Sei qui: Home » Libri » Roberto Saviano a Pordenonelegge, ”Il riso uccide la paura”

Roberto Saviano a Pordenonelegge, ”Il riso uccide la paura”

DAL NOSTRO INVIATO A PORDENONE - Roberto Saviano e Stefano Piedimonte hanno raccontato il mondo della malavita campana a Pordenonelegge con Comicamorra come i clan non vogliono essere raccontati...
PORDENONE – Roberto Saviano e Stefano Piedimonte hanno raccontato il mondo della malavita campana a Pordenonelegge con Comicamorra come i clan non vogliono essere raccontati. Sono storie di boss ridicoli con strane manie, di banditi efferati ma cialtroni, sii racconta insomma quella parte di criminalità che prova ad avere atteggiamenti da mafia d’altri tempi ottenendo risultati grotteschi. Storie vere, incredibili, che nessuna fantasia riuscirebbe a riprodurre. Storie tratte dalla cronaca quotidiana, da atti giudiziari, dal racconto dei collaboratori di giustizia, che mostrano gli aspetti più assurdi e meno raccontati delle organizzazioni criminali. L’intento è quello di creare un cortocircuito: “Si può aprire una breccia nella credibilità dei malavitosi – spiega Saviano – attraverso il grottesco e il deforme.” Quello che ha fatto Stefano Piedimonte con Voglio solo ammazzarti (edizione Guanda) inventando storie e personaggi paradossali.
RACCONTI SARCASTICI ED AMARI – Si parte dalla cronaca, da articoli di giornali locali, da Facebook e dai racconti dei pentiti. Ne emerge un quadro sarcastico e amaro di mafiosi che si fanno arrestare solo perché non riescono a fare a meno di lasagne e pasta col ragù il giorno di Ferragosto: “Il ragù ha provocato più arresti della Polizia” chiosa Piedimonte. O piccoli boss che in piena latitanza non resistono a mettere su Facebook i loro scatti a Londra nel museo delle cere di Madame Tussaud: eccoli in posa con Obama e anche con Shrek. Di lì a poco saranno arrestati. O ancora latitanti che preferiscono ritornare in carcere piuttosto che convivere con la suocera. c’è chi si è presentato direttamente alla polizia penitenziaria: “Salvatemi”. E ancora c’è la ladra di gioiellerie che confessa i suoi crimini sul social network: è chiamata faccia d’angelo, ma la foto non rende giustizia del soprannome. E’  una delle tante donne che ora si mettono a rapinare negozi. “ Con la crisi – spiega Saviano – c’è meno affiliazione e si crea disoccupazione anche nella piccola delinquenza. La presenza delle donne si spiega con il fatto che i commercianti difficilmente si aspettano di essere aggrediti dal sesso debole”.  Il post su facebook naturalmente tradisce la “ Bonnie” di Miano. 
ALTRE STORIE – Tante altre storie sono raccontate e spiegate: i titoli e le smentite dedicate a “famiglia” e “ parenti” sono un modo di comunicazione tra clan perché quando un pentito è sui giornali significa che la ritorsione potrebbe cadere su parenti di primo e di secondo grado: “I paesi si svuotano” – spiegano Saviano e Piedimonte – e per non incorrere nell’ira dei boss c’è chi va in Comune a chiedere informazione anche sulle proprie parentele di terzo grado” . Ma è successo anche che il pentito dica di pentirsi di essersi pentito ed ecco perché è necessaria la smentita sui giornali locali a caratteri cubitali: il protagonista del curioso episodio è Rocco d’Angelo, non a caso detto o’cantante. Ci si pente per coscienza, per invidia ma anche perché non arriva la “ mesata”- spiega Saviano, che racconta assieme a Piedimonte queste storie per far vedere come queste persone siano piccine in realtà nella loro quotidianità e nei loro desideri ed impulsi quotidiani e banali. “Lo scrittore esce dalla saitella – dicono i due scrittori – dal tombino e narra per demitizzare il mondo della camorra e per renderne i protagonisti mediocri e anche un po’ vigliacchi, contrariamente alla paura che vorrebbero imporre”. 
TOGLIERE CREDIBILITA’ – Paradossalmente, il mondo della camorra cerca una propria normalità. Ecco che a Secondigliano, il più grande spaccio del mondo di droga, per non perdere tempo e per non assentarsi dal proprio turno di lavoro c’è la consegna della pizza e del pranzo.  Ecco che il periodo di latitanza – la cui divisa è la tuta in felpa perché è percepita “come una malattia”- per non dare nell’occhio si svolge spesso presso famiglie incensurate , mamma , papà, bambini, nonna, più difficili da schedare e da rintrecciare. In qualche modo insomma la camorra vorrebbe duplicare i riti della vita normale : la tredicesima, lo stipendio, il pranzo sul posto di lavoro: solo che il datore di lavoro è un malavitoso ed è questo che rende grottesco il tutto ancora di più quando si pensa a uno dei racconti che dice che la “ mesata” ovvero lo stipendio mensile agli affiliati serve anche per vestirsi da Babbo Natale e portare i regali ai piccoli del clan. La platea sorride e Saviano conclude, citando, il motivo ispiratore de Il nome della rosa: “Il riso fa paura e toglie la fede – dice lo scrittore – togliere un po’ di credibilità a questo mondo, è un piccolo passo verso la sua sconfitta”.
Alessandra Pavan

22 settembre 2013
© RIPRODUZIONE RISERVATA
© Riproduzione Riservata