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Jacqueline Miu, ”Il futuro della cultura sta nella condivisione”

DAL NOSTRO INVIATO ALLA MILANO BOOK FAIR - Credere, creare, condividere. Sono le tre ''C'' che riassumono lo spirito della Milano book fair, voluto e ideato da Jacqueline Mou. La direttrice della fiera parla del suo progetto culturale, delle sue particolaritร  e delle difficoltร  incontrate nel corso dellโ€™organizzazione.

La direttrice della Milano book fair parla del suo progetto culturale, delle sue particolarità e delle difficoltà incontrate nel corso dell’organizzazione

MILANO – Credere, creare, condividere. Sono le tre “C” che riassumono lo spirito della Milano book fair, voluto e ideato da Jacqueline Miu. La direttrice della fiera  parla del suo progetto culturale, delle sue particolarità e delle difficoltà incontrate nel corso dell’organizzazione.

 

Da cosa nasce l’idea della Milano Book Fair?
La Milano book fair è un progetto articolato già dall’inizio per essere internazionale. Un progetto messo in piedi con molta umiltà, senza aspettarci i grossi numeri. Siamo piccoli, ma il progetto ha un senso: trattasi di un interscambio professionale, non soltanto per i visitatori, di servizi editoriali. Il visitatore trova il libro, ma chi espone trova i professionisti della distribuzione e della vendita. La Milano Book Fair è come se fosse un ingrosso: occorre far circolare i libri attraverso i distributori nazionali e internazionali. Tra i protagonisti della fiera, abbiamo un distributore da Buffalo e alcune agenzie letterarie provenienti dalla Francia. Tutti gli espositori stranieri hanno subito aderito, mentre quelli italiani si sono iscritti all’ultimo momento, probabilmente perché prima volevano vedere chi partecipasse effettivamente alla fiera.

Ci sono state difficoltà nel corso dell’organizzazione?
Coloro che non hanno voluto partecipare al progetto della Milano book fair lo hanno fatto per una loro idea politica o per difficoltà economiche. Oggi l’editoria più di altri settori ha bisogno di aiuti, che può offrire più la Regione o altri enti rispetto all’organizzatore, il quale, come  nel nostro caso, può soltanto offrire servizi di qualità con la minima spesa. Le infrastrutture di Milano ci hanno supportato. Qui non c’è censura, non passa la politica. Ho sentito illustri scrittori e personaggi del panorama italiano, i quali hanno chiesto il cachet o erano diffidenti perché alla Milano book fair non erano presenti alcuni dei giganti dell’editoria italiana. I grandi personaggi non devono partecipare a questi eventi solo per vendere libri, ma per spiegare al pubblico chi sono, come si scrive un libro, il proprio percorso di vita. Chi scrive libri, lo fa perché ha qualcosa in testa, e ha bisogno  di fiere come questa  e del pubblico per comunicarlo, non degli editori. Nella filiera non esistono solo gli editori. Senza il riscontro del pubblico, un autore resta soltanto una bolla della propria casa editrice.

La Milano book fair ha una forte connotazione scientifica. Perché questa scelta?
Duecento anni fa veniva realizzato il Duomo di Milano. Oggi con tutta la conoscenza e la tecnologia a disposizione, non riusciamo a fare una colonna. Non abbiamo più la visione periferica delle cose. Siamo tutti specializzati, super presi, ma abbiamo perso il bene comune, la collettività. Siamo “animali sociali”: dobbiamo condividere ciò che facciamo. Non condiviso, siamo niente, soprattutto uno scrittore. Per questo, ho lavorato per portare fisici, matematici, filosofi, scrittori e musicisti qui in fiera. Il lettore italiano non è snob, ma male informato: per velocità, prende l’informazione che lo impegna meno. Lotto per la condivisione: il futuro è portare persone capaci ed aprire le porte alle novità, alle idee, alle opinioni della gente, molte delle quali non trovano occasione di esprimersi.

In occasione della Milano book fair, è stato istituito il premio Nux. In cosa consiste?
E’ solo una statua, ma dal forte valore civico, morale, non dedicato ai vincitori, ma agli sconfitti-vincitori. Chi muore per un ideale, è più grande di chi ha vittorie nella vita. Giuseppe Girolamo, il ragazzo a cui è dedicato questo premio, non è più niente, ma ha dato senso ad un premio ritirato dai più grandi geni della terra, e senza bisogno di andare all’estero per usare la parola genio.

Cosa pensate di migliorare in vista della seconda edizione?
Se ci sarà una seconda edizione, ci piacerebbe creare uno spazio dedicato alle diverse iniziative e progetti dedicati alla promozione della lettura e della cultura. Una sezione in cui è possibile mostrare i propri brevetti al pubblico. Vorremmo diventare un fulcro della conoscenza, attraverso libri, scrittori e con i diversi progetti che possono accrescere culturalmente il pubblico. La cultura ha bisogno di visibilità. Occorre ripartire dalla cultura.

 

28 ottobre 2012

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