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A Pordenonelegge tornato di scena i protagonisti del Campiello

E’ stato un premio Campiello all’insegna della diversità e dell’originalità: lo dimostrano i romanzi dei cinque finalisti che ieri 18 settembre a Pordenonelegge hanno animato un dibattito assieme a Gianmario Villalta, curatore della manifestazione friulana e al professor Luigi Matt, che ha fatto parte della giuria del Premio...

PORDENONE – E’ stato un premio Campiello all’insegna della diversità e dell’originalità: lo dimostrano i romanzi dei cinque finalisti che ieri 18 settembre a Pordenonelegge hanno animato un dibattito assieme a Gianmario Villalta, curatore della manifestazione friulana e al professor Luigi Matt, che ha fatto parte della giuria del Premio. Una giuria – ha spiegato – senza condizionamenti e con diversi approcci alla letteratura tanto che la cinquina finale , emersa dalla lettura di oltre duecento libri, è molto originale e diversificata. Per la prima volta, inoltre, come è noto, è stato premiato un autore , Ugo Riccarelli, recentemente scomparso.

Varie tipologie narrative dunque. Romanzo di formazione che guarda all’Inghilterra di fine ‘800 e romanzo d’appendice è Tentativi di botanica degli affetti di Beatrice Masini (Bompiani), cresciuta in luoghi manzoniani, attratta dal mistero della famiglia dello scrittore ma anche dalla storia dei neonati esposti, una tradizione che perdura fino alla fine della seconda guerra mondiale. Il romanzo ambientato nel primo Ottocento racconta la storia di Bianca, giovane donna del Garda, che decide di spostarsi nel milanese, ospite di un poeta ( Manzoni? )  L’uomo ha il pallino per l’agricoltura sperimentale, coltivando nella sua tenuta piante esotiche. A Bianca, abile nel disegno, viene chiesto di ritrarre le meraviglie del parco di casa e l’occhio della protagonista riesce a descrivere pittoricamente il mutare delle stagioni e i colori della natura. Ma nella villa c’è anche Pia, una servetta che gode di singolari privilegi. Bianca inizia così a indagare, finendo in un pericoloso gioco che va a toccare i suoi stessi sentimenti.

Di impianto postmoderno e prima parte di una tetralogia ambiziosa di oltre mille pagine è invece La Caduta  di Giovanni Cocco (Nutrimenti)
Si tratta di un ‘opera prima che affronta alcuni dei più gravi e sconvolgenti eventi contemporanei, dal terrorismo a Bin Laden e la sua uccisione, dalla Primavera araba alla strage di Anders Breivik, passando per l’uragano Katrina e la crisi finanziaria, vissuti in prima persona dai protagonisti del romanzo, L’autore insomma, dopo un intenso lavoro di documentazione, trasforma storia e cronaca contemporanea nel vissuto dei personaggi chiedendo al lettore, com’è nello spirito della narrazione postmoderna, collaborazione e partecipazione.

Ancora più sperimentale – uno zibaldone di prose filtrato dalla letteratura – è Geologia di un padre di Valerio Magrelli (Einaudi)
 L’autore ha raccolto negli ultimi dieci anni numerosi appunti sul padre ed indaga il rapporto in generale tra figura paterna e scrittore, a partire da Kafka attraverso un disegno narrativo disomogeneo: capitoli molto brevi si alternano a parentesi molto lunghe. Più che un romanzo è una raccolta di prose, frutto anche della prima esperienza dello scrittore nato poeta negli anni della Neo avanguardia. Il materiale collezionato di una vita è diventato il carburante per questo libro-ricordo fatto di storie in 83 capitoli (come gli anni vissuti dal genitore) che ripercorrono i viaggi, le avventure d’amore e di guerra, ma anche le giornate in cui il figlio spinge il padre sul girello, ormai piegato dalla vecchiaia. “Ogni libro – spiega Magrelli- deve nascere da un corto circuito emotivo ( la morte del padre) e formale ( la ricerca di una forma espressiva per lui nuova e diversa)”.

Un’autobiografia romanzata è infine L’ultimo ballo di Charlot di  Fabio Stassi (Sellerio). Con otto voti dalla giuria dei letterati, è il primo classificato della cinquina. Si tratta del racconto di un patto speciale fatto tra un vecchio Charlie Chaplin e la Morte che è venuta a reclamarlo, in cui ogni risata diventa un anno in più da vivere. “Una biografia immaginaria della morte” – la definisce l’autore- che prende spunto dal momento in cui , casualmente, Chaplin diventa Charlot raccogliendo a caso in un camerino degli abiti e specchiandosi si riconosce, cioè indossando una maschera, ritrova se stesso. “L’omaggio a Chaplin – rivela poi Stassi – è al mondo del cinema in generale : un’invenzione della morte che ci risarcisce del dolore concedendoci di trattenere la visione delle persone e del mondo a cui abbiamo voluto bene”.

Alessandra Pavan

19 settembre 2013

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