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Christina Dalcher, “Senza il linguaggio siamo inutili”

Intervista all'autrice americana, insegnante di italiano, linguistica e fonetica in diverse università del Regno Unito, prima di diventare ricercatrice presso la City University London

MILANO – “Ogni giorno pronunciamo in media 16.000 parole, parole che usiamo per lavorare, per chiacchierare con gli amici, per esprimere la nostra opinione. Immagina di poter dire 100 parole al giorno: non una di più. Ma soltanto se sei una donna…”. E’ questo l’incipit di “Vox“, il primo romanzo di Christina Dalcher, insegnante di italiano, linguistica e fonetica in diverse università del Regno Unito, prima di diventare ricercatrice presso la City University London. Protagonista del libro è  Jean McClellan, neurologa affermata che, a causa di una serie di leggi varate dal nuovo presidente degli Stati Uniti, non soltanto non può più lavorare, ma non le è permesso neppure leggere, scrivere, parlare, ma può soltanto pronunciare cento parole al giorno, e che lotterà per far crollare il sistema e restituire a sua figlia e a tutte le donne un mondo più giusto. Romanzo ispirato al movimento #MeToo? Lo abbiamo chiesto alla stessa autrice in questa intervista.

 

Come nasce questo tuo romanzo?

Data la mia esperienza nel campo linguistico, ho voluto ipotizzare un mondo in cui gli esseri umani erano privati della capacità di parlare. Se perdessimo questa abilità, saremmo finiti nel giro di un paio di settimane: diventeremmo animali. Pensavo che questo tema sarebbe stato una buona idea per scrivere qualcosa sul tema “catastrofico”. Ho voluto immaginare gli effetti a livello politico e personale di tale situazione.

 

Il tuo è stato definito “il romanzo del movimento #MeToo”. Sei d’accordo con tale affermazione?

Ci sono elementi nel mio libro che corrispondono alle paure legate a questo movimento. Quando si parla di donne oppresse, il legame con il movimento “MeToo” è scontato. Quando ho scritto questo libro l’estate scorsa, il movimento non era ancora esploso, ne io lo conoscevo. E’ stata una combinazione, non una mia intenzione. Volevo investigare quello che succede quando una persona non usa la sua voce, quali fossero le conseguenze. Volevo raccontare ciò che succede quando non prestiamo attenzione a ciò che ci circonda, che ci riguarda.

 

Da linguista, quanto pensi oggi sia importante avere padronanza di linguaggio per affermarsi e manifestare le proprie idee?

E’ fondamentale: cosa ci differenzia dagli animali? Sicuramente il linguaggio, la nostra capacità di parlare con voce e segni. Senza questa capacità, esclusiva degli esseri umani,  non possiamo ne esprimerci ne pensare, siamo inutili. Il linguaggio è l’unica cosa che ci rende esseri umani.

 

Pensi che ancora oggi nella società esistano delle donne “silenziate” come la protagonista del libro?

Sicuramente esistono situazioni in cui non solo le donne, ma anche gli uomini vengono silenziati.  Qualsiasi gruppo che voglia dominare sull’altro, vuole mettere a tacere l’altra metà. Ciò avviene sia a livello politico, sia domestico, in diverse zone del mondo. E’ una distinzione più ampia, che non riguarda solo le donne.

 

Insegni linguistica italiana in diverse università del Regno Unito. Quale reputazione ha la nostra lingua all’estero?

E’ interessante analizzare come l’Italiano viene percepito negli Stati Uniti. La maggior parte dei migranti italiani sono arrivati in un epoca in cui non volevano parlare la loro madrelingua, c’era la vergogna di essere visti come migranti. La lingua non è quindi stata trasmessa da una generazione all’altra. L’italiano nelle scuole non viene insegnato nei licei, dove si studia maggiormente spagnolo e francese, ma solo all’università. Un americano medio non ha l’ opportunità di imparare l’italiano normalmente, ne ha la percezione che la lingua sia molto utile, in quanto viene parlata solo in Italia. C’è anche da dire che quelli che conosco pensano che la lingua italiana sia la lingua più bella, più romantica, più lirica al mondo. Per questo continuo a studiare questa lingua e vengo spesso in Italia.

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