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Il maestro dell’Art Nouveau Duilio Cambellotti in mostra a Bari

Dal 27 febbraio al 14 giugno il Palazzo dellโ€™Acquedotto Pugliese ospita la mostra โ€œDuilio Cambellotti. Le grazie e le virtรน dellโ€™acquaโ€. La mostra dedicata a Duilio Cambellotti celebra il primo centenario dellโ€™arrivo dellโ€™acqua...

Monumento unico in Italia, il Palazzo dell’Acquedotto Pugliese di Bari si apre al visitatore come lo scrigno prezioso delle simbologie dell’acqua, delle sue grazie e delle sue virtù, realizzate dal genio di Duilio Cambellotti

 

 
MILANO – Dal 27 febbraio al 14 giugno il Palazzo dell’Acquedotto Pugliese ospita la mostra “Duilio Cambellotti. Le grazie e le virtù dell’acqua”. La mostra dedicata a Duilio Cambellotti celebra il primo centenario dell’arrivo dell’acqua nelle terre pugliesi (1915-2015), con un grande omaggio alla poliedrica personalità dell’artista che ha saputo dar corpo e figura alla celebrazione dell’acqua nelle terre assetate della Puglia.

 
L’EVENTO – Nell’evento espositivo la narrazione del lungo percorso artistico dell’autore, attingendo alle raccolte di materiali esistenti presso il palazzo dell’Acquedotto, musei, fondazioni, collezioni private, si compone di oltre centoventi opere in dipinti, disegni, illustrazioni, celebri sculture in bronzo come la monumentale “Fonte della Palude”, ceramiche, terrecotte, vetrate, mobili e quaranta bozzetti preparatori eseguiti per il Palazzo dell’Acquedotto, in un susseguirsi di argomenti dedicati: la spiga e l’ulivo, le mille e una notte, il mondo della natura, la grazia delle donne, le virtù dell’acqua, gli stili e gli arredi.

 
IL PERCORSO – In questa mostra le porte del Palazzo si aprono dunque sulle stanze dove l’acqua scorre da grossi vasi dipinti, dalle stele femminili di marmo sulle pareti, quasi divinità metafisiche, ieratiche e silenziose, dispensatrici dell’acqua risucchiata dalle vene di un fiume “addomesticato”, fino al trionfo del grande tubo dipinto sulle tele della Sala del Consiglio, trionfo della tecnologia idraulica accompagnata dalla danza delle lavandaie che strizzano lunghi panni bianchi mentre sugli ulivi sventolano al sole grandi bandiere di lenzuola messe ad asciugare. Nel Palazzo delle Acque, pensato e allestito come una favola, gli arredi sono concepiti come troni di rustiche principesse, gli armadi degli uffici stilizzate dispense di tesori sui quali vegliano volti femminili dai capelli d’acqua madreperlata.

 
Il poliedrico artista Duilio Cambellotti fu incaricato nel 1931 della decorazione e dell’arredo dell’intero complesso, a coronamento dell’immane impresa di ingegneria idraulica compiuta in una regione avara di acque fin da epoche antichissime. Realizzato fra il 1931 e il 1934, il lavoro che Cambellotti dedica al palazzo rappresenta la sintesi di un lungo percorso artistico che lo aveva visto protagonista nelle arti plastiche, della scultura, pittura, scenografia teatrale, ceramica, illustrazione editoriale, architettura e design, sperimentate di volta in volta con la stessa forza espressiva verso il mondo del lavoro, la terra in particolare.

 
IL PALAZZO – Costruito fra il 1925 e il 1935, il palazzo progettato dall’ingegnere ravennate Cesare Brunetti (Ravenna 1894 – Lecce 1962), si impone nel borgo murattiano per la maestosità dello stile architettonico ispirato al romanico pugliese. L’esterno del Palazzo, con i quattro piani rivestiti in pietra di Trani, contiene elementi architettonici chiaramente ispirati al vasto patrimonio civile e religioso locale. La progettazione degli ambienti e degli arredi del Palazzo è opera del Maestro Duilio Cambellotti, eclettico artista romano fra i più geniali del Novecento italiano, che donerà al Palazzo uno stile inconfondibile, al tempo stesso severo e gioioso, facendone un vero e proprio monumento all’acqua salubre. L’impegno di Cambellotti si articola in diverse fasi che riguardano il disegno architettonico di alcune sale, la decorazione pittorica, i pavimenti, gli arredi, completati dagli apparecchi di illuminazione, i tappeti e le maniglie per gli ambienti più rappresentativi del primo piano e dell’appartamento del Presidente al secondo.

 
L’ARTISTA – Duilio Cambellotti nasce a Roma nel 1876. Nel 1896 si diploma al Museo Artistico Industriale di Roma. I suoi primi lavori sono oggetti in metallo, lampade, gioielli e manifesti. Con Marcucci, Giovanni Cena, Angelo e Anna Celli, Sibilla Aleramo, s’impegna nell’opera di alfabetizzazione degli abitanti delle campagne dell’Agro romano infestate dalla malaria. Per le scuole dell’Agro, Cambellotti inventa decorazioni e illustra testi scolastici. Dal 1905 inizia la sua attività di scenografo e costumista per il teatro, un’esperienza che lo accompagnerà per quarant’anni e che si svolgerà tra il Teatro Stabile e l’Opera di Roma, il teatro all’aperto di Ostia antica e il Teatro Greco di Siracusa, realizzando alcuni spettacoli memorabili come “La Nave” di Gabriele D’Annunzio del 1907.

 
All’attività artistica Cambellotti unisce quella di insegnante, iniziata nel 1908 e svolta all’Accademia di Belle Arti, nelle scuole di ceramica di Civita Castellana e in quella Comunale del San Michele, confluita in seguito nell’Istituto Professionale di Roma. Nel 1917 inizia a lavorare nel cinema, realizzando scenografie, costumi e cartelloni per il film “Frate Sole”, al quale seguiranno, tra gli altri, “Gli ultimi giorni di Pompei” (1926), “La corona di ferro” (1941) e “Fabiola” (1949).

 
Nel 1931 viene incaricato della decorazione e dell’arredo della sede dell’Acquedotto Pugliese a Bari. La passione per la cultura del passato aveva ancorato Cambellotti ad un repertorio di forme riecheggianti comunque la classicità, escludendolo dalle rotture necessarie all’avanguardia; in questa occasione l’artista, già quasi sessantenne, riesce a rinnovarsi sia nel suo filone “studio”, qui adattato a eleganti uffici di rappresentanza, sia nel suo filone “povero-popolare” che trasforma in una esemplificata modernità per gli uffici tecnici. Nelle decorazioni parietali riprende antichi temi prediletti come le lavandaie che strizzano i panni e i cavalli che si abbeverano alle fonti. Negli arredi delle stanze destinate ai dirigenti inventa arditi connubi tra il romanico pugliese e il déco.

 
I suoi ultimi interventi sono per il Palazzo dell’Anagrafe a Roma (1938) e una grande Chimera di ceramica smaltata modellata per il Palazzo Grande di Livorno (1952). Negli anni Cinquanta l’artista continua a lavorare incessantemente, specialmente nella grafica e nel teatro. Muore a Roma nel 1960.

 

 
11 marzo 2015

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