È esattamente il 20 Febbraio del 1909 quando sul giornale francese Le Figaro compare il Manifesto Futurista pubblicato da Filippo Tommaso Marinetti. Quella che presenta è un’idea tutta nuova, che va contro le tradizionali regole artistiche. L’intenzione è quella di portare l’arte fuori dalle accademie e dentro la modernità.
La storia e i protagonisti
La corrente artistica del futurismo nasce sì in Italia, ma sarà poi accolta anche nel resto d’Europa. La sua storia si può dividere in due fasi: la prima fase, che si conclude con lo scoppio della Prima Guerra Mondiale, è interamente concentrata nella città di Milano. La seconda fase invece, nata dopo la fine del conflitto, si sposta verso Roma e prendendo sfumature più politiche. Il più importante rappresentante del Movimento fu Umberto Boccioni seguito da Giacomo Balla, Gino Severini, Fortunato Depero e Carlo Carrà. La morte di Boccioni nel 1912 segna la netta divisione tra le due fasi. I protagonisti del futurismo rinnegano in un certo senso il passato artistico e credono fortemente nel frenetico, dinamico e moderno presente.
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Il manifesto e i nuovi principi
L’ideale espresso nel Manifesto si realizza con diverse forme e in diversi ambiti. La pittura e la scultura non sono le sole protagoniste di questa rivoluzione, anche la letteratura è coinvolta, dove Marinetti presenta le “parole in libertà” cioè parole lasciate sul foglio senza un legame sintattico-grammaticale. Anche la fotografia trasforma il suo modo di comunicare, il regista Anton Giulio Bragaglia crea la tecnica del “fotodinamismo futurista”. Il futurismo accoglie tutto ciò che è moderno, dinamico, veloce e industriale. Questa nuova corrente è violenta, sia per il distacco che impone nei confronti delle convenzioni passate, sia per i temi rappresentati cioè macchine, manifestazioni e risse. C’è anche un forte senso di patriottismo e di esaltazione della guerra, che poi porterà, nella seconda fase, alla nascita di un forte legame con la nuova ideologia fascista.