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Paolo Cognetti, “La montagna è libertà”

A Pordenonelegge Paolo Cognetti ed Enrico Brizzi, due scrittori accumunati dalla passione per la montagna e dalla scrittura, parlano del valore di vivere ad alta quota

PORDENONE – A Pordenonelegge due scrittori accumunati dalla passione per la montagna e dalla scrittura . E anche dal premio Itas, il primo per averlo vinto, il secondo per presiederne la giuria.

IL VALORE DELLA MONTAGNA – Che cosa significa andare e vivere in montagna per Paolo Cognetti ed Enrico Brizzi? “Sono nato e cresciuto a Milano – dice l’autore di Le otto montagne – e ho ricevuto  una educazione cittadina, detestavo la città che non era quella dei giochi in cortili, ma quella vista dalla finestra o addirittura dalla televisione. Poi però, d’estate, andavo in montagna ed era il momento della libertà.  Successivamente  tra tra i venti e  i trent’anni ho dimenticato la montagna: è stato il tempo della scoperta della metropoli, di New York. Anche se sembra strano non sono due luoghi in contraddizione; in quanto accomunati dal  senso di solitudine, dall’ostilità  e dalla paura che a volte possono incutere”. Anche per Enrico Brizzi la montagna è stata la scoperta successiva all’ età delle libertà, “superati i trent’ anni – rivela –  ci si trova davanti a un bivio e cosi, raffreddate le fascinazioni, sono andato alla scoperta dell’Italia e mi sono messo a  camminare, scoprendo che in fondo assomiglia alla scrittura: ci si trova parecchie volte davanti a un bivio e si deve sempre avere in mente la meta finale.

RAPPORTO VELOCITA’-LENTEZZA – “Più che di lentezza – spiega Cognetti – parlerei di profondità contrapposta a superficialità, di necessità di verticalità in opposizione alla presenza orizzontale dei nostri doveri, sociale, invadente e vuota. A un certo punto la scrittura si è inaridita e allora ho capito che stavo male sia come scrittore che come lettore e mi sono reso conto che la città non faceva più per me  e sono andato via per ritrovarmi. Ho dovuto aspettare un po’ per abituarmi al bosco e anche  il bosco ha avuto i suoi tempi per accogliere me” Anche per Enrico Brizzi camminare è stato terapeutico dopo un periodo di stanchezza della scrittura: “non pensavo che camminare fosse raccontabile e più che la montagna ho scelto le lunghe distanze, quelle che disegnavo sulle mappe da bambino dal Tirreno all’ Adriatico, riacquistando la capacità di meravigliarmi”.

LA MONTAGNA DA STERN A CORONA – Esistono due modi di raccontare la montagna; chi racconta il grande gesto e chi la racconta dal di dentro, quella vera, giorno dopo giorno. “Mario Rigoni Stern  appartiene alla seconda schiera perchè ha descritto  davvero la realtà della montagna – spiega Brizzi – lontano dall’atmosfera del  salotto per pochi intimi, ma descrivendo la  guerra dei poveri in Russia, in Albania, sulle Alpi francesi o la montagna semplice di Asiago, il luogo di cui mi sono innamorato da lettore,  protetto da Lari e Penati locali”. Dopo i grandi del passato da Lussu a Rigoni Stern, sono Messner e Corona a raccontare la montagna non quella dei grandi eroismi , ma quella quotidiana che sta scomparendo, perchè – concordano i due scrittori – vivere in alta montagna, condividendo abitudini globali dalla televisione ai social media è assurdo: non è l’altitudine a creare la montagna, ma come si vive.

IL FUTURO DELLA MONTAGNA – Nel libro “Le otto montagne” il padre  chiede al figlio ancora piccolo, di fronte al torrente, in montagna: “dove e’ secondo te il futuro di questo torrente?”, il figlio risponde “verso valle, verso quello che ancora deve accadere” Sbagliato! il futuro è sulla montagna, sembra “indietro” invece è da lì che può venire qualcosa  di nuovo”. Su questa sua immagine ritorna Cognetti “perché – ricorda – le Alpi sono il cuore selvatico dell’Europa, la risorsa da cui trarre ispirazione e bisogna convincere non tanto la gente di città, ma i montanari che non hanno una visione a lungo termine e spesso considerano la montagna una risorsa economica”. Questo è importante particolarmente ora, quando si sta registrando dopo mezzo secolo un lento ritorno alle valli. “E a guidare questo ritorno – conclude Brizzi – sono dei visionari che sognano un mondo diverso senza sopraffazioni: da qui bisogna ripartire”.

 

Alessandra Pavan

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