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Giorgio Simonelli, Fabio Fazio e Nicola Savino raccontano ”L’avventurosa storia della radio”

È stata ricca di interessanti scoperte la serata trascorsa ieri alla libreria Feltrinelli di piazza Piemonte a Milano in compagnia di Giorgio Simonelli, Fabio Fazio e Nicola Savino. Il professore di Giornalismo radiofonico e televisivo dell'Università Cattolica ha raccontato, insieme al noto conduttore televisivo e alla voce di Radio Deejay, le tappe principali della storia della radio...

Si è tenuta ieri a Milano la presentazione del libro del professore di Giornalismo radiofonico e televisivo dell’Università Cattolica, “Cari amici vicini e lontani. L’avventurosa storia della radio”, pubblicato da Bruno Mondadori

 

MILANO – È stata ricca di interessanti scoperte la serata trascorsa ieri alla libreria Feltrinelli di piazza Piemonte a Milano in compagnia di Giorgio Simonelli, Fabio Fazio e Nicola Savino. Il professore di Giornalismo radiofonico e televisivo dell’Università Cattolica ha raccontato, insieme al noto conduttore televisivo e alla voce di Radio Deejay, le tappe principali della storia della radio, magistralmente ricostruita nel  suo libro “Cari amici vicini e lontani”.

UN TELEGRAFO SENZA FILI – “Volevo che nel sottotitolo – ‘L’avventurosa storia della radio’ – ci fosse questo aggettivo, ‘avventurosa’, proprio per sottolineare come la storia di questo mezzo di comunicazione sia il risultato di coincidenze, casualità, errori”, spiega l’autore. Nel ripercorrere tale avventura, Fazio suggerisce di partire da un concetto: “Vorrei portare l’attenzione sulla parola ‘wireless’, un termine così moderno, che tuttavia è l’idea guida dell’invenzione della radio – non avevo mai pensato a questo aspetto”.  “C’è un aneddoto molto divertente raccontato dalla figlia di Marconi, che narra come il padre stesse posizionando dei trasmettitori nei giardini reali inglesi. La regina Vittoria, vedendolo ‘curiosare’ in posti riservati, in cui non avrebbe dovuto trovarsi, suggerì di ‘cambiare l’elettricista’, perché di lui non si fidava. Marconi stava proprio sperimentando delle tecnologie wireless”, racconta Simonelli. “Nella sua idea, la radio era un mezzo di comunicazione punto a punto. All’inizio, utilizzata soprattutto nelle guerre, era concepita come un telegrafo senza fili: la preoccupazione non era farsi sentire da quante più persone possibili, ma non farsi ascoltare da chi non doveva sentire. Il principio era quello del telegrafo, solo senza fili”. “C’era già allora il problema delle intercettazioni telefoniche!” scherza Fazio.

MEZZO DI INTRATTENIMENTO DOMESTICO – “In seguito la radio si trova a essere utilizzata per uno scopo diverso da quello per cui era nata, e questa è una delle grandi avventure attraversate dalla radio nel corso della sua storia”, prosegue l’autore nel racconto. “A un certo punto prevale l’idea che la radio debba essere utilizzata non per trasmettere dei segnali, come il telegrafo, ma per trasmettere voci e suoni. La radio capisce di essere l’erede del fonografo: deve andare nelle case per intrattenere le serate della borghesia. La seconda svolta, avventurosissima, è quella della notte del Titanic. Quella sera un giovanotto, David Sarnoff, figlio di emigranti russi in America, è radiotelegrafista in uno dei punti a terra. Trovandosi a mandare un SOS, Sarnoff fa questa riflessione: ‘con questo messaggio noi vogliamo raggiungere quante più persone possibili. Ma perché allora continuiamo a fare radio che trasmettono soltanto punto a punto, perché non mettiamo nella radio dei contenuti con cui raggiungere il grande pubblico?’ Questo giovanotto, che era fattorino, divenne amministratore delegato della RCA [Radio Corporation of America. N.d.R.]. Se poi sia andata veramente così, o se abbia venduto bene questa storia facendosi protagonista di una profezia straordinaria, non si sa”.

IL PRIMO MEDIUM MODERNO – “Sarnoff capisce che la radio deve diventare un oggetto d’arredo”, interviene Fazio. “L’Ottocento è un secolo in cui il tempo libero è ancora separato dalla vita domestica. Il cinema, invenzione più o meno contemporanea alla radio, in questo senso è ancora una grande arte  ottocentesca, basata su tecniche ottocentesche: la fruizione non avviene in casa, ma nelle sale. Il Novecento si apre invece su una nuova prospettiva: il consumo culturale si può esercitare tra le pareti domestiche – è questa l’intuizione di Sarnoff”, spiega l’autore. “La radio è il primo medium moderno da questo punto di vista”.


