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La pittura di Artemisia Gentileschi e il riscatto della donna

Giochi di luce e tinte violente contraddistinguono lo stile di una delle piรน grandi pittrici del Seicento. Artemisia Gentileschi, artista diventata simbolo del femminismo internazionale per le sue scelte di vita e per le sue battaglie, contribuรฌ alla diffusione del ...

Ricorre oggi l’anniversario di nascita di Artemisia Gentileschi. Una pittrice, ma soprattutto una donna. La sua arte attraverso un impasto di colori, ombre e forti luminiscenze create con sapiente maestria, dà vita alle più famose eroine bibliche, che nei suoi dipinti pare vogliano manifestare la ribellione alla condizione in cui le condanna il loro sesso

 

 

MILANO – Giochi di luce e tinte violente contraddistinguono lo stile di una delle più grandi pittrici del Seicento. Artemisia Gentileschi, artista diventata simbolo del femminismo internazionale per le sue scelte di vita e per le sue battaglie, contribuì alla diffusione del caravaggismo e riuscì a creare un linguaggio pittorico dotato di una forza espressiva poco comune. Utilizzando le armi della propria personalità e delle proprie qualità artistiche contro i pregiudizi che si esprimevano nei confronti delle donne pittrici, riuscì a inserirsi produttivamente nella cerchia dei pittori più reputati del suo tempo, affrontando una gamma di generi pittorici che dovette esser assai più ampia e variegata di quanto ci dicano oggi le tele a lei attribuite.

 

GLI ESORDI – Nata a Roma l’8 luglio 1593, cominciò a dipingere da giovanissima, dimostrando molto più talento dei fratelli, nonostante a quel tempo la pittura non fosse esattamente un “mestiere da donne”. A esse veniva infatti negato l’accesso alla sfera del lavoro e la possibilità di crearsi un proprio ruolo sociale, poiché una donna non poteva realizzarsi puramente come lavoratrice. D’altronde anche l’ambiente che le stava attorno era artisticamente molto fertile, dal Caravaggio che a quel tempo frequentava la bottega del padre Orazio mentre lavorava nella Basilica di Santa Maria del Popolo e nella Chiesa di San Luigi dei Francesi, Guido Reni e Domenichino che gestivano il cantiere a S.Gregorio Magno, e i Carracci che stavano terminando gli affreschi della Galleria Farnese.

 

LO STUPRO – Negli anni Settanta la sua popolarità raggiunse il vertice soprattutto per via della vicenda che la vide accusare il suo violentatore, il pittore Agostino Tassi (al punto da sottoporsi allo schiacciamento dei pollici per confermare l’attendibilità delle sue accuse, cosa che per lei, pittrice, non dovette essere solo un dolore fisico). Artemisia è divenuta così il simbolo del femminismo e del desiderio di ribellarsi al potere maschile: tuttavia questo fatto le fece un grande torto: l’avere spostato l’attenzione (ed averle attribuito un particolare successo) sulla vicenda dello stupro, mettendo in ombra i suoi meriti professionali, ormai ampiamente riconosciuti dalla critica, a partire da Roberto Longhi e dal suo pionieristico articolo del 1916 “Gentileschi padre e figlia.”

 

VIAGGIO IN ITALIA – Dopo la vicenda dello stupro, che suggellò in pittura con “Susanna e i vecchioni” del 1610 e “Giuditta che decapita Oloferne” del 1612-13 conservato al Museo di Capodimonte a Napoli, Artemisia si sposò e si trasferì a Firenze, dove fu ammessa all’Accademia delle Arti del Disegno, prima donna a godere di tale privilegio. Qui a Firenze entrò in contatto con importanti personaggi dell’epoca, primo fra tutti Galileo Galilei e il figlio di Michelangelo, che le commissionò alcuni dipinti. Ma la vita fiorentina era dispendiosa e perciò, soffocata dai debiti, Artemisia si trasferì nuovamente a Roma, ma pare non riscosse molto successo, per cui si spostò certamente a Venezia tra il 1621 e il 1630 in cerca di nuove e migliori commissioni. Infine, tornata da Venezia, nel 1630 giunse a Napoli, dove vi rimase per tutta la vita, a parte una breve parentesi inglese, alla corte di Carlo I, fanatico collezionista. Sono del periodo napoletano le tre tele che per la prima volta Artemisia si trovò a dipingere per una chiesa, la cattedrale di Pozzuoli: “San Gennaro nell’anfiteatro di Pozzuoli”, “l’Adorazione dei Magi” e “Santi Procolo e Nicea”. Morì poco dopo nel 1653.

 

RECORD D’ASTA – Il 26 giugno 2014 il suo dipinto ‘Maddalena in Estasi’ è stato aggiudicato da Sotheby’s a Parigi a 865.500€ rispetto ad una stima molto inferiore di 200.000-300.000€. Si tratta di un dipinto di grandi dimensioni con un’iconografia molto popolare all’epoca: un ritratto caravaggesco della Maddalena irradiata di luce divina, raffigurata nel momento dell’estasi mistica, all’apice della contemplazione.

 

8 luglio 2015

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