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I luoghi del “genio siciliano” nell’ultimo libro di Mario Grasso

Il critico Alessandro Centonze, consigliere della prima sezione penale presso la Corte di Cassazione, recensisce “Sicilia: luoghi del genio”, l'ultimo libro del poeta Mario Grasso

Non è semplice parlare dell’ultimo libro di Mario Grasso, intitolato “Sicilia: luoghi del genio” e pubblicato presso la Casa editrice “Prova d’autore”, perché quest’opera, geniale e non solo perché della genialità si occupa, condensa le esperienze intellettuali e i ricordi del suo Autore, che ha attraversato il dopoguerra letterario italiano, a livelli difficilmente comparabili con i suoi contemporanei.

L’ultimo lavoro di Mario Grasso, infatti, è un’opera saggistica che colpisce immediatamente il lettore per l’appassionata ricostruzione dei luoghi del genio isolano – individuati in Bagheria, Chiaramonte Gulfi, Comiso, Corleone, Lentini, Linguaglossa, Mineo, Modica e Palazzolo Acreide – e per l’idea geo-culturale che vi è sottesa, unica nel suo genere e senza paragoni nella saggistica, che si è occupato della provincia siciliana distrattamente e con un approccio generalmente stereotipato, alla fin fine condizionato dalla cinematografia di Pietro Germi.

Quest’opera, al contempo, colpisce fin dalle battute iniziali, per l’eleganza dell’approccio culturale che la sorregge, fondato sull’idea di una Sicilia non sempre conosciuta per le sue vivide risorse intellettuali, che il Maestro acese, da decenni punta a valorizzare. Su quest’idea, che anima e collega i riuscitissimi ritratti che compongono il volume, è costruita questa splendida opera saggistica che stupisce e appassiona, lungo le duecento pagine che la compongono, il lettore, che rimane, allo stesso tempo, impressionato per la sequenza di personaggi tratteggiati e ammirato per l’incomparabile conoscenza del mondo siciliano di Mario Grasso.

Tuttavia, nell’esaminare questa straordinaria ricostruzione della provincia siciliana non ci si può in alcun modo esimere dall’inserirla in un più ampio contesto culturale, rappresentato dal percorso intellettuale compiuto da Mario Grasso lungo un cinquantennio di attività letteraria, che lo ha portato ad affermarsi come una delle figure più e rappresentative del panorama letterario siciliano, che il nostro Autore ha rappresentato come pochi altri.

Mario Grasso è certamente il più grande poeta dialettale vivente della letteratura italiana; e già questo basterebbe a consacrare la sua ultima fatica letteraria nel novero, purtroppo ristretto, delle cose da leggere degli ultimi tempi.

L’importanza di “Sicilia: luoghi del genio”, a metà strada tra il reportage letterario e il saggio sul costume isolano, però, non sta nella sola cifra autobiografica dell’Autore, trovando la sua giustificazione nel panorama che Mario Grasso fornisce della genialità siciliana, esaminata attraverso il suo sguardo privilegiato, che è quello di uno degli ultimi eruditi della letteratura isolana, che ne impone la collocazione al fianco di Leonardo Sciascia, Antonio Pizzuto, Vincenzo Consolo, Giuseppe Bonaviri, Gesualdo Bufalino e Sebastiano Addamo.

La grandezza di questa generazione di eruditi consiste nell’essere riuscita a fondere il proprio impegno letterario, vissuto ai più elevati livelli, con la ricerca, saggistica ed editoriale, incessante di una Sicilia nascosta, consapevolmente o inconsapevolmente, nel tentativo di rendere la letteratura e più in generale l’arte siciliana autonoma; autonomia che discende dall’unicità dei suoi luoghi, alcuni dei quali, per un’alchimia misteriosa, riescono a fare risaltare in modo esemplare la genialità siciliana, non solo artistica. Ed è questo il caso dei Comuni, che si citano secondo l’ordine esposto nell’opera del Maestro acese, di Bagheria, Chiaramonte Gulfi, Comiso, Corleone, Lentini, Linguaglossa, Mineo, Modica e Palazzolo Acreide.

Questa genialità, è bene sottolinearlo, prescinde dal contingente successo dei suoi esponenti e dal riconoscimento dell’Accademia, troppo spesso nemica dei grandi personaggi siciliani.

