò che la critica ha chiamato “ripetizione differente”, considerata da molti critici di estrema purezza, dove la ripetizione accuratamente scelta dei pieni e dei vuoti data dalle ritmiche estroflessioni della tela costituisce un percorso sempre nuovo, anche se coerente e intenso. Da allora il suo procedere continua a svilupparsi nell’ambito dell’estroflessione, ma nella sua compatta e coerente produzione troviamo alcune opere che si discostano nettamente dalle superfici a rilievo, rivelando molto su temi cari a Castellani quali il tempo, il ritmo e lo spazio.

 
LUCIO FONTANA – Pittore, ceramista e scultore italiano, argentino di nascita, fondatore del movimento spazialista. Sin dal 1949, infrangendo la tela con buchi e tagli, egli superò la distinzione tradizionale tra pittura e scultura. Lo spazio cessò di essere oggetto di rappresentazione secondo le regole convenzionali della prospettiva. La superficie stessa della tela, interrompendosi in rilievi e rientranze, entrò in rapporto diretto con lo spazio e la luce reali. Le sue tele monocrome, spesso dipinte a spruzzo, portano impresso il segno dei gesti precisi, sicuri dell’artista che, lasciati i pennelli, maneggia lame di rasoio, coltelli e seghe. Tutto è giocato sulle ombre con cui, specie la luce radente, sottolinea le soluzioni di continuità. Come gesti apertamente provocatori vanno intese certe sue tele monocrome che, quali i buchi ed i tagli, scandalizzarono il pubblico anche per la facilità con cui è possibile rifarle. Numerosi furono infatti i falsari, ma pochi con un segno altrettanto sicuro.

 
PAOLO SCHEGGI – Artista italiano che ha rivolto le sue ricerche, fortemente interdisciplinari, problematiche legate alla percezione visiva, all’integrazione tra spazi reali e spazi virtuali. La sua attività si alterna tra le prime pitture-oggetto a elementi modulari e le Intersuperfici curve o a zone riflesse, utilizzando per tutta la sua ricerca il monocromo. Nel 1966 è presente alla XXXIII Biennale di Venezia dove presenta quattro Intersuperfici curve dal bianco, dal giallo, dal rosso e dal blu, e al XXI Salon de Réalités Nouvelles al Musée d’Art Moderne di Parigi. Importanti sono anche le ambientazioni, che lo portano a collaborare con il mondo della moda, del teatro, del cinema: in esse la modularità dei suoi quadri viene estesa allo spazio come accade, per esempio, nell’Intercamera plastica allestita alla Galleria del Naviglio di Milano nel 1967.

14 giugno 2015

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