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Daniel Pennac, “Volevo avere notizie dei Malausséne, così ho cominciato a scrivere”

Venerdì sera Daniel Pennac era a Milano alla Feltrinelli di piazza Duomo dove ha parlato de "Il caso Malaussène" (Feltrinelli)

MILANO – I Malaussène sono tornati, così come in Italia è tornato il loro autore, Daniel Pennac. Venerdì sera era a Milano alla Feltrinelli di piazza Duomo dove ha parlato de “Il caso Malaussène” (Feltrinelli), il primo volume di una nuova serie che in totale sarà costituita da due libri. A presentare l’autore de “Il paradiso degli orchi” c’era Claudio Bisio, che anni fa aveva portato a teatro la saga. La libreria era piena e le persone entusiaste, felici di incontrare quell’uomo che dopo vent’anni è tornato a prendere in mano quella saga che aveva fatto innamorare di sé tanti lettori.

LE RAGIONI DEL RITORNO – “Quattro o cinque anni fa uscivo dal cinema e una bambina mi ha chiamato – ha raccontato Daniel Pennac – mi ha indicato un vecchio e mi ha detto che era suo nonno e che era stato un mio allievo. Allora mi sono reso conto che la mia vita era passata velocemente e mi sono chiesto cosa fosse dei piccoli Malaussène. Avevo voglia di avere notizie di quei personaggi così ho deciso di scrivere”.

LA VICENDA – Daniel Pennac in questo nuovo libro si apre alla modernità, lasciando spazio, per esempio, ai social network e ai talk show, in una storia che si snoda tra il solito quartiere di Parigi (Belleville, dove vivono i Malaussène) e Vercors, nelle Alpi francesi. Uno dei protagonisti è l’industriale ed ex ministro Goerge Lapièta, che viene intercettato e rapito mentre si dirige a ritirare un importante assegno che lo avrebbe reso un privilegiato della società. Vedremo così i rapitori esigere giustizia sociale dalle autorità e tanti altri personaggi, come Benjamin, l’archetipo da sempre del “capro espiatorio”, e il lunatico scrittore Alceste.

GLI EVENTI DI PARIGI – Quando Bisio ha chiesto a Pennac un’opinione sui fatti di Parigi lo scrittore ha risposto che con quegli eventi è cambiato tutto. “Noi europei ci siamo abituati a pensare che le cose orribili accadano altrove, in Oriente per esempio, ma a poco a poco, per motivi economici e sociopolitici, cominciamo a vedere anche noi la guerra nord e sud, che esiste già da tempo ma che vedevano solo al sud. Ora la vediamo anche noi. Scopriamo che la guerra ci riguarda tutti e ci minaccia, ma dobbiamo avere lo stesso atteggiamento che aveva chi abitava a Sarajevo quando la città era bombardata: andavano a teatro, leggevano, la popolazione era incredibilmente viva”.

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