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Cos’è il camp, la cultura che le celebra la libertà individuale

Quest'anno il Met Gala ha avuto come tema il "camp". Ma di che cosa si tratta? Ecco la spiegazione di questa cultura che esalta la libertà

MILANO – Ieri sera si è tenuto il Met Gala, cioè l’evento che inaugura l’annuale mostra del Costume Institute del Metropolitan Museum di New York: si tratta di un vernissage e di una raccolta fondi per la realizzazione della mostra annuale tenuta dal Costume Institute, l’ala del museo di New York dedicata proprio al mondo della moda. Il Met Gala è l’evento fashion più atteso dell’anno proprio perché non vi partecipano solo personalità della moda, ma è aperto alle celebrities.
Quest’anno il tema del Met Gala è stato il “camp”, ma cosa significa questa parola? 

Notes on Camp

La mostra inaugurata al Metropolitan Museum di New York, presentata da Alessandro Michele, assieme alla direttrice di Vogue America Anna Wintour e al curatore Andrew Bolton, si chiama “Camp-notes on fashion”, ispirato al libro Notes on “camp” di Susan Sortag, scrittrice americana che nel 1964 presentò questo fenomeno culturale al mondo.
Il camp è lo stile che si colloca a metà strada tra il pop e la cultura più colta, tra l’avanguardia e la volontà di trasgredire: è artificio e esagerazione.

Ma da dove deriva la parola “camp”? Ci sono dei dubbi a riguardo. Infatti potrebbe derivare dal francese se camper, ossia mettersi in posa esagerata; oppure dal processo inglese di fine Ottocento in cui i comportamenti omosessuali vennero chiamati campish undertakings, imprese campestri. Si dice anche che questo stile sia nato a Versailles, nella reggia in cui era possibile e i nobili facevano a gara a chi era più stravagante.

Con il termine camp si può indicare una cultura, uno stile artistico, una sensibilità, un modo di essere, una moda. Ma attenzione: camp significa sì piume di struzzo, stravaganza, esosità, eccentricità, ma non è cattivo gusto, come invece è il kitsch. Infatti il camp  portatore di un grande ideale, ossia quello della libertà. Si tratta di celebrare la libertà e di essere quindi chiunque vogliamo. È la bellezza di essere diversi, di distinguerci.
Le icone indiscusse su questo piano sono in primo piano Marlene Dietrich, che negli anni ’30 osò vestirsi da uomo, Il lago dei cigni del coreografo Matthew Boourne del 1995 in cui i ballerini sono soli maschi, ma anche Cher e tutto il mondo delle drag-queen.

marlene dietrichil lago dei cigni

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