Sei qui: Home » Arte » Luca Pozzi, “L’arte allena l’immaginazione e permette di scoprire scenari incredibili”

Luca Pozzi, “L’arte allena l’immaginazione e permette di scoprire scenari incredibili”

conosciamo meglio il lavoro del visual artist, capace attraverso le sue opere di applicare le leggi fisiche all'arte.

MILANO – Un’attitudine che spinge chi la pratica a scoprire e rafforzare le relazioni tra le cose, partendo anche da cose estremamente banali. E’ questa la concezione di arte secondo Luca Pozzi, visual artist specializzato in Modellazione 3D e sistemi informatici all’Istituto “Albert Steiner” e laureato all’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano. Dal 2009 il suo approccio multidisciplinare lo porta a collaborare con istituzioni scientifiche come “Guest Artist” presso l’Albert Einstein Institute di Golm, Berlino; La Faculté de Science de Luminy, Marsiglia; la Penn State University, State College; il Perimeter Institute di Waterloo, Ontario. Luca ha di recente ridisegnato la facciata del Museo Ettore Fico di Torino con l’opera ”Wilson Tour Majestic”, un telo di PVC stampato a getto d’inchiostro (di 6 x 27 metri) installata sulla facciata del museo  raffigurante “il più grande rivelatore di particelle del Large Hadron Collider di Ginevra”. Esiste un punto d’incontro tra arte contemporanea e scienza? Come può variare un’opera d’arte? Ce lo spiega l’artista in questa intervista.

 

VEDI LA GALLERY CON LE OPERE DELL’ARTISTA

 

Come nasce la tua passione per l’arte?

Forse dal dubbio costante che la realtà non sia semplicemente come appaia, che aldilà delle convenzioni sociali e di alcune strane barriere invisibili energetiche si nascondano dei fenomeni molto complessi in grado di mettere a dura prova la nostra immaginazione. L’arte allena l’immaginazione e permette di scoprire scenari incredibili partendo da cose estremamente banali.

 

Ci puoi spiegare la tua particolare concezione dell’arte?

Credo che l’arte sia un’attitudine che spinge chi la pratica a scoprire e  rafforzare le relazioni tra le cose. Serve a condensare in un piccolo spazio la maggior quantità di informazione possibile in attesa che qualcuno di estremamente sensibile e connesso venga ad estrarla. Un’opera è come un  hard disk o ancora meglio, un immenso Bluetooth al quale connettersi per condividere la conoscenza senza verbalizzarla. Attualmente mi sto occupando di strane equivalenze tra una serie di congetture scientifiche nate in seno alla gravità quantistica, come la “Loop Quantum Gravity” la “String Theory”, la “Non commutative Geometry” e l’arte del passato più o meno recente.

 

Quali sono i punti d’incontro tra l’arte contemporanea e la scienza?

Il punto d’incontro tra le opere e le equazioni è la comune visione rivoluzionaria dei fenomeni universali. Per esempio, quando Maxwell ha teorizzato l’unificazione tra magnetismo e elettricità scoprendo l’elettromagnetismo, Monet aveva diciotto anni!

Entrambe le discipline si occupano dei limiti della conoscenza ed entrambe devono settare scrupolosamente le variabili del sistema affinché i risultati si possano vedere e apprezzare pienamente.

Al CERN di Ginevra, per esempio, accelerano fasci di protoni ad energie prossime ai 13 Tev per osservare come la materia sia in grado di assumere forme nuove al variare dei regimi energetici. Due cose uguali che si scontrano a energie diverse generano diverse forme di materia nuova. Più spingiamo oltre la quantità di energia e più siamo in grado di permettere a particelle estremamente pesanti di manifestarsi, spiegandoci di volta in volta comportamenti sempre più fondamentali.

La stessa cosa vale per un’opera d’arte, la materia è in grado di assumere forme nuove al variare dello sforzo immaginativo. Due cose uguali modellate dall’immaginazione di due persone diverse generano diverse forme di materia nuova.

 

A quali tuoi lavori-progetti sei più particolarmente legato?

A una serie fotografica realizzata tra il 2007 e il 2009. Si chiama “Supersymmetric Partner” ed è composta da nove scatti che ritraggono me stesso mentre salto di fronte alle grandi cene dell’artista rinascimentale Paolo Veronese…Ho viaggiato molto per quel progetto e ho avuto il privilegio di entrare, durante il giorno di chiusura, in musei incredibili. Per lo scatto davanti alle “Nozze di Cana” per esempio sono stato al Louvre e tutto era deserto e silenzioso. La stanza del dipinto del Veronese è la stessa della “Gioconda” di Leonardo. Mi sembrava assurdo poter saltare davanti a una tela di nove metri per sei, guardando negli occhi la Monnalisa. Poi forse “The Star Platform” realizzata per la Biennale di Marrachech con cinque oggetti sospesi in levitazione elettromagnetica e “ORACLE” composta da una macchina che ho inventato per disegnare con la luce da remoto.

 

Quali sono i tuoi prossimi progetti?

Attualmente ho una mostra in corso a Milano presso la Galleria FL in viale sabotino 22, fino al 18 dicembre e una al Museo MEF di Torino in via Cigna 114 fino a fine febbraio per chi avesse tempo e voglia di visitarle.

Attualmente sto preparando due installazioni inedite per il 2016 uno a Los Angeles e uno a Mosca, difficile parlarne però, sono ancora in una fase preliminare di documentazione e studio dove tutto può ancora cambiare.

© Riproduzione Riservata