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Giulio Xhaet, ”Per promuovere la lettura occorre integrare dinamiche online e offline”

L’autore del libro “Le nuove professioni del web” parla dell’evoluzione digitale dell’editoria, sempre più nel segno della transmedialità

 

MILANO – Sviluppare fiere e manifestazioni in ottica “All-Line”, integrando cioè le dinamiche online e offline, per creare interesse, dibattito e stimoli competitivi capaci di mantenere alto l’interesse di lettori, autori e addetti ai lavori per un periodo più ampio. E’ questo l’unico modo per dare un nuovo slancio al mercato editoriale secondo Giulio Xhaet, autore per la Hoepli del libro “Le nuove professioni del web”. Grande esperto di comunicazione su internet, Xhaet è direttore del progetto Web Media Academy, consulente new media in Cesop Communication – Job Meeting e in University.it ed è co-ideatore del progetto Learning by playing Social Surfer e Head of digital per La Settimana della Comunicazione, a partire dall’edizione 2012.

Come nasce il libro “Le nuove professioni del web” e a chi si rivolge?
Il progetto è nato in conseguenza al materiale di formazione e consulenza creato nei miei primi anni da New Media Strategist in Cesop Communication. L’occasione con la casa editrice è arrivata con un poco di serendipity: Luca Conti partecipava come relatore a un evento, e io ero tra il pubblico con l’abstract cartaceo in borsa. Sapevo che da poco curava la collana web & marketing 2.0 della Hoepli. L’ho incontrato e lasciato l’abstract con i miei contatti. Gli è piaciuto ed è iniziata l’avventura.

In che modi il digitale può riplasmare i contenuti dell’editoria?
Come successo per l’industria musicale e d’intrattenimento visivo, il libro cartaceo si tramuterà lentamente in un oggetto di culto, un’icona vintage per appassionati e collezionisti. A distribuzione meno massiva, ma più da intenditori. In realtà, allo stato attuale il mercato degli ebook è ancora irrisorio nello schema complessivo delle vendite, soprattutto in Italia. Questo perchè all’idea di ebook manca qualcosa che permetta di superare la diffidenza dell’utente medio, offrendo un valore aggiunto concreto ai lettori digitali. La soluzione potrebbe arrivare dall’unione tra ebook e applicazioni di “edutainment”, ovvero di educazione ludica.
Oltre a questo, come ho scritto nel libro, credo all’evoluzione del concetto di “transmedialità”, nella cosiddetta “lettura immersiva”: immaginiamo i libri quali oggetti narranti polimorfi in grado di mostrarci stralci di storia attraverso immagini e video selezionati in tempo reale. Come se il lettore avesse portato a termine una ricerca su Google per scoprire luoghi, oggetti, e personaggi appena descritti. In un click sarà possibile ascoltare i suoni percepiti e le canzoni ascoltate o citate dai protagonisti. Oltre a questo, acquistare oggetti e canzoni su luoghi quali I-Tunes e l’Android Market. Una giovane autrice statunitense è già andata oltre con The Survivors: un romanzo immersivo collegato ad account sociali su Twitter. Gli utenti-account sono i protagonisti stessi del libro, permettendo a questi ultimi di interagire con i fan e tenere interviste, come se esistessero realmente. Il decennio sarà votato alla sperimentazione. Nel 2020 le cose appariranno diverse da oggi per lettori, autori e case editrici.

Il digitale può a suo parere dare un nuovo slancio al mercato editoriale? In questo settore, quali nuovi profili professionali stanno nascendo?
Il cambiamento sul breve periodo sarà probabilmente più dannoso che fruttifero. I download illegali di molti libri saranno l’incubo quotidiano degli editori. Ma nel lungo periodo, con fantasia e inventiva si riuscirà a trasformare il mercato con attori dalle competenze anche molto diverse, sul piano professionale. Si sta assistendo ad esempio alla nascita del Content Curator, il selezionatore e curatore di fonti e notizie della rete, che lavora in parallelo al creatore delle notizie in molte redazioni oltreoceano. La necessità crescente di tale figura la spiega brillantemente Rohit Bhargava, global director di Ogilvy, in un suo celebre post: “in un mondo di notizie che raddoppia i suoi contenuti ogni 72 ore, diverrà ogni giorno più importante a presenza di professionisti che non creino ulteriore materiale, ma curino quello già esistente.” Affermazione condivisa dal celebre giornalista Jeff Jarvis, che nel suo blog The Buzz Machine spiega come le nuove generazioni di reporter dovranno seguire il motto “do-what-you-do-best-and-link-to-the-rest”: creare i pochi contenuti sui quali si è davvero specializzati e curare tutti gli altri. Sul fronte specialistico dell’editoria immagino degli editor in grado di ricreare ambienti immersivi migliori di altri, curando soluzioni anche differenti per uno stesso libro.

 

In Italia si legge poco rispetto agli altri Paesi secondo i dati Istat. Tra blog letterari, community, siti, secondo lei il mondo editoriale sfrutta a sufficienza il canale del web per comunicare e diffondere l’amore per i libri e la lettura o si potrebbe fare di più? Quali iniziative su web potrebbero essere utili in questo senso?
Si potrebbe fare molto. Oltre alle social community dedicate alla lettura, quali Anobii, che rimangono strumenti abbastanza di nicchia, punterei allo sviluppo delle fiere e manifestazioni, numerosissime su suolo nazionale, in ottica “All-Line”, integrado cioè le dinamiche online e offline. Come? Creando contest e gruppi sociali digitali dedicati ai partecipanti delle iniziative, creando interesse, dibattito e stimoli competitivi che vadano oltre le classiche 2-3 giornate della fiera, riuscendo a mantenere alto l’interesse di lettori, autori e addetti ai lavori per un periodo più ampio.

 

 

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