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Paola Mastrocola, “Studiare non è una malattia”

La scrittrice e insegnante ha parlato del diritto allo studio solitario presentando il suo piccolo saggio “La passione ribelle”

PESCARA – Ascoltare Paola Mastrocola significa recuperare fiducia in un presente migliore. Ospite del secondo giorno del FLA Pescara Festival, il Festival delle Letterature dell’Adriatico giunto alla tredicesima edizione, la scrittrice e insegnante ha parlato del diritto allo studio solitario presentando il suo piccolo saggio “La passione ribelle” (Laterza 2015). È da questo titolo che Paolo Di Paolo ha tratto il titolo per la sezione “Ribelli e appassionati” che cura nel Festival diretto da Vincenzo D’Aquino e Luca Sofri e in corso a Pescara dal 5 all’ 8 novembre 2015. Di che tipo di ribellione si tratta? Dell’atto rivoluzionario di spegnere il cellulare, chiudere la porta e prendersi il tempo per studiare.

DISATTENZIONE ALLO STUDIO – «Davvero mandiamo i nostri giovani a scuola per 13 anni, affinché studino “per trovare un lavoro?” – ha esordito Paola Mastrocola di fronte a circa duecento spettatori fra docenti e studenti (che hanno salutato con un applauso la citazione del libro “Una barca nel bosco”, Premio Campiello 2004)  – Avranno tutta la vita per inseguire uno scopo: se c’è un’età per fare le cose per il semplice piacere di farle, anche solo per vedere dove ti portano, è proprio questa». Sono state inevitabili le riflessioni sui ritmi rapidi a cui siamo sottoposti e alla “progressiva disattenzione che stiamo destinando allo studio”, come introdotto da Paolo Di Paolo.

L’IMPORTANZA DELLA NOSTALGIA – «Essere studiosi non è una malattia – ha rivendicato con dolcezza Paola Mastrocola – anzi abbiamo il diritto di riscoprire la solitudine, di rieducarci all’ascolto e alla pazienza, di non essere coinvolti a priori in un lavoro di gruppo. Abbiamo il diritto di non produrre nulla, di approfondire un argomento senza uno scopo; il diritto di essere nostalgici. La nostalgia è desiderio di tornare: perché dovremmo sentirci fuori luogo nel manifestare la nostra malinconia o la nostra timidezza? Oggi un bambino timido viene quasi considerato da curare: essere introversi significa invece semplicemente “guardare dentro” ed è controcorrente in una fase storica in cui tutti guardano sempre fuori».

STUDIARE COME VIAGGIARE – Il tempo per lo studio viene dimenticato anche dagli insegnanti, commenta la Mastrocola, perché nessuno più chiede loro di studiare, bensì di intrattenere gli studenti e adeguarsi alle nuove tecnologie. «Eppure – conclude – studiare è come andare in barca a vela: non è uno spostamento da un luogo all’altro, è un viaggio fine a se stesso, privato dello spirito di competizione: come faccio a godermi il viaggio, se devo arrivare primo?».

Cristina Mosca

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