LA SVOLTA DEGLI ANNI SESSANTA
– A questo punto è Savino a introdurci a un altro dei grandi passaggi di questa storia: “La radio di adesso è lontana da quella di allora”, commenta. “Non è più un oggetto da salotto. Il pubblico l’ascolta per lo più in auto”. “La cesura è stata negli anni Sessanta”, riprende Simonelli, “quando la televisione ha sostituito la radio. Ma uno degli aspetti più belli di questo medium è proprio la sua capacità di adattarsi: la radio ha capito di non essere più il mezzo di intrattenimento principale, di dover occupare spazi e intervalli di tempo marginali, non più il salotto e la prima serata”. “Il nostro prime time difatti è tra le 7 e le 9 di mattina, ‘dal bagno all’auto’”. “E dal punto di vista dei contenuti, quale cambiamento è intervenuto in quel periodo?” chiede Fazio. “È stato a quel punto che la radio ha fatto della musica il suo nocciolo”, chiarisce l’autore. “La musica è sempre stata un contenuto importante, ma all’inizio non aveva questa preminenza. La programmazione era basata sul triplice principio di informare, intrattenere, educare. Negli anni Sessanta invece la musica diventa la modalità di narrazione specifica della radio. È stato allora che sono nate le piccole radio – in Europa Radio Luxembourg, Radio Montecarlo, l’inglese Radio Caroline. Queste trasmettevano la musica che le radio più grandi non passavano ed erano contrastate dal potere. Il governo inglese fece di tutto per ostacolare Radio Caroline. A Savona negli anni Settanta si ascoltava Radio Montecarlo perché su quel canale si potevano ascoltare canzoni non trasmesse dalle radio italiane” –  a questo proposito, il savonese Fazio sostiene di non ricordare: “Io non c’ero ancora all’epoca”, scherza.

IL PUBBLICO DIVENTA CO-AUTORE – “L’altra novità introdotta negli anni Sessanta da Radio Montecarlo”, riprende l’autore, “sono state le dediche. Può sembrare banale, ma per la prima volta nella storia della radio l’ascoltatore diventava anche autore”. “Sì, era la prima volta che il pubblico instaurava con un medium un rapporto biunivoco, non era più soltanto il destinatario”, commenta Fazio.

LE RADIO PRIVATE – Fazio e Savino parlano poi delle loro personali esperienze con le radio private, o radio libere. “La mia si chiamava Radio Vecchia Savona, la sede era in una vecchia torre, con una porta di ferro”, racconta Fazio. “Conducevo ‘La domenica sportiva’, che trasmetteva la radiocronaca delle partite del Savona. Alla fine della trasmissione dovevamo dare i risultati di tutte le partite del campionato. Come facevamo a saperli tutti? Semplice, telefonavamo ai bar”. “La mia si chiamava Radio San Donato, trasmettevamo da un ex macelleria. C’erano ancora i ganci sul soffitto a cui venivano appesi i quarti di bue”.

I PROBLEMI DI OGGI Si passa poi a discutere delle radio attuali, del degrado del linguaggio e dei contenuti di certe radio private di oggi. “Prendere la parola in radio allora era una tale emozione e responsabilità che mi spiace vedere questo spreco”, commenta Fazio. “In parte hai ragione”, concorda Savino, “certe volte si sente parlare di aria fritta. Sembra quel periodo del cinema italiano in cui c’è stata l’esplosione della commedia sexy”. “Io credo che la radio oggi sia vittima di una moda letteraria, che è quella del minimalismo: l’idea che si possa parlare della vita e del mondo attraverso dettagli minimi”, interviene Simonelli. “Si chiede per esempio ai radioascoltatori: perché ti sei svegliato allegro questa mattina? Le persone chiamano e danno la loro risposta” – non proprio una discussione brillante, insomma. “C’è poi un altro travisamento. Un tempo in radio si sentiva un certo tipo di linguaggio – era Gadda ad aver scritto il manuale delle parole da usare in radio – che oggi è stato abbandonato. Perché? Proprio a favore del mito imperante della spontaneità a tutti i costi”.

LA RADIO, UN MEZZO ANCOR OGGI DI GRANDE VITALITÀ – Tanto ci sarebbe ancora da dire sulla radio. Vista oggi come un oggetto familiare e un po’ démodé, la radio è stata in realtà una delle più dirompenti invenzioni tecnologiche dell’epoca moderna, che ha accompagnato momenti decisivi del secolo scorso e gode ancora oggi, nonostante le critiche che le si possano muovere, di un’insospettabile vitalità. Non ci resta allora che lasciarvi alla lettura.


4 giugno 2013

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