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”Mina”, esce oggi il libro che rende omaggio ai 75 anni della Tigre di Cremona

“La prima artista a giocare con la sua immagine, a distruggerla e a ricrearla con delle copertine folli, trent’anni prima di Lady Gaga.' questa è Mina, la celebre cantante, conduttrice televisiva, attrice e produttrice discografica italiana, rimasta una protagonista assoluta della ribalta musicale...

MILANO – “La prima artista a giocare con la sua immagine, a distruggerla e a ricrearla con delle copertine folli, trent’anni prima di Lady Gaga.’ Questa è Mina, la celebre  cantante, conduttrice televisiva, attrice e produttrice discografica italiana, rimasta una protagonista assoluta della ribalta musicale anche da quando, nel 1978, ha scelto di autoesiliarsi dalle apparizioni pubbliche per vivere una vita più tranquilla. Esce oggi in libreria ‘Mina‘, il volume che festeggia i 75 anni dell’esplosiva Tigre di Cremona scritto dalla giornalista Roberta Maresci, dal quale è stato tratto il documentario in onda oggi su Diva Universal (Canale 133 di Sky). La stessa autrice in questa intervista ci rivela alcuni dettagli e aneddoti legati al libro.

 
Da simbolo dell’Italia “brava gente” a Divina, quali sono state le tappe principali che hanno reso Mina la Tigre di Cremona?
Pur soffrendo di onicofagia (avendo l’abitudine – poi scomparsa – di rosicchiarsi le unghie) Mina ha cominciato a graffiare davvero quando non aveva gli artigli, da bimba. Da quando a Cremona costruiva ordigni che faceva esplodere nel cortile di casa, lasciando scie nere in terra: la gente che l’ha incontrata ha capito ben presto la sua natura di donna davvero esplosiva. Artisticamente l’ha scoperta la nonna Amelia che, dopo la bocciatura al quarto anno (scarseggiava in italia¬no, ragioneria, tecnica e diritto), prima di conseguire il diploma all’Istituto Tecnico per Ragionieri “Bel¬trami”, le fece prendere lezioni di piano e canto: la bimba prometteva bene. Lo dimostrò vincendo un concorso per interpreti nel 1955. Il resto è la storia di un’ex dorsista allergica all’ordine, al dovere. Donna di amicizia, stile e affetti, è stata capace di debuttare nel settembre del ’58 a Rivarolo del Re col nome di Mina Georgi, presentandosi con un abito da cocktail blu e bianco sottratto di nascosto alla madre. Nei ricordi Mina ne parla in terza persona e non ricorda cosa cantò: “No, è troppo, si arrabbiò perché la gente applaudiva. «Io canto per me. Cosa c’entrano loro?». Non aveva le idee chiare. O forse era troppo lucida. Si ricorda che alla fine di quella primissima esperienza scappò via perché i genitori non sapevano… non volevano. A diciott’anni era d’obbligo ubbidire. Ma non l’aveva fatto. E doveva correre a rimettere l’abito a posto il più in fretta possibile. Si ricorda che poco dopo, dietro le sue insistenze, il padre aveva convinto la madre a lasciarla fare: «Tanto, cosa vuoi, durerà qualche settimana questa follia. Lasciamola fare». La Lungagnona, invece, è ancora qui che rompe le scatole con quel piccolo meccanismo misterioso che sono le canzoni. Che lei ama e rispetta». Al punto da rifiutare l’invito di Federico Fellini a recitare. Perché lei appunto canta. E basta. Ma soprattutto stupisce: basta ricordarla nei film, negli spot di Carosello, nelle cover, nelle interviste. Piaceva eccome la sua faccia alla FRançoise Sagan. E piace ancora. Urlatrice, fu capace di incidere brani cantandoli una sola volta in studio fino a diventare la Tigre di Cremona che ruggisce ancora come un leone dal suo buen ritiro a Lugano. Dove studia, scopre talenti, scrive, ascolta musica e fa la vita che le va di fare.
 
Perché Mina è ritenuta ancora oggi una star italiana, nonostante dal ‘78 non appaia più ufficialmente in pubblico?
Perché Mina è avanti e lo è sempre stata. Fin da quando per prima capì che per difendersi artisticamente doveva fare una sua etichetta. È stata la prima a capire il cambiamento della televisione e a decidere di non farla. È stata la prima a indossare la minigonna in tv. È stata la prima a scegliere la famiglia al posto del successo. È stata la prima a non scendere a patti con botulini e acidi ialuronici, liposuzioni e vari rimedi estetici, per cancellare i segni del tempo o chili di troppo, scherzandoci su a suon di articoli. Come quando, nel ’66 disse: «Mi ha sempre divertita essere alta un metro e 78; non mi crucciavo di essere grassa, non mi rallegro adesso di aver perso sedici chili (infatti lo devo al mal di fegato). Soltanto per il mio naso ho avuto dell’insofferenza: ma ormai non lo cambierei. Bella io? Non lo so, non mi sono mai posta il problema, neanche quando ero ragazzina. I quattordici quindici anni sono in genere, nella vita di una donna, l’età dei “complessi”: si vorrebbe essere più magre o più rotonde, più alte o più basse, più brune o più bionde, soprattutto si vorrebbe assomigliare al “tipo di moda”. Io non ricordo di essere mai stata assillata da preoccupazioni del genere. A quindici anni ero alta come adesso, un metro e settantotto: un fenomeno, in confronto alle mie amiche. Eppure la cosa, anziché mettermi a disagio, mi divertiva: al punto che un giorno comperai un paio di scarpe con i tacchi altissimi, undici o dodici centimetri, e mi divertii a portarle guardando i miei coetanei dall’alto di un metro e novanta». La prima a presentarsi anche nella veste di suo ufficio stampa, è stata anche la prima a giocare con la sua immagine, a distruggerla e a ricrearla con delle copertine folli. Vent’anni. Anzi, trent’anni prima di Lady Gaga. E il web è un campo nuovo che la diverte e la interessa molto. Perché la Rete le permette di avere il pieno controllo artistico su ciò che fa. E su YouTube ha (per prima) aperto un canale tutto suo.
 