Ed è proprio mettendosi alla ricerca di questi personaggi che Mario Grasso sviluppa il suo racconto della Sicilia geniale, portata avanti attraverso la riscoperte di figure in alcuni casi famose, in altri nascoste, dimenticate o addirittura sconosciute, ma rivelatrici della vera anima isolana: tra queste ultime mi sembra doveroso citare alcuni esponenti defunti del genio siciliano, riconducibili al mondo letterario, come lo scrittore semianalfabeta chiaramontano Vincenzo Rabito, autore dell’originale romanzo “Terra matta”; lo scrittore modicano Raffaele Poidomani, autore del dimenticato “Carrubbe e cavaleri”, una sorta di “Gattopardo” ante litteram; lo scrittore comisano Nunzio Di Giacomo, autore del romanzo “Lo sbandato Gabriele De Luca”; lo scrittore palazzolese, anch’egli dimenticato, Giuseppe Rovella.

Tuttavia, la ricerca della genialità siciliana condotta da Mario Grasso non si ferma al passato, tanto è vero che il nostro Autore ha dedicato una grande attenzione anche ad alcuni esponenti, viventi, della genialità siciliana, degni di essere menzionati per la loro levatura, che prescinde dalla loro notorietà. In questo contesto, il Maestro acese dedica una particolare attenzione ad alcuni esponenti viventi del genio siciliano, come il poeta dialettale linguaglossano Senzio Mezza; la poetessa modicana Ivana Castello; lo scrittore lentinese Alfio Siracusano; la poetessa comisana Adalgisa Li Calzi.

In questa cornice, il volume “Sicilia: luoghi del genio” costituisce una sorta di manifesto dell’impegno culturale portato avanti da Mario Grasso nell’ultimo trentennio, com’è desumibile dall’intrecciarsi delle epoche e dei paesaggi che si intrecciano nella sua eccelsa ricostruzione della genialità siciliana, con un andirivieni tra epoche diverse che appassiona il lettore e fornisce una conferma dell’assunto da cui muove l’Autore per parlare della genialità siciliana, raccontata attraverso una sorta di arcipelago geo-culturale. Così a Bagheria ci si muove tra Renato Guttuso a Ferdinando Scianna; a Chiaramonte Gulfi tra Serafino Amabile Guastella a Giuseppe Bonafede; a Comiso tra Gesualdo Bufalino e Giuseppe Di Giacomo; a Corleone tra Giuseppe Vasi e Francesco Bentivegna; a Lentini tra Jacopo da Lentini e Sebastiano Addamo; a Linguaglossa tra Santo Calì e Salvatore Incorpora; a Mineo tra Luigi Capuana e Giuseppe Bonaviri; a Modica tra Tommaso Campailla e Grazia Dormiente; a Palazzolo Acreide tra Giuseppe Fava e Luigi Lombardo.

Quanto al pericolo che alcuni centri siano stati ingiustamente trascurati, soprattutto quelli dell’area isolana occidentale, è lo stesso Mario Grasso a chiarirci il suo punto di vista, affermando: «Il serio dubbio che siano stati trascurati centri della Sicilia occidentale non ci fa sentire colpevoli, ma debitori di una ulteriore indagine, dalla Alcamo di Ciullo, alla Licata di Vincenzo Licata, Porto Empedocle dell’attuale Andrea Camilleri letterario e televisivo, alla Marsala di Nino Contiliano e Nino De Vita, e tante altre tappe da raggiungere, (non più a tavolino e con il solo comodo ausilio della biblioteca domestica), che potrebbero riservarci sorprese non meno interessanti di quante ne abbiamo approssimativamente trovate in una parte della metà orientale dell’Isola e in provincia di Palermo» (pagina 11).

Il volume “Sicilia: luoghi del genio”, dunque, costituisce la riflessione intellettuale di uno straordinario erudito, siciliano ma di respiro cosmopolita, portata avanti attraverso un’analisi acuta della vita isolana, che ha il suo riferimento, non solo letterario, nell’amore dell’Autore per il pensiero degli sconfitti, per i dimenticati e per i luoghi più nascosti, dove tali personalità trovano i loro spazi di sopravvivenza, spesso inspiegabilmente; luoghi del genio, a loro volta, sparsi sul territorio isolano in una sorta di arcipelago della genialità siciliana.

