Sei qui: Home » Frasi » “Non c’è uomo che a forza di portare una maschera…” di Nathaniel Hawthorne

“Non c’è uomo che a forza di portare una maschera…” di Nathaniel Hawthorne

Abbiamo imparato a indossare una maschera così convincente da diventare parte del nostro volto. Ma cosa si nasconde dietro quella maschera? Scopriamo la profonda citazione di Nathaniel Hawthorne

In tempo di mascherine, c’è una frase di Nathaniel Hawthorne, autore della celeberrima Lettera scarlatta, che risulta particolarmente attuale. Infatti, se un tempo la maschera costituiva soltanto una protezione metaforica, oggi la maschera rappresenta una realtà concreta. Ma cosa si nasconde dietro quella maschera? E perché l’abitudine a indossare una mascherina può cambiare persino il nostro modo di essere?

Non c’è uomo che a forza di portare una maschera, non finisca per assimilare a questa anche il suo vero volto.

Nathaniel Hawthorne e il puritanesimo

Nathaniel Hawthorne nacque a Salem nel 1804. I suoi antenati, tra i primi coloni a stabilirsi in America, erano puritani e furono direttamente coinvolti nella famosa caccia alle streghe di Salem nel XVII secolo.

Lo scrittore sentiva il peso della colpa per le sofferenze che i suoi antenati avevano inflitto agli altri. Le sue opere furono, infatti, pervase da questo sentimento. La maggior parte dei suoi romanzi è ambientata al tempo dei primi insediamenti puritani in America. In essi Nathaniel Hawthorne affronta i temi del peccato, della colpa, dell’espiazione e gli effetti del puritanesimo, che voleva imporre la propria visione del mondo sugli altri.

5 cose che non sapete su "La lettera scarlatta"

5 cose che non sapete su “La lettera scarlatta”

Ecco 10 curiosità che non conoscete su “La lettera scarlatta”, il capolavoro scritto nel 1850 da Nathaniel Hawthorne

Le maschere come barriera fra noi e il mondo

La citazione di Nathaniel Hawthorne ci fa riflettere sui concetti di identità, essenza e apparenza, mettendoci di fronte a un interrogativo che spiazza e, talvolta, spaventa. Chi siamo noi? Chi sono le persone che ci stanno intorno? Le conosciamo davvero, come loro conoscono noi? O ciò che conosciamo di loro è soltanto una delle molteplici maschere che noi esseri umani sappiamo indossare?

Quante volte indossiamo maschere per nascondere i nostri veri sentimenti. Lo facciamo di continuo per sopravvivere a una società che ci chiede di essere gentili, razionali e conformi alla massa. Mostrare i propri sentimenti o esternare le emozioni che ci travolgono viene spesso considerato inopportuno.

Tanto che, con il tempo, abbiamo imparato a indossare una maschera così convincente da diventare essa stessa parte del nostro volto. Negli ultimi mesi, oltre alla maschera metaforica, si è aggiunto il peso di una mascherina vera e propria, ulteriore filtro tra noi e il mondo circostante. Ma, a furia di aggiungere maschere su maschere, non rischiamo di isolarci troppo dal mondo? E, se non possiamo liberarci di quella mascherina che oggi ci protegge, non possiamo forse tentare di far cadere le altre maschere? Forse, è il momento giusto per farlo.

“La lettera scarlatta”

Pubblicato nel 1850, “La lettera scarlatta” è uno dei più importanti romanzi nordamericani dell’Ottocento ed il capolavoro di Nathaniel Hawthorne. Nelle intenzioni dell’autore esso doveva rappresentare al meglio lo spirito puritano dell’epoca coloniale americana. Nella società puritana la libertà dell’individuo coincideva con il bene della comunità, che doveva essere purificata da ogni elemento estraneo, considerato al soldo di Satana.

Per questa ragione le autorità imponevano stili di vita improntati a un inflessibile rigore morale. E chi infrangeva gravemente le regole poteva incorrere persino nella pena di morte. Nel libro una giovane sposa, amante del pastore Arthur Dimmesdale, manifesta fisicamente i segni della sua relazione extraconiugale con il predicatore.

Nulla riesce a farla confessare, nemmeno le minacce, e per questo viene schivata da tutti, e infine condannata a portare sul petto una fiammante lettera A, che la additi allo sguardo pubblico come un’adultera. Intorno a questa vicenda si dipana il progressivo insinuarsi nei personaggi di un tormentato lavorio psichico, che li spingerà, in taluni casi, sull’orlo della pazzia. Il libro è stato fonte di ispirazione per numerose trasposizioni cinematografiche.

© Riproduzione Riservata