Quali aneddoti o particolarità sono emerse nel corso del tuo lavoro di scrittura relativamente all’artista?
Intanto emerge il suo “esserci senza esserci”. Poi emerge la figura di una donna fragile che ha (o aveva) paura di addormentarsi con la luce spenta, in difficoltà nell’affrontare il pubblico e impaurita di viaggiare con l’aereo ma che, quando le è capitato di farlo, giunta dall’altro capo del mondo aveva l’abitudine di chiudersi nella sua camera d’alber¬go e guardare la tv. Diceva: «Certo che è così. In qualsiasi par¬te del mondo mi trovi, non vado mai in giro. A New York non mi preoccupo di vedere la quinta strada, a Londra non mi accade di passare per Piccadilly. Sono pigra, le cose non mi interessano. E poi penso che, qualsiasi cosa uno veda in giro, non gli cambia niente di quello che ha dentro, nella mente e nel cuore». Dietro queste paure anche grandi dimostrazioni di una donna semplice, che ama cucinare per i propri cari, giocare a carte (tresette) con gli amici, che fa la nonna, che cuce e legge anche Paperino. Che ha carattere; nel rispettare e nel farsi rispettare. A me ha rispettato rispondendo tempo 2 ore alla mail inviata all’indirizzo che danno sul suo sito. La segreteria, ma mi ha risposto subito. Poco importa e lo condivido se non mi ha concesso una intervista: è stata coerente. Giusto. Però devo dire che mi ha divertito molto riportare nel libro tanti aneddoti, tra cui il racconto di quando Mina partorì alla Clinica Mangiagalli di Milano, nel 1963. Quando un fotografo che si chiamava Alexis era riuscito ad accaparrarsi l’esclusiva delle prime immagini della Mina gestante, di Massimiliano (il bambino di Mina e Corrado Pani), d’un Pani sconvolto dall’emozione d’esser padre; il collega, proprio perché conosceva ogni trucco del mestiere, aveva organizzato col piglio e l’abilità d’un agente del FBI un servizio d’ordine capace di rendere inaccessibile perfino il corridoio che portava alla camera numero uno occupata dalla cantante e dal neonato. Alexis aveva inchiodato con assi la porta riservata ai medici, in fondo al corridoio in fondo alla stanza di Mina, obbligando così il controllo di un posto di blocco. Aveva organizzato strategicamente il posto di blocco a metà corridoio, in un salottino dalle poltrone di plastica, dove riposava con un occhio aperto anche di notte assieme ad un assistente incorruttibile, scrutando sospettoso perfino le puerpere del piano. La stessa nurse di Massimiliano, i primi giorni, avvertiva timidamente Alexis ogni volta che varcava il posto di blocco, per andare in camera di Mina: «Vado a cambiare i pannolini al bambino». Lo stesso Alfredo, il fratello minore di Mina, piombato da Cremona per conoscere il nipote, si vide fermare da assistenti straordinari e fu costretto ad attendere che Alexis andasse a rilevarlo. E, se per caso i due guardiani erano costretti ad allontanarsi insieme per respingere un attacco massiccio di colleghi, la madre di Mina veniva consigliata di chiudere la camera a doppio giro di chiave. Così, una notte, il primario, professor Massazza, ignaro della parola d’ordine, attese dieci minuti buoni prima di varcare la soglia per visitare la paziente”.

Perché, secondo te, ha deciso di ritirarsi dalle scene?
Perché ha scelto di vivere e non di sopravvivere. Non la biasimo, anzi. Anni fa ha cercato di spiegarsi: «Vorrei che si ca¬pisse che sono una donna come tante altre, che vivo giorni lieti e giorni tristi. Mi sembra normale. In tanti anni avrei dovuto abituarmi alla curiosità del pubblico. E invece non ci sono riuscita. Da ragazza semplice, mi infilavo in un furgone e via a cantare in stadi gremiti di folla. Mi sentivo libera. Avevo il mondo in tasca. Poi quando ho cominciato a ve¬dermi i fucili puntati addosso, è subentrata la pau¬ra. Così ho scelto di starmene tranquilla, per avere meno noie possibili. Cerco di vivere come tante altre donne. Non mi sembra di chiedere la luna». Il punto è che Mina con la sua ugola, ha attraversato cinquant’anni della nostra vita, accompagnando da trionfatrice almeno tre generazioni. Poco cambia se la signora amava scorrazzare in lungo e in largo con la Lamborghini Miura, lei rappresenta un patri¬monio del quale andare orgogliosi e a lei dobbiamo dire tutti un grande grazie per aver scelto di scom¬parire dalla circolazione. Di non cantare o parlare mai più in tv, né di lasciarsi intervistare come Greta Garbo. Perché in questo modo, ha lasciato spazio alla leggenda che neppure le foto rubate possono scalfire. E a chi le ha chiesto recentemente un ritorno sul palco, la Diva ha risposto: «Può darsi che io mi decida a “tornare”. Sì, quando fossi completamente fuori di testa, pazza da legare, dementissima. E per citare un classico: “Tu non sai che peso ha questa musica leggera”.

 

25 marzo 2015

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