Le riflessioni contenute nell’opera di Mario Grasso nascono dalle esperienze personali e intellettuali del suo Autore, che, a mio avviso, devono essere distinte a seconda che riguardino esponenti della genialità siciliana, rappresentati da personaggi del lontano passato, personaggi contemporanei ma defunti e personaggi viventi. Per ciascuna di queste figure l’Autore effettua una rielaborazione, personale, frutto del suo genio letterario, dando vita a efficaci quadretti, che si possono leggere autonomamente, quasi atomisticamente, a prescindere dal centro dove la genialità del singolo “personaggio geniale” si è affermata.

A ben vedere, la frammentazione del percorso narrativo, che procede per isole culturali, rappresenta in maniera esemplare il punto di vista dell’Autore e ci consente di comprendere la scelta espositiva seguita per raccontare la sua idea della genialità siciliana, che, pur sviluppandosi in modo segmentato, alla fine viene ricondotto a unità, atteso che su ciascuna delle figure che compongono il caleidoscopio umano del genio isolano lo sguardo di Mario Grasso si sofferma con una riflessione sempre acuta e carica di umanità, mai scontata, in grado di cogliere l’essenza del personaggio, con un tono talvolta drammatico talvolta semiserio.

A quanto già detto, mi sembra doveroso aggiungere che il riferimento alle isole culturali siciliane di cui la panoramica condotta su Bagheria, Chiaramonte Gulfi, Comiso, Corleone, Lentini, Linguaglossa, Mineo, Modica e Palazzolo Acreide costituisce un richiamo volutamente non esaustivo, costituisce il momento di una riflessione sulla cultura e sulla letteratura isolana più ampio, che affonda le sue radici nell’amore dell’Autore, per un verso, per gli artisti sconosciuti o dimenticati, di cui si è già detto, per altro verso, per i luoghi dell’anima culturale siciliana, dove, spesso, le personalità più vivide della cultura isolana – non sempre sconfitte ma inevitabilmente marginalizzate – trovano il loro unico e possibile spazio di sopravvivenza, altrimenti loro negato, com’è evidente dal riferimento ad alcuni personaggi conosciuti solo da pochissimi straordinari eruditi come Mario Grasso, come il mineoto Croce Zimbone, il modicano Renato Civello o il corleonese Giuseppe Carracchia.

A queste isole culturali Mario Grasso dedica il suo splendido lavoro – che ha il suo antecedente in un capitolo, intitolato “I luoghi del genio”, di un fortunato volume del recente passato “Occasioni” – che è permeato di questa ricerca dei luoghi dove la genialità è riuscita a emergere prepotentemente grazie a condizioni, misteriose, altrove non riscontrabili. Questa prepotente affermazione è spiegata plasticamente dallo stesso Maestro acese, che afferma: «E, per noi, sull’onda di emozioni, cui abbiamo fatto seguire severe ricerche, lo stimolo a concludere si è presentato senza la necessità di cercarlo. Infatti tutto è venuto a trovarci, fino a casa, proveniente dai Luoghi di quasi mezza Sicilia […]» (pagina 11).

Un discorso a parte meriterebbe la riflessione dello stile letterario utilizzato da Mario Grasso, su cui vorrei soffermarmi conclusivamente.

A una prima lettura “Sicilia: luoghi del genio” sembrerebbe scritto da un autore di ispirazione gaddiana, anche se, a una lettura accurata, il libro presenta echi più arbasiniani che gaddiani.

Tutto questo, però, non ci può stupire, essendo Alberto Arbasino, secondo una sua fortunata definizione, un nipote di Gadda, rendendo comunque evidente una linea di continuità con il Maestro lombardo che Mario Grasso sicuramente gradisce.

Sinceramente penso, come ho detto altre volte, che Mario Grasso si definirebbe, almeno d’istinto, un epigono di Stefano D’Arrigo, anche se il tono brillante e semiserio utilizzato dal nostro Autore – che accomuna quest’opera al fortunato “Occasioni” – me lo fa collocare in un’area lontana da quella darrighiana, tutt’altro che brillante e semiseria.

Consiglio a tutti i lettori di immergersi nella lettura di questo straordinario racconto della Sicilia, dal quale rimarranno affascinati e appassionati, come raramente accade nella lettura di un’opera saggistica.

Alessandro Centonze

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