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Valentina D’Urbano, “Nel mio libro racconto le sfumature più nascoste delle donne”

"Sono una donna, mi piace parlare di donne. È il mio mondo e mi piace raccontarne le sfumature più nascoste", Valentina d'Urbano nell'intervista su "L'Isola di Neve"

MILANO – Con il suo ultimo romanzo, Valentina d’Urbano ci porta all’Isola di Novembre, un luogo solitario e suggestivo, teatro di una vicenda avvolta nel mistero tanti anni fa. Due storie parallele si intrecciano: quella di Neve, originaria di Novembre, la cui vita viene stravolta dall’arrivo di uno Straniero, e quella di Manuel e Edith, che cinquant’anni dopo si trovano a Novembre sulle tracce di un violinista, un tempo prigioniero sull’Isola. L’isola di Neve è un romanzo avvincente, che accompagna il lettore passo passo attraverso le atmosfere selvagge e rarefatte di un luogo ostile, isolato dal resto del mondo, eppure teatro di storie incredibili. Abbiamo intervistato Valentina D’Urbano per saperne un po’ di più su di lei e sul suo romanzo.

 

L’isola di Neve è ormai il tuo sesto romanzo, in cosa ti senti cresciuta come scrittrice rispetto al tuo esordio con “Il rumore dei tuoi passi”? E quali invece diresti che sono i tuoi tratti distintivi?

Da quando ho scritto il rumore dei tuoi passi sono passati quasi dieci anni. A parte il cambiamento anagrafico (tra ventitre e i trentatre anni c’è un abisso in termini di sicurezze personali, economiche, affettive, ecc.) mi sento “in via di risoluzione”. Non sono ancora arrivata dove volevo, ma di certo sono più vicina oggi alla mia realizzazione di quanto non fossi dieci anni fa. A ventitre anni ero arrabbiata, difficile, senza una direzione definita. Oggi almeno so dove voglio andare, e credo che si veda anche nei miei romanzi. Sto tracciando un percorso.

 

Nell’Isola di Neve, come anche spesso in altri tuoi romanzi, sono le donne ad avere un ruolo fondamentale. Come mai questa scelta?

Sono una donna, mi piace parlare di donne. È il mio mondo e mi piace raccontarne le sfumature più nascoste.

 

A cosa ti sei ispirata per l’ambientazione così suggestiva dell’isola?

L’isola di Novembre è ovviamente inventata, non esiste. Ma le atmosfere rarefatte, respingenti e a volte inquietanti le ho prese, anzi, rubate, all’Islanda. È una terra di cui mi sono innamorata perdutamente.

 

Qual è stato il personaggio che hai sentito più affine mentre scrivevi? E, invece, ce n’è stato uno più ostico?

A Edith, Manuel e Andreas ho voluto bene da subito. Neve, la vera protagonista di questa storia, ci ho messo un po’ a capirla. Prima di amarla davvero ho dovuto mettermi profondamente nei suoi panni e soffrire insieme a lei, vivere la sua vita, prendere le mazzate che aveva preso lei. È stata difficile da definire, ma dopo l’ho amata tantissimo.

 

Qual è lo stato della letteratura “al femminile” oggi?

Purtroppo esiste. Nel senso che, se abbiamo bisogno di mettere dei paletti a un tipo di narrazione definendolo “femminile” gli stiamo già dando una connotazione, un pubblico e un target. La stiamo marginalizzando. Ma la letteratura è letteratura e basta.

